Servizi sociali
«Sognavo l’Africa da bambina, ma sono diventata cooperante grazie a “Un medico in famiglia”»
Antonella Morelli, giovane barlettana, racconta la sua missione umanitaria in Kenya
Barletta - venerdì 11 febbraio 2022
9.52
Un sorriso caldo e tanta voglia di fare del bene. L'esempio di Antonella lega Barletta all'Africa: 27 anni, laureata in servizi sociali, Antonella Morelli si trova adesso a Nchiru, in Kenya, dove sta svolgendo una missione umanitaria come volontaria per il Servizio Civile. Dopo il suo percorso di studi infatti ha vinto il bando per il progetto "Accessibilità alla educazione scolastica, con particolare riferimento alle aree d'emergenza educativa e benessere nelle scuole".
La vita quotidiana in Kenya si alterna tra la vasta bellezza della natura incontaminata ed esotica con le ataviche problematiche umanitarie: l'acqua potabile, i servizi indispensabili, le strade, tutto ciò che noi diamo per scontato lì spesso è una benedizione.
Abbiamo contattato Antonella per farci raccontare con la sua voce questa speciale esperienza in Africa.
Da dove nasce il tuo desiderio di diventare cooperante? Che percorso formativo ti ha condotto a questo punto della tua vita?
«Fin da bambina sognavo ad occhi aperti immaginando l'Africa, una terra lontana e colorata che avevo visto tra le pagine di un atlante riposto negli scaffali della libreria di casa mia. Ma è grazie alla celebre fiction italiana "Un medico in famiglia" che ho deciso che da grande sarei diventata un cooperante. Era il 2004, avevo 8 anni e guardando due dei protagonisti della serie tv partire per una missione umanitaria proprio in Africa mi sono detta "un giorno ci sarai tu al loro posto". Ho mantenuto la promessa fatta alla piccola me 18 anni fa, lo scorso ottobre sono partita per una missione umanitaria a Nchiru, un piccolo villaggio al centro del Kenya, a pochi km dall'equatore».
«La mia formazione ha poi alimentato il desiderio: sono laureata in Scienze del Servizio sociale, ho svolto un tirocinio all'ufficio immigrazione del Comune di Bari e ho scritto una tesi dal titolo "Percorsi sperimentali di accoglienza diffusa". Ma sentivo il bisogno di passare dalle parole ai fatti, di sporcarmi le mani, di comprendere le dinamiche che segnano il divario tra il nord e il sud del mondo. Così ho partecipato al bando di servizio civile universale e sono partita come volontaria, per conto del dipartimento delle Politiche Giovanili».
Le fotografie che condividi sui tuoi profili social traboccano di colori e sorrisi. L'Africa che stai vivendo di persona è come te l'aspettavi? Come si svolgono le tue giornate?
«La realtà supera l'immaginazione. Non riesco ancora ad abituarmi alla bellezza. La natura incontaminata, il sole caldo ed il cielo blu. Gli animali scorrazzano liberi ovunque, per le strade e per il mercato; mi basta spostarmi verso la foresta, a un km da casa per scorgere giraffe ed elefanti. La gente è accogliente, la frutta tropicale è superlativa. Ma non è sempre semplice vivere qui: spesso manca l'elettricità o l'acqua, è necessario utilizzare quotidianamente particolari accorgimenti sanitari a causa della presenza in questo territorio di diverse patologie endemiche. Gli occhi di tutti sono sempre puntati su di te, per le strade riecheggia continuamente la parola "muzungo" che significa uomo bianco. Scontrarsi con la povertà assoluta, inoltre, non è affatto facile, qui si vive con niente, in case di legno o lamiere, l'acqua si prende dal fiume e il cibo dall'orticello familiare». «Io vivo e lavoro in un compound chiamato Aina Children's home: c'è una scuola, un ospedale ed un orfanotrofio che ospita 110 bambini affetti da HIV. Durante la mattina sono un'insegnante d'asilo, durante il pomeriggio invece, svolgo il mio lavoro da assistente sociale, occupandomi di diverse pratiche e delle nuove ammissioni. Il mio tempo libero lo dedico ai bambini che vivono con noi, loro hanno bisogno d'amore ma non immaginano quanto ne regalano a me. Impazzisco per i loro sorrisi e per gli abbracci, e tra un gioco e l'altro mi insegano la lingua locale, lo swahili».
"Regala uno zaino ad un bimbo" è l'iniziativa alla quale ti stai dedicando al momento, di cosa si tratta? Come è possibile dare un contributo?
«È l'iniziativa che abbiamo lanciato con la nostra onlus Aina new hope. Fin dai miei primi giorni qui in Kenya mi sono scontrata con la povertà. Tutti gli studenti della nostra scuola hanno degli zainetti logori e molte volte non li posseggono. Inoltre, abbiamo conosciuto una bellissima realtà di empowerment femminile: a Nairobi, un gruppo di donne dello slum confeziona a mano zainetti con le tipiche stoffe africane dai colori sfavillanti. Sogniamo, per l'inizio del nuovo anno scolastico ad aprile di regalare a tutti i bimbi un nuovo zainetto. Aiutarci a realizzare questo sogno è molto semplice, basta fare un bonifico di 10 euro al nostro IBAN IT 53U07601032000 0003 2001 000. Molto presto, inoltre, verrà organizzato un progetto di beneficienza a Barletta il cui ricavato sarà interamente devoluto a questa iniziativa».
La vita quotidiana in Kenya si alterna tra la vasta bellezza della natura incontaminata ed esotica con le ataviche problematiche umanitarie: l'acqua potabile, i servizi indispensabili, le strade, tutto ciò che noi diamo per scontato lì spesso è una benedizione.
Abbiamo contattato Antonella per farci raccontare con la sua voce questa speciale esperienza in Africa.
Da dove nasce il tuo desiderio di diventare cooperante? Che percorso formativo ti ha condotto a questo punto della tua vita?
«Fin da bambina sognavo ad occhi aperti immaginando l'Africa, una terra lontana e colorata che avevo visto tra le pagine di un atlante riposto negli scaffali della libreria di casa mia. Ma è grazie alla celebre fiction italiana "Un medico in famiglia" che ho deciso che da grande sarei diventata un cooperante. Era il 2004, avevo 8 anni e guardando due dei protagonisti della serie tv partire per una missione umanitaria proprio in Africa mi sono detta "un giorno ci sarai tu al loro posto". Ho mantenuto la promessa fatta alla piccola me 18 anni fa, lo scorso ottobre sono partita per una missione umanitaria a Nchiru, un piccolo villaggio al centro del Kenya, a pochi km dall'equatore».
«La mia formazione ha poi alimentato il desiderio: sono laureata in Scienze del Servizio sociale, ho svolto un tirocinio all'ufficio immigrazione del Comune di Bari e ho scritto una tesi dal titolo "Percorsi sperimentali di accoglienza diffusa". Ma sentivo il bisogno di passare dalle parole ai fatti, di sporcarmi le mani, di comprendere le dinamiche che segnano il divario tra il nord e il sud del mondo. Così ho partecipato al bando di servizio civile universale e sono partita come volontaria, per conto del dipartimento delle Politiche Giovanili».
Le fotografie che condividi sui tuoi profili social traboccano di colori e sorrisi. L'Africa che stai vivendo di persona è come te l'aspettavi? Come si svolgono le tue giornate?
«La realtà supera l'immaginazione. Non riesco ancora ad abituarmi alla bellezza. La natura incontaminata, il sole caldo ed il cielo blu. Gli animali scorrazzano liberi ovunque, per le strade e per il mercato; mi basta spostarmi verso la foresta, a un km da casa per scorgere giraffe ed elefanti. La gente è accogliente, la frutta tropicale è superlativa. Ma non è sempre semplice vivere qui: spesso manca l'elettricità o l'acqua, è necessario utilizzare quotidianamente particolari accorgimenti sanitari a causa della presenza in questo territorio di diverse patologie endemiche. Gli occhi di tutti sono sempre puntati su di te, per le strade riecheggia continuamente la parola "muzungo" che significa uomo bianco. Scontrarsi con la povertà assoluta, inoltre, non è affatto facile, qui si vive con niente, in case di legno o lamiere, l'acqua si prende dal fiume e il cibo dall'orticello familiare». «Io vivo e lavoro in un compound chiamato Aina Children's home: c'è una scuola, un ospedale ed un orfanotrofio che ospita 110 bambini affetti da HIV. Durante la mattina sono un'insegnante d'asilo, durante il pomeriggio invece, svolgo il mio lavoro da assistente sociale, occupandomi di diverse pratiche e delle nuove ammissioni. Il mio tempo libero lo dedico ai bambini che vivono con noi, loro hanno bisogno d'amore ma non immaginano quanto ne regalano a me. Impazzisco per i loro sorrisi e per gli abbracci, e tra un gioco e l'altro mi insegano la lingua locale, lo swahili».
"Regala uno zaino ad un bimbo" è l'iniziativa alla quale ti stai dedicando al momento, di cosa si tratta? Come è possibile dare un contributo?
«È l'iniziativa che abbiamo lanciato con la nostra onlus Aina new hope. Fin dai miei primi giorni qui in Kenya mi sono scontrata con la povertà. Tutti gli studenti della nostra scuola hanno degli zainetti logori e molte volte non li posseggono. Inoltre, abbiamo conosciuto una bellissima realtà di empowerment femminile: a Nairobi, un gruppo di donne dello slum confeziona a mano zainetti con le tipiche stoffe africane dai colori sfavillanti. Sogniamo, per l'inizio del nuovo anno scolastico ad aprile di regalare a tutti i bimbi un nuovo zainetto. Aiutarci a realizzare questo sogno è molto semplice, basta fare un bonifico di 10 euro al nostro IBAN IT 53U07601032000 0003 2001 000. Molto presto, inoltre, verrà organizzato un progetto di beneficienza a Barletta il cui ricavato sarà interamente devoluto a questa iniziativa».