La città
«Volevo saper creare quel qualcosa di intangibile: il software»
Savio Dimatteo barlettano al 64,28%, racconta il suo viaggio nel mondo a BarlettaLife
Barletta - giovedì 24 ottobre 2013
Savio Dimatteo, sviluppatore di software presso Lokku Limited. Da sempre appassionato di Informatica, ha studiato lontano da Barletta sin dalle scuole superiori. Diplomatosi nel 2003 come perito informatico presso l'I.T.I.S. di Andria, nel 2006 ha conseguito una laurea triennale, e nel 2009 una laurea specialistica, entrambe in Informatica presso l'Università di Bologna. Ha trascorso il periodo finale di preparazione della sua tesi presso l'Università di Cambridge, nel Regno Unito e successivamente ha trascorso un periodo nella ricerca informatica presso l'Università di St. Andrews, in Scozia. Durante questo periodo all'estero, ha anche lavorato come tirocinante presso Deutsche Telekom a Berlino, e nei laboratori della multinazionale Giapponese NEC, ad Heidelberg. Si considera una persona semplice, che realizza i propri sogni e progetti con dedizione e sacrificio.
L'informatica, un settore in crescendo, forse l'unico che non conosca crisi, in che modo ti ha accolto ai tuoi inizi? E attualmente di cosa ti occupi?
«Circa vent'anni fa internet non esisteva ancora, la gente della mia età passava parte del suo tempo a giocare per strada o in sala giochi. Erano gli anni in cui le prime console da gioco cominciavano ad entrare nelle case degli Italiani. In questo contesto una certa passione per i videogiochi mi spinse a chiedermi come fosse possibile creare videogiochi e scoprii che quantomeno bisognava imparare a programmare. Oggi Internet è diventata un'importante risorsa per tutti e spesso ci aiuta a trovare una soluzione ai nostri problemi. Per esempio qui a Nestoria cerchiamo di aiutare la gente a trovare una casa tramite internet. E da più di due anni che vivo a Londra e collaboro con un gruppo di altri cinque sviluppatori al continuo miglioramento di questo servizio. Ciascuno di noi ha notevoli responsabilità e contribuisce in primis al successo dell'attività, al momento mi occupo della parte di sviluppo web».
Quanto sono state determinanti le tue origini nell'intraprendere una carriera informatica?
«Se le mie origini fossero state totalmente determinanti per la mia carriera, probabilmente adesso sarei un operatore elettronico più che uno sviluppatore di software. Tuttavia non posso nascondere di essere cresciuto in un ambiente che mi ha molto stimolato. L'azienda di mio padre era una concessionaria Melchioni specializzata nella vendita di componentistica elettronica. Più tardi si occupò della vendita di videogiochi e assemblaggio di personal computer. In quell'azienda ci sono praticamente cresciuto: a dodici anni ero un fiero addetto alla vendita di videogiochi, a quindici anni mi occupavo dell'assemblaggio, consegna e installazione di personal computer e a sedici anni ho creato la prima versione del sito web del negozio che tutt'oggi continuo a curare con piacere nel mio tempo libero».
Passione e competenza, come hai conciliato questi due elementi nel tuo percorso?
«Nel mio caso, passione e competenza sono fuse da tempo in un unico elemento, ma direi che questa fusione è stata generata da una reazione a catena. Un videogioco non era che qualcosa di intangibile con un certo impatto sullo stato d'animo dei videogiocatori. Rimanendo affascinato da questo, ho acquisito le prime competenze per creare quel qualcosa di intangibile: il software. I miei primi software erano dei piccoli compiti a casa che lasciavano in me un senso di grande soddisfazione. Adesso contribuisco a progetti software più grandi, che richiedono maggiori competenze, ma che continuano a regalarmi quel grande senso di soddisfazione. Chiaramente non è tutto soltanto parte del lavoro. Per esempio progetti recenti includono il mio sito web personale, un programma di scacchi e altri progetti software pubblicamente scaricabili».
Pensi che l'Italia stia recependo positivamente l'avanzamento tecnologico? E Barletta?
«Direi che purtroppo in Italia e maggiormente a Barletta, siamo molto in ritardo circa l'adozione di strutture e infrastrutture informatiche tecnologicamente avanzate».
Il tuo viaggio nel mondo è iniziato ben presto, adesso quanto senti di essere barlettano?
«Sono ancora Barlettano per il 64,28%! Alla fine ogni posto in cui ho vissuto ha lasciato in me qualcosa di importante e per quanto io possa aver viaggiato non viaggerò mai abbastanza per dire di non essere più Barlettano. Ma penso che di Barletta mi accompagneranno sempre i lati più belli: la semplicità della gente, lo spirito di sacrificio, il valore del lavoro e della famiglia, l'estate, la spiaggia, qualche bel ricordo».
Il mondo agli occhi di un barlettano: cosa ti ha colpito particolarmente riguardo al folclore delle città in cui hai vissuto?
«Ci sono degli aspetti positivi e negativi. Generalmente ho riscontrato un maggiore livello di civiltà, grande rispetto delle regole e una maggiore fiducia riposta nelle persone. A volte ho riscontrato un notevole contrasto tra eccessi di povertà e ricchezza, l'instabilità climatica e il cibo, raramente buono come quello di casa. Specie in grandi città come Londra il costo della vita è più alto e il ritmo giornaliero più frenetico».
Viaggi in continuazione, ultimamente sei stato in Ucraina. Senti di essere un animo nomade o sogni di mettere radici prima o poi?
«La scelta di vivere in un'altra città è stata spesso la conseguenza del tipo di studio o lavoro che intendevo svolgere. Anche il viaggio in Ucraina fa parte del lavoro, lì ho seguito una conferenza europea organizzata dalla comunità di programmatori Perl di cui faccio parte da circa un paio d'anni. Sebbene al momento non sia ancora stanco di viaggiare, spero un giorno di riuscire a stabilirmi in un posto che possa offrirmi un costo della vita più basso, che mi offra le opportunità per impiegare le mie abilità e conoscenze al meglio».
L'informatica, un settore in crescendo, forse l'unico che non conosca crisi, in che modo ti ha accolto ai tuoi inizi? E attualmente di cosa ti occupi?
«Circa vent'anni fa internet non esisteva ancora, la gente della mia età passava parte del suo tempo a giocare per strada o in sala giochi. Erano gli anni in cui le prime console da gioco cominciavano ad entrare nelle case degli Italiani. In questo contesto una certa passione per i videogiochi mi spinse a chiedermi come fosse possibile creare videogiochi e scoprii che quantomeno bisognava imparare a programmare. Oggi Internet è diventata un'importante risorsa per tutti e spesso ci aiuta a trovare una soluzione ai nostri problemi. Per esempio qui a Nestoria cerchiamo di aiutare la gente a trovare una casa tramite internet. E da più di due anni che vivo a Londra e collaboro con un gruppo di altri cinque sviluppatori al continuo miglioramento di questo servizio. Ciascuno di noi ha notevoli responsabilità e contribuisce in primis al successo dell'attività, al momento mi occupo della parte di sviluppo web».
Quanto sono state determinanti le tue origini nell'intraprendere una carriera informatica?
«Se le mie origini fossero state totalmente determinanti per la mia carriera, probabilmente adesso sarei un operatore elettronico più che uno sviluppatore di software. Tuttavia non posso nascondere di essere cresciuto in un ambiente che mi ha molto stimolato. L'azienda di mio padre era una concessionaria Melchioni specializzata nella vendita di componentistica elettronica. Più tardi si occupò della vendita di videogiochi e assemblaggio di personal computer. In quell'azienda ci sono praticamente cresciuto: a dodici anni ero un fiero addetto alla vendita di videogiochi, a quindici anni mi occupavo dell'assemblaggio, consegna e installazione di personal computer e a sedici anni ho creato la prima versione del sito web del negozio che tutt'oggi continuo a curare con piacere nel mio tempo libero».
Passione e competenza, come hai conciliato questi due elementi nel tuo percorso?
«Nel mio caso, passione e competenza sono fuse da tempo in un unico elemento, ma direi che questa fusione è stata generata da una reazione a catena. Un videogioco non era che qualcosa di intangibile con un certo impatto sullo stato d'animo dei videogiocatori. Rimanendo affascinato da questo, ho acquisito le prime competenze per creare quel qualcosa di intangibile: il software. I miei primi software erano dei piccoli compiti a casa che lasciavano in me un senso di grande soddisfazione. Adesso contribuisco a progetti software più grandi, che richiedono maggiori competenze, ma che continuano a regalarmi quel grande senso di soddisfazione. Chiaramente non è tutto soltanto parte del lavoro. Per esempio progetti recenti includono il mio sito web personale, un programma di scacchi e altri progetti software pubblicamente scaricabili».
Pensi che l'Italia stia recependo positivamente l'avanzamento tecnologico? E Barletta?
«Direi che purtroppo in Italia e maggiormente a Barletta, siamo molto in ritardo circa l'adozione di strutture e infrastrutture informatiche tecnologicamente avanzate».
Il tuo viaggio nel mondo è iniziato ben presto, adesso quanto senti di essere barlettano?
«Sono ancora Barlettano per il 64,28%! Alla fine ogni posto in cui ho vissuto ha lasciato in me qualcosa di importante e per quanto io possa aver viaggiato non viaggerò mai abbastanza per dire di non essere più Barlettano. Ma penso che di Barletta mi accompagneranno sempre i lati più belli: la semplicità della gente, lo spirito di sacrificio, il valore del lavoro e della famiglia, l'estate, la spiaggia, qualche bel ricordo».
Il mondo agli occhi di un barlettano: cosa ti ha colpito particolarmente riguardo al folclore delle città in cui hai vissuto?
«Ci sono degli aspetti positivi e negativi. Generalmente ho riscontrato un maggiore livello di civiltà, grande rispetto delle regole e una maggiore fiducia riposta nelle persone. A volte ho riscontrato un notevole contrasto tra eccessi di povertà e ricchezza, l'instabilità climatica e il cibo, raramente buono come quello di casa. Specie in grandi città come Londra il costo della vita è più alto e il ritmo giornaliero più frenetico».
Viaggi in continuazione, ultimamente sei stato in Ucraina. Senti di essere un animo nomade o sogni di mettere radici prima o poi?
«La scelta di vivere in un'altra città è stata spesso la conseguenza del tipo di studio o lavoro che intendevo svolgere. Anche il viaggio in Ucraina fa parte del lavoro, lì ho seguito una conferenza europea organizzata dalla comunità di programmatori Perl di cui faccio parte da circa un paio d'anni. Sebbene al momento non sia ancora stanco di viaggiare, spero un giorno di riuscire a stabilirmi in un posto che possa offrirmi un costo della vita più basso, che mi offra le opportunità per impiegare le mie abilità e conoscenze al meglio».