Barletta Giuridica
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Ordini di protezione contro gli abusi familiari

A cura della dott.ssa Roberta Picardi, Giudice del Tribunale di Trani

"L'individuo è tale, con tutte le prerogative garantite dall'ordinamento, anche all'interno della famiglia, cosicché le norme poste a tutela della persona non devono trovare alcun ostacolo nelle mura domestiche" (Patti 1984, 25).

L'espressione "violenza domestica" designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima (Convenzione del Consiglio d'Europa dell'11 maggio 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata dall'Italia con la legge n. 77 del 2013 e in vigore dal 1° agosto 2014).

I minori sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia.

L'ordine di protezione contro gli abusi familiari, introdotto nel nostro ordinamento con legge 154/2001, è un efficace strumento civilistico di reazione a fenomeni di violenza familiare, funzionale a porre fine, in tempi brevi, a condotte violente, persecutorie o abusanti poste in essere da un famigliare ai danni di un altro.

Fino al 1° marzo 2023, fino cioè a prima dell'entrata in vigore della riforma del processo civile (D.lgs 149/2022), gli ordini di protezione contro gli abusi familiari si trovavano disciplinati negli artt. 342 bis e s.s. del codice civile nonché, quanto al procedimento, nell'art. 736 bis del codice di procedura civile.

L'art. 342 bis, cod.civ. consente al giudice, su istanza di parte, di adottare l'ordine di protezione "quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente".

Alla base dei provvedimenti in parola pertanto, vi sono due distinte condizioni: la convivenza e una condotta gravemente pregiudizievole all'integrità psico-fisica.

Il requisito della convivenza (inteso come "perdurante coabitazione") dalla giurisprudenza di merito assolutamente prevalente, è stato ritenuto sussistente anche quando vi sia stato l'allontanamento, provocato dal timore di subire violenza fisica del congiunto, pur mantenendo la vittima nell'abitazione familiare il centro degli interessi materiali ed affettivi.

Il requisito della "condotta gravemente pregiudizievole all'integrità fisica o morale", secondo la ricostruzione operata in numerosi provvedimenti giurisdizionali, presuppone: fatti violenti dai quali siano derivate non insignificanti lesioni alla persona, ovvero una situazione di conflittualità tale da poter prevedibilmente dare adito al rischio concreto ed attuale, per uno dei familiari conviventi, di subire violenze gravi dagli altri e la verificazione di un "vulnus" alla dignità dell'individuo di entità non comune, indipendentemente da qualsiasi indagine sulle cause dei comportamenti violenti e sulle rispettive colpe nella determinazione della situazione.

Si è sempre ritenuto che integrasse il requisito della condotta gravemente pregiudizievole all'integrità psico-fisica anche la violenza rivolta ad altro membro della famiglia e assistita da minori.

A far data dal 1° marzo 2023, la disciplina sostanziale e processuale degli ordini di protezione è stata interamente trasfusa nel codice di procedura civile, nel libro II, titolo IV bis, capo III, sezione VII – artt. 473 bis. 69 e s.s. "Degli ordini di protezione contro gli abusi familiari", che segue la sezione I- artt. 473 bis. 40 e s.s. "Della violenza domestica o di genere".

Le disposizioni previste da queste norme si applicano nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori.

L'art. 473 bis.69 codice procedura civile prevede che "Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all'articolo 473-bis.70. I medesimi provvedimenti possono essere adottati, ricorrendone i presupposti, anche quando la convivenza è cessata. Quando la condotta può arrecare pregiudizio ai minori, i medesimi provvedimenti possono essere adottati, anche su istanza del pubblico ministero, dal tribunale per i minorenni.

Il legislatore, particolarmente sensibile al tema della violenza familiare, ha recepito gli approdi della dottrina e della giurisprudenza di merito, estendendo espressamente il rimedio sia al caso della coabitazione cessata che a quello della violenza assistita da minori.

Ove la violenza si riversi contro i figli ovvero è comunque causa di pregiudizio per i medesimi, il genitore violento potrà subire provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale.

Quanto al procedimento, l'istanza può essere proposta anche dalla parte personalmente, senza cioè il ministero di un difensore, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica.

La parte non abbiente (il limite di reddito aggiornato è di € 12.838,01) che non intenda rinunciare alla difesa tecnica di un avvocato, potrà avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.

La norma prevede in generale che il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari (ad esempio richiedendo una informativa al Servizio Sociale), disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti.

Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l'ordine di protezione fissando l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro il termine ivi indicato, all'esito della quale può confermare, modificare o revocare l'ordine di protezione.

Coerentemente con l'articolo 48 della Convenzione di Istanbul, il legislatore italiano della riforma ha eliminato la possibilità per il giudice di disporre l'intervento di un centro di mediazione familiare, secondo invece la previsione originaria dell'art. 342 ter c.c., essendo in tali ipotesi escluso ogni tentativo di accordo o mediazione che implichi la comparizione personale contestuale di entrambe le parti.

E nello stesso senso, al fine di evitare che l'attivazione della tutela giurisdizionale si traduca in una rinnovazione della violenza per la vittima, il giudice designato avrà cura di evitare la simultanea audizione delle parti, organizzando l'udienza in modo che la parte, soprattutto il minore vittima di violenza assistita, non sia costretta a incontrare o a confrontarsi con la persona indicata come autore degli abusi e delle violenze, anche per non subirne condizionamenti.

Per fare ciò, il giudice potrà fissare orari diversi per l'audizione delle parti ovvero potrà ricorrere a sistemi di collegamento da remoto della parte lesa.

È bene precisare che le nuove norme in tema di ascolto del minore, di norma ultradodicenne, prevedono che il giudice durante l'ascolto si faccia assistere da esperti o altri ausiliari, che dell'ascolto è effettuata registrazione audiovisiva e che in ogni caso in cui il minore manifesti la volontà di non essere ascoltato, l'adempimento verrà motivatamente omesso.

Il Giudice, ove ritenga fondata la domanda all'esito dell'istruttoria svolta, ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dal beneficiario dell'ordine di protezione, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro o di salute.

Il giudice può altresì disporre, ove occorra, l'intervento dei servizi sociali del territorio o delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati, nonché il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.

In altre parole, il Giudice, con la misura in parola, provvede non solo a salvaguardare l'integrità psico fisica della parte che domanda tutela, ma adotta anche misure economiche in grado di assicurare i bisogni alimentari dei conviventi (si pensi al coniuge e ai figli minori).

L'ordine di protezione ha una durata determinata: questa non può essere superiore a un anno dalla avvenuta esecuzione e può essere prorogata, su istanza di parte o, in presenza di minori, del pubblico ministero, ove ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.

La fase più delicata del procedimento è rappresentata dalla messa in esecuzione dell'ordine di allontanamento del convivente violento: al fine di garantire l'incolumità del richiedente la misura e degli altri conviventi, specie se minori, il Giudice sarà tenuto a prescrivere l'ausilio della forza pubblica ed anche dell'ufficiale sanitario.

Roberta Picardi
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