Il pensatoio blu
Il contrario del cittadino inutile è il visionario
A cura di Matteo Losapio
lunedì 22 marzo 2021
Il filosofo Aristotele definiva tre cardini per il buon funzionamento di una città: la capacità amministrativa, il quadro legislativo e l'educazione. Senza uno di questo cardini, il buon governo di una città non può reggersi. Basta guardarsi intorno, oggi, in qualsiasi città ci troviamo ad abitare, per renderci conto di come le idee di Aristotele siano di stringente attualità.
Cambiando le situazioni, complessificandosi la società, trasformandosi i valori e i parametri di giudizi, tuttavia, per il buon funzionamento di un governo e di una amministrazione comunale occorre sempre tornare ad una valutazione della capacità amministrativa dei reggenti, alla chiarezza del quadro legislativo, all'aggiornamento formativo. Ma perché occorrono proprio questi tre cardini? Perché Aristotele propone per tutti i cittadini, queste tre prospettive che non possono andare l'una senza l'altra?
Perché un cittadino è tale non solo perché risiede in una città, ma perché è consapevole delle trasformazioni e dei processi in atto nella sua città. Processi e trasformazioni che, oggi più delle epoche passate, non riguardano soltanto una città, un singolo territorio urbano, ma una rete, un network di città e di prospettive differenti. Dinanzi a questa rete e dinanzi ad un sistema capitalista e liberista sempre più competitivo, le città e i cittadini si trovano a fare i conti con le capacità amministrative più o meno elevate dei propri delegati politici, con leggi che non risultano sempre chiare sia per il linguaggio adottato sia per i richiami ad altre leggi e ad altre integrazioni, sia per una scarsa cultura alla formazione politica.
Tutto questo rende noi cittadini sempre più chiusi all'interno dei nostri recinti, sempre più restii alle trasformazioni, sempre meno inclini a visioni complesse. Dinanzi alla complessità delle questioni, la tentazione del pensiero è quello di rifugiarsi all'interno del proprio recinto, all'interno della propria prospettiva, all'interno della propria cerchia. Nel suo celebre discorso alla città di Atene riportato da Tucidide, Pericle disse: «Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla».
La tendenza contemporanea al rinchiudersi all'interno del proprio recinto, non è una novità nell'ambito politico. Il rifiuto di capire, di pensare, di riflettere su ciò che sta avvenendo nella propria città è la morte del cittadino stesso, la caduta del cittadino all'interno di una inutilità di fondo, in cui la politica stessa viene ridotta ad un continuo attacco difensivo, lupus homini lupi, di hobbesiana memoria. I tre cardini di Aristotele non servono per rendere la città più funzionale, ma per non lasciar cadere il cittadino all'interno di una inutilità che lo spinge fuori dalla discussione politica, fuori da una vera e propria visione politica.
Il contrario del cittadino inutile, dell'idiotes (colui che guarda solo ai propri interessi, etimologicamente riferito) è il visionario. Con questo termine intendiamo il cittadino che fa sintesi in se stesso dei tre cardini di Aristotele, spingendo la riflessione sulla città un po' più in là. Non semplicemente difendendo il proprio pezzettino di territorio, ma proponendo qualcosa di nuovo, qualcosa che ancora non c'è, una politica che spinga ad una migliore vita insieme.
La visione di una città, la visione politica, che tanto manca oggi, è proprio sintesi di chiarezza normativa, capacità amministrativa e formazione continua, in grado di proporre nuove vie alla complessità, nuove indirizzi, nuove forme di convivenza, oltre la privatizzazione e la cementificazione. A questo serve la filosofia in politica, ad offrire una visione alla città, ai cittadini, alle pubbliche amministrazioni. Per sfuggire all'idiozia e narrare alle future generazioni che noi abbiamo avuto il coraggio di essere visionari.
Cambiando le situazioni, complessificandosi la società, trasformandosi i valori e i parametri di giudizi, tuttavia, per il buon funzionamento di un governo e di una amministrazione comunale occorre sempre tornare ad una valutazione della capacità amministrativa dei reggenti, alla chiarezza del quadro legislativo, all'aggiornamento formativo. Ma perché occorrono proprio questi tre cardini? Perché Aristotele propone per tutti i cittadini, queste tre prospettive che non possono andare l'una senza l'altra?
Perché un cittadino è tale non solo perché risiede in una città, ma perché è consapevole delle trasformazioni e dei processi in atto nella sua città. Processi e trasformazioni che, oggi più delle epoche passate, non riguardano soltanto una città, un singolo territorio urbano, ma una rete, un network di città e di prospettive differenti. Dinanzi a questa rete e dinanzi ad un sistema capitalista e liberista sempre più competitivo, le città e i cittadini si trovano a fare i conti con le capacità amministrative più o meno elevate dei propri delegati politici, con leggi che non risultano sempre chiare sia per il linguaggio adottato sia per i richiami ad altre leggi e ad altre integrazioni, sia per una scarsa cultura alla formazione politica.
Tutto questo rende noi cittadini sempre più chiusi all'interno dei nostri recinti, sempre più restii alle trasformazioni, sempre meno inclini a visioni complesse. Dinanzi alla complessità delle questioni, la tentazione del pensiero è quello di rifugiarsi all'interno del proprio recinto, all'interno della propria prospettiva, all'interno della propria cerchia. Nel suo celebre discorso alla città di Atene riportato da Tucidide, Pericle disse: «Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla».
La tendenza contemporanea al rinchiudersi all'interno del proprio recinto, non è una novità nell'ambito politico. Il rifiuto di capire, di pensare, di riflettere su ciò che sta avvenendo nella propria città è la morte del cittadino stesso, la caduta del cittadino all'interno di una inutilità di fondo, in cui la politica stessa viene ridotta ad un continuo attacco difensivo, lupus homini lupi, di hobbesiana memoria. I tre cardini di Aristotele non servono per rendere la città più funzionale, ma per non lasciar cadere il cittadino all'interno di una inutilità che lo spinge fuori dalla discussione politica, fuori da una vera e propria visione politica.
Il contrario del cittadino inutile, dell'idiotes (colui che guarda solo ai propri interessi, etimologicamente riferito) è il visionario. Con questo termine intendiamo il cittadino che fa sintesi in se stesso dei tre cardini di Aristotele, spingendo la riflessione sulla città un po' più in là. Non semplicemente difendendo il proprio pezzettino di territorio, ma proponendo qualcosa di nuovo, qualcosa che ancora non c'è, una politica che spinga ad una migliore vita insieme.
La visione di una città, la visione politica, che tanto manca oggi, è proprio sintesi di chiarezza normativa, capacità amministrativa e formazione continua, in grado di proporre nuove vie alla complessità, nuove indirizzi, nuove forme di convivenza, oltre la privatizzazione e la cementificazione. A questo serve la filosofia in politica, ad offrire una visione alla città, ai cittadini, alle pubbliche amministrazioni. Per sfuggire all'idiozia e narrare alle future generazioni che noi abbiamo avuto il coraggio di essere visionari.