Cara Barletta ti scrivo
Chiude la casa editrice Rotas di Barletta
Lettera del direttore dell'Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani Michele Grimaldi
martedì 11 agosto 2020
10.29
«Quando a Barletta si parla di editoria identitaria storica, tutti sanno che ci si riferisce solo alla ROTAS! Bene, anzi malissimo, perché quella divulgatrice di Storia locale, ci saluta e scompare.
È innegabile ma quando una attività che "produce" cultura chiude tutto diventa più triste e soprattutto povero. Si impoverisce la città, la regione, tutti noi. è una tristezza che si espande come le onde magnetiche e penetra nella mente e nel cuore di ogni persona che reputa, ancora, la cultura parte vitale di una comunità. Una casa editrice che chiude ti addolora quasi come quando scompare una persona cara, quando vedi un albero bruciato, un bambino picchiato.
Barletta è una città sicuramente meno attenta alla cultura, la cui popolazione acquista e legge sempre meno libri anche perché, in questi tempi di crisi economica diffusa, non concepisce il libro come un acquisto "utile", ma come un oggetto superfluo e quindi eliminabile dalla lista spese quotidiana.
Ma non si può negare, anche, come tale situazione è conseguenza del modo di intendere l'attività editoriale, autentico presidio culturale per la società, una mera produzione industriale.
Al di là della specificità dell'episodio, allargando il discorso, trovo l'atteggiamento dell'Amministrazione Comunale, lo dico come Direttore di un Istituto culturale quale è l'Archivio di Stato, estremamente dannoso in quanto arreca un danno incalcolabile per la nostra cultura e mi sembra incredibile che non se ne abbia consapevolezza.
Infatti se chi di dovere avesse tenuto al benessere culturale della Comunità che guida, avrebbe affrontato seriamente l'incredibile e dolorosissima scomparsa della Casa Editrice Rotas di Barletta che si è pilatescamente condannata per una cifra infinitesimamente meno rilevante di quella che si sperpererà per acquistare e gestire un rudere che sarà poi accompagnato, lentamente, alla scomparsa come tanti altri beni architettonici. Si badi bene che la cifra eventualmente stanziata dal Comune non sarebbe stata erogata, come di solito si usa, a fondo perduto, ma finalizzata all'acquisto di pubblicazioni della Casa editrice da donare alle scuole cittadine per lo studio della Storia locale.
Volutamente tralascio il retroscena umano della vicenda che ha mortificato, con un atteggiamento di sufficienza considerandolo con fastidio alla stregua di un venditore di stracci, l'autore di oltre cento studi sulla città e sul territorio circostante, che ha portato la storia di Barletta in Puglia, in Italia e all'estero, ma non posso fare a meno di farvi immaginare cosa sarebbe la storiografia di Barletta se eliminassimo i 35 anni di editoria della Rotas. Praticamente una intera generazione di insegnanti, la nostra generazione, conosce la Storia locale ed i suoi fatti più rilevanti attraverso quei libri. E la cosa può lasciare indifferenti? A quanto pare sicuramente si.
Senza dire del Fieramosca, con il suo mezzo secolo di vita la rivista locale più longeva della Puglia! E, colmando una grande lacuna, vogliamo ignorare l'impatto della ROTAS sugli alunni delle scuole di Barletta negli ultimi sette lustri relativamente ai più grandi eventi e personaggi della nostra Storia?
Ora io mi chiedo e vi chiedo: nel nome della tanto sbandierata Cultura, come digeriremo la scomparsa della ROTAS? È (scusate, dovrei già dire era ma non mi rassegno) una delle più apprezzate case editrici di Puglia. A parte l'editoria, conserva un gran numero di dossier sulla storia del 900 barlettano. Il motto della casa editrice è "Storia e Storie di Puglia". Chi si assumerà il fardello di vedere 30mila volumi su Barletta che il disinteresse dell'Amministrazione potrebbe mandare al macero?
Sono incredulo e non capisco le ragioni di questo atteggiamento ostile che con inflessibile determinazione, ha condannato la casa editrice ROTAS alla chiusura.
Insomma, la cultura è un bene che deve servire in primo luogo alla cittadinanza, deve generare un valore finalizzato ad accrescere il capitale culturale (e non il peso corporeo), che non è fatto solo di beni materiali ma anche e soprattutto, di beni immateriali, buona parte dei quali si condensa nella testa, nella memoria, nella capacità dei cittadini. Quanti più cittadini affollano librerie, suonano, dipingono, visitano musei, scrivono, ascoltano musica, tanto più alto è il patrimonio di una città.
Tutto questo mi provoca ovviamente tristezza non per il fatto che " … quel luogo per anni, decenni, per generazioni è stato un punto di riferimento" bensì per il cruciale motivo che a scomparire è una attività che dava la possibilità a tutti di essere meno "ignoranti" ( nel senso letterario di ignorare/non conoscere).
Ho pensato di farvi partecipi di questo dramma perché nel tempo resti memoria dei motivi incomprensibili che, nel lontano e maledettissimo 2020, portarono alla chiusura della casa editrice ROTAS, l'unica della città e della Provincia, una delle più apprezzate della Regione, che io non esito a collocare tra i tre Istituti culturali della Città, sullo stesso piano dell'Archivio di Stato e della Biblioteca Comunale "Loffredo" e soprattutto per non sentire lamenti ipocriti del tipo "Ma perché nessuno mi ha detto niente?"… qui habet aures audiendi audiat!».
Michele Grimaldi, Direttore Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani
È innegabile ma quando una attività che "produce" cultura chiude tutto diventa più triste e soprattutto povero. Si impoverisce la città, la regione, tutti noi. è una tristezza che si espande come le onde magnetiche e penetra nella mente e nel cuore di ogni persona che reputa, ancora, la cultura parte vitale di una comunità. Una casa editrice che chiude ti addolora quasi come quando scompare una persona cara, quando vedi un albero bruciato, un bambino picchiato.
Barletta è una città sicuramente meno attenta alla cultura, la cui popolazione acquista e legge sempre meno libri anche perché, in questi tempi di crisi economica diffusa, non concepisce il libro come un acquisto "utile", ma come un oggetto superfluo e quindi eliminabile dalla lista spese quotidiana.
Ma non si può negare, anche, come tale situazione è conseguenza del modo di intendere l'attività editoriale, autentico presidio culturale per la società, una mera produzione industriale.
Al di là della specificità dell'episodio, allargando il discorso, trovo l'atteggiamento dell'Amministrazione Comunale, lo dico come Direttore di un Istituto culturale quale è l'Archivio di Stato, estremamente dannoso in quanto arreca un danno incalcolabile per la nostra cultura e mi sembra incredibile che non se ne abbia consapevolezza.
Infatti se chi di dovere avesse tenuto al benessere culturale della Comunità che guida, avrebbe affrontato seriamente l'incredibile e dolorosissima scomparsa della Casa Editrice Rotas di Barletta che si è pilatescamente condannata per una cifra infinitesimamente meno rilevante di quella che si sperpererà per acquistare e gestire un rudere che sarà poi accompagnato, lentamente, alla scomparsa come tanti altri beni architettonici. Si badi bene che la cifra eventualmente stanziata dal Comune non sarebbe stata erogata, come di solito si usa, a fondo perduto, ma finalizzata all'acquisto di pubblicazioni della Casa editrice da donare alle scuole cittadine per lo studio della Storia locale.
Volutamente tralascio il retroscena umano della vicenda che ha mortificato, con un atteggiamento di sufficienza considerandolo con fastidio alla stregua di un venditore di stracci, l'autore di oltre cento studi sulla città e sul territorio circostante, che ha portato la storia di Barletta in Puglia, in Italia e all'estero, ma non posso fare a meno di farvi immaginare cosa sarebbe la storiografia di Barletta se eliminassimo i 35 anni di editoria della Rotas. Praticamente una intera generazione di insegnanti, la nostra generazione, conosce la Storia locale ed i suoi fatti più rilevanti attraverso quei libri. E la cosa può lasciare indifferenti? A quanto pare sicuramente si.
Senza dire del Fieramosca, con il suo mezzo secolo di vita la rivista locale più longeva della Puglia! E, colmando una grande lacuna, vogliamo ignorare l'impatto della ROTAS sugli alunni delle scuole di Barletta negli ultimi sette lustri relativamente ai più grandi eventi e personaggi della nostra Storia?
Ora io mi chiedo e vi chiedo: nel nome della tanto sbandierata Cultura, come digeriremo la scomparsa della ROTAS? È (scusate, dovrei già dire era ma non mi rassegno) una delle più apprezzate case editrici di Puglia. A parte l'editoria, conserva un gran numero di dossier sulla storia del 900 barlettano. Il motto della casa editrice è "Storia e Storie di Puglia". Chi si assumerà il fardello di vedere 30mila volumi su Barletta che il disinteresse dell'Amministrazione potrebbe mandare al macero?
Sono incredulo e non capisco le ragioni di questo atteggiamento ostile che con inflessibile determinazione, ha condannato la casa editrice ROTAS alla chiusura.
Insomma, la cultura è un bene che deve servire in primo luogo alla cittadinanza, deve generare un valore finalizzato ad accrescere il capitale culturale (e non il peso corporeo), che non è fatto solo di beni materiali ma anche e soprattutto, di beni immateriali, buona parte dei quali si condensa nella testa, nella memoria, nella capacità dei cittadini. Quanti più cittadini affollano librerie, suonano, dipingono, visitano musei, scrivono, ascoltano musica, tanto più alto è il patrimonio di una città.
Tutto questo mi provoca ovviamente tristezza non per il fatto che " … quel luogo per anni, decenni, per generazioni è stato un punto di riferimento" bensì per il cruciale motivo che a scomparire è una attività che dava la possibilità a tutti di essere meno "ignoranti" ( nel senso letterario di ignorare/non conoscere).
Ho pensato di farvi partecipi di questo dramma perché nel tempo resti memoria dei motivi incomprensibili che, nel lontano e maledettissimo 2020, portarono alla chiusura della casa editrice ROTAS, l'unica della città e della Provincia, una delle più apprezzate della Regione, che io non esito a collocare tra i tre Istituti culturali della Città, sullo stesso piano dell'Archivio di Stato e della Biblioteca Comunale "Loffredo" e soprattutto per non sentire lamenti ipocriti del tipo "Ma perché nessuno mi ha detto niente?"… qui habet aures audiendi audiat!».
Michele Grimaldi, Direttore Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani