Servizi sociali
Una goccia che scende dal cielo si chiama Poesia
Intervista alla poetessa Floriana Dicataldo. «La passione per la poesia mi ha travolto e cambiato anima e cuore»
Barletta - sabato 23 febbraio 2013
Floriana Dicataldo, classe 1988, orgoglio barlettano e non solo. Affetta da tetra paresi-spastica, coltiva la passione per la poesia dall'età di 12 anni, disegnando nella finzione una realtà che sognava ad occhi aperti. Diplomata come Operatrice dei Servizi Turistici con voto 100, ha sempre sognato la pubblicazione di una raccolta di sue poesie, per rendere noti i suoi pensieri più profondi, e questa realizzazione è avvenuta proprio nel contesto della Casa Famiglia dell'Unitalsi e della Fondazione "Lamacchia" di Barletta dove oggi vive. La lettura del suo libro, edito da Rotas, "Una goccia che scende dal cielo si chiama Poesia" ha suscitato in noi davvero fortissime emozioni. Il suo linguaggio metaforico, gli accostamenti inusuali di immagini palpabili, la concretezza dei suoi pensieri più astratti sono percepibili solo da anime sensibili come la sua; incantati dal suo stilema,oggi più che mai raro, e dalla sua poetica sublime, abbiamo deciso di porle alcune curiosità.
La casa famiglia è per te "una preghiera molto amata": raccontaci quando è cominciato il tuo percorso in questa struttura e come procede.
Ho definito così la Casa famiglia perché per me è stata una rinascita,un'ancora di salvezza. Sono stata un anno nel letto e non riuscivo a star seduta; in seguito a molti interventi sbagliati, sono stata in riabilitazione a Brindisi e dopo un anno mi hanno trasferita qui a Barletta dove ho intrapreso un percorso sia fisico sia psicologico. Quello fisico l'ho concluso,ora sto bene ma il mio percorso psicologico sta continuando.
Ho notato che ad ogni tua poesia vi è una data. Merini diceva che i poeti non conoscono date perché la loro storia comincia dalla presenza: che rapporto hai con il tempo e il senso dell'esserci?
La trascrizione della data è semplicemente indicativa della nascita della poesia in quel momento. La data non indica il momento in cui scrivo la poesia ma l'attimo in cui la penso.
Nella lirica "Il lupo" esprimi il valore che ha per te la scrittura: un mezzo salvifico, un farmaco inevitabile per alleviare le sofferenze causate dalla tua condizione. E' così? La poesia è l'alimento di cui ti nutri attraverso l'inchiostro di una penna?
Poesia è per me la nascita del giorno e la fine della notte. Uso la scrittura anche per esprimere le ansie provocate dalla mia condizione ma soprattutto per trasmettere grandi emozioni perché la mia poesia non ha alcun intento pietistico; la poesia è maestra di vita,è la mia grande amica.
Il "tu" delle tue poesie si riferisce a qualcuno in particolare? E' autoreferenziale o vuole creare un rapporto più intimo con il lettore?
Mi rendo conto di scrivere poesie molto particolari e io apro me stessa alla poesia, ma parlo di me in terza persona.
In "Perdono te" si evince un desiderio che tu consideri troncato, quello della maternità: come vivi questa preclusione?
Ora ho migliorato il mio rapporto con Dio perché, facendo parte dell'Unitalsi, si riesce a far emergere la bellezza di Dio e sento di averlo perdonato in parte. Diventare mamma sarebbe stato il massimo ma Gesù Cristo non mi ha concesso la libertà di esprimere questa mia volontà ma qui in associazione, oltre ad essere malata, sono anche volontaria e aiutiamo tante persone a superare certi impedimenti, anche solo con una parola.
Consideri il metaforico movimento dei tuoi pensieri come un antidoto alla tua paralisi fisica?
No, è proprio il mio modo di essere, di pensare, di costruire le parole. La poesia è una scala di significati dalla quale si evince anche un metodo di costruzione dell'espressione.
Come vivi l'esperienza nella casa famiglia? Hai altri progetti editoriali dopo la buona riuscita della tua raccolta poetica?
Vivo molto positivamente l'esperienza qui: siamo 9 ragazzi, ognuno con la sua storia e ognuno che trova giovamento nell'altro. La mia presenza qui ha portato molti miglioramenti perché sono una persona ottimista e sto aiutando una ragazza sordo-muta che ha difficoltà d'espressione nell'acquisizione di gesti e linguaggi non verbali. Per quanto riguarda concorsi regionali e non, io vi parteciperò e, dopo aver scoperto questa mia propensione e aver vinto 4 premi, non lascerò mai la scrittura in versi.
La casa famiglia è per te "una preghiera molto amata": raccontaci quando è cominciato il tuo percorso in questa struttura e come procede.
Ho definito così la Casa famiglia perché per me è stata una rinascita,un'ancora di salvezza. Sono stata un anno nel letto e non riuscivo a star seduta; in seguito a molti interventi sbagliati, sono stata in riabilitazione a Brindisi e dopo un anno mi hanno trasferita qui a Barletta dove ho intrapreso un percorso sia fisico sia psicologico. Quello fisico l'ho concluso,ora sto bene ma il mio percorso psicologico sta continuando.
Ho notato che ad ogni tua poesia vi è una data. Merini diceva che i poeti non conoscono date perché la loro storia comincia dalla presenza: che rapporto hai con il tempo e il senso dell'esserci?
La trascrizione della data è semplicemente indicativa della nascita della poesia in quel momento. La data non indica il momento in cui scrivo la poesia ma l'attimo in cui la penso.
Nella lirica "Il lupo" esprimi il valore che ha per te la scrittura: un mezzo salvifico, un farmaco inevitabile per alleviare le sofferenze causate dalla tua condizione. E' così? La poesia è l'alimento di cui ti nutri attraverso l'inchiostro di una penna?
Poesia è per me la nascita del giorno e la fine della notte. Uso la scrittura anche per esprimere le ansie provocate dalla mia condizione ma soprattutto per trasmettere grandi emozioni perché la mia poesia non ha alcun intento pietistico; la poesia è maestra di vita,è la mia grande amica.
Il "tu" delle tue poesie si riferisce a qualcuno in particolare? E' autoreferenziale o vuole creare un rapporto più intimo con il lettore?
Mi rendo conto di scrivere poesie molto particolari e io apro me stessa alla poesia, ma parlo di me in terza persona.
In "Perdono te" si evince un desiderio che tu consideri troncato, quello della maternità: come vivi questa preclusione?
Ora ho migliorato il mio rapporto con Dio perché, facendo parte dell'Unitalsi, si riesce a far emergere la bellezza di Dio e sento di averlo perdonato in parte. Diventare mamma sarebbe stato il massimo ma Gesù Cristo non mi ha concesso la libertà di esprimere questa mia volontà ma qui in associazione, oltre ad essere malata, sono anche volontaria e aiutiamo tante persone a superare certi impedimenti, anche solo con una parola.
Consideri il metaforico movimento dei tuoi pensieri come un antidoto alla tua paralisi fisica?
No, è proprio il mio modo di essere, di pensare, di costruire le parole. La poesia è una scala di significati dalla quale si evince anche un metodo di costruzione dell'espressione.
Come vivi l'esperienza nella casa famiglia? Hai altri progetti editoriali dopo la buona riuscita della tua raccolta poetica?
Vivo molto positivamente l'esperienza qui: siamo 9 ragazzi, ognuno con la sua storia e ognuno che trova giovamento nell'altro. La mia presenza qui ha portato molti miglioramenti perché sono una persona ottimista e sto aiutando una ragazza sordo-muta che ha difficoltà d'espressione nell'acquisizione di gesti e linguaggi non verbali. Per quanto riguarda concorsi regionali e non, io vi parteciperò e, dopo aver scoperto questa mia propensione e aver vinto 4 premi, non lascerò mai la scrittura in versi.