La città
Sentenza su Montaltino: «Un duro colpo alla mala edilizia»
La nota del prof. Ruggiero Quarto: «Bisogna smetterla con gli stupri ambientali». «Evitiamo che la Giustizia debba supplire al ruolo di un Municipio virtuoso».
Barletta - giovedì 14 febbraio 2013
11.18
«Grazie alla sentenza "Montaltino" registriamo un duro colpo alla "malaedilizia"». Un ulteriore, sentito e preciso intervento sulla questione Montaltino arriva a Barlettalife dalla penna sempre efficace del professore universitario Ruggiero Quarto, già attento osservatore delle problematiche ambientali della città e del territorio. Nel suo commento leggiamo l'aspetto più ambientalista del caso delle villette che sarebbero dovute sorgere nella rurale frazione in campagna: cogliamo una problematica non solo politica e giudiziaria, ma anche morale e dagli impetuosi risvolti sul benessere (o malessere) della terra che viviamo.
«Barletta, mordacemente è stata espugnata a "macchia di leopardo", in assenza di programmi urbanistici chiari, tra una variante e l'altra al PRG e orribili 167. La città è diventata pian piano una non città. E pensare che Barletta, prima del "sacco edilizio", si è sviluppata su tre meravigliosi centri urbani: Marineria-Sette Rue, San Giacomo e via Roma-Imbriani. Sono nate bellezze architettoniche, da romaniche a gotiche, da rinascimentali a barocche, fino a graziosi palazzi liberty. Finanche l'architettura povera del borgo di San Giacomo ci racconta la nostra storia. Quando si attingeva acqua dai pozzi e si condivideva la casa con asini e galline. Poi…. lo scempio! Negli anni sessanta sono nati quartieri orrendi. In una notte si costruivano interi palazzi abusivi. Scatole di tufo e cemento. Strade strette. Niente piazze. Niente giardini.
Sono passati decenni, ma la logica da "mani sulla città" non è mutata. Uniche varianti: ai tufi sono stati sostituiti i mattoni forati e da scatole a un piano si è passati a scatoloni a 13 piani, con "regolari" concessioni! Così la non citta' si è espansa senza nulla di bello. slarghi non piazze. carreggiate non vie. vani non case. spazi non luoghi. Poi è giunta l'era dei complessi residenziali. C'è stata finanche la sfrontatezza di dedicare agli ulivi un complesso, laddove questi alberi, emblema della perspicacia dei nostri avi e della tenacia della natura, sono stati abbattuti! L'inarrestabile scempio edilizio è arrivato anche nel mare. Bastava un'occhiata alle foto aeree per capire che era in atto un arretramento della linea di costa. Lì è sorta la Fiumara. Poi l'aggressione edilizia è passata nelle campagne. Costruire un complesso come quello di Montaltino ha significato trasferire la violenza edilizia urbana nella campagna. Un piano di lottizzazione per un insediamento turistico-rurale, che contempla la realizzazione di 46 palazzine di 4 unità immobiliari ciascuna, per complessivi 44.850 m3 e 448 abitanti potenziali, oltre a 5200 m3 relativi ad un punto ristoro, in piena campagna, nell'ambito di un territorio deputato alla coltura dell'ulivo. Turismo (mah!). Si procedeva alacremente fino al sequestro e alla sentenza del 2011 del TAR Puglia. L'attuale sentenza del Consiglio di Stato confermerebbe che quel complesso era illegittimo.
Non punto il dito contro chi ha votato la delibera di Consiglio Comunale, ma contro un sistema che con inintelligibilità, interpretazioni, forzature e scaricabarile permette di costruire "mostri" urbanistici. Sistema che, a volte, stritola finanche chi vara in buona fede provvedimenti problematici e rende difficile distinguere colpevoli e vittime. Punta Perotti a Bari è un bell'esempio. Di sicuro, però, questa sentenza fa giustizia della "malaedilizia" che la nostra Città ha dovuto subire e auspico che l'accaduto sia di monito per smetterla con gli stupri ambientali. Spero che si riprenda a costruire una città bella come quella ereditata, che si comprenda che non c'è progresso senza eco-sostenibilità, che ci si convinca che abbiamo ricevuto in dono un meraviglioso Giardino con il dovere di curarlo e salvaguardarlo, perché sia fruibile nel futuro. L'inevitabile intervento antropico deve integrarsi con l'ambiente e migliorarlo e non, invece, comprometterlo irrimediabilmente o distruggerlo.
È necessario realizzare "luoghi" riconoscibili, funzionali, belli, vivibili, dove passeggiare, incontrarsi, percepire odori e suoni; dove gioire per un bimbo che gioca, per il canto di un grillo, per il profumo di un fiore o, anche, per un bel palazzo in città o una bella masseria in campagna!. Facciamolo prima che sia irrimediabilmente tardi! La via maestra è la redazione di un Piano Urbano Generale (PUG) condiviso. Occorre disegnare Barletta futura, con strategie di urbanistica partecipata da tutti i soggetti della città. Ci devono essere obiettivi precisi e norme inequivocabili. Un obiettivo ecologicamente imprescindibile è recuperare l'esistente limitando il consumo di suolo. Le varianti (possibili solo se fondatamente motivate) devono essere l'eccezione e non la regola, altrimenti, diventa difficile arginare gli arrembaggi pirateschi al "possibile". Evitiamo che la Giustizia debba supplire al ruolo che tocca ad un Municipio virtuoso, capace di congegnare regole chiare e che privilegi la bellezza».
«Barletta, mordacemente è stata espugnata a "macchia di leopardo", in assenza di programmi urbanistici chiari, tra una variante e l'altra al PRG e orribili 167. La città è diventata pian piano una non città. E pensare che Barletta, prima del "sacco edilizio", si è sviluppata su tre meravigliosi centri urbani: Marineria-Sette Rue, San Giacomo e via Roma-Imbriani. Sono nate bellezze architettoniche, da romaniche a gotiche, da rinascimentali a barocche, fino a graziosi palazzi liberty. Finanche l'architettura povera del borgo di San Giacomo ci racconta la nostra storia. Quando si attingeva acqua dai pozzi e si condivideva la casa con asini e galline. Poi…. lo scempio! Negli anni sessanta sono nati quartieri orrendi. In una notte si costruivano interi palazzi abusivi. Scatole di tufo e cemento. Strade strette. Niente piazze. Niente giardini.
Sono passati decenni, ma la logica da "mani sulla città" non è mutata. Uniche varianti: ai tufi sono stati sostituiti i mattoni forati e da scatole a un piano si è passati a scatoloni a 13 piani, con "regolari" concessioni! Così la non citta' si è espansa senza nulla di bello. slarghi non piazze. carreggiate non vie. vani non case. spazi non luoghi. Poi è giunta l'era dei complessi residenziali. C'è stata finanche la sfrontatezza di dedicare agli ulivi un complesso, laddove questi alberi, emblema della perspicacia dei nostri avi e della tenacia della natura, sono stati abbattuti! L'inarrestabile scempio edilizio è arrivato anche nel mare. Bastava un'occhiata alle foto aeree per capire che era in atto un arretramento della linea di costa. Lì è sorta la Fiumara. Poi l'aggressione edilizia è passata nelle campagne. Costruire un complesso come quello di Montaltino ha significato trasferire la violenza edilizia urbana nella campagna. Un piano di lottizzazione per un insediamento turistico-rurale, che contempla la realizzazione di 46 palazzine di 4 unità immobiliari ciascuna, per complessivi 44.850 m3 e 448 abitanti potenziali, oltre a 5200 m3 relativi ad un punto ristoro, in piena campagna, nell'ambito di un territorio deputato alla coltura dell'ulivo. Turismo (mah!). Si procedeva alacremente fino al sequestro e alla sentenza del 2011 del TAR Puglia. L'attuale sentenza del Consiglio di Stato confermerebbe che quel complesso era illegittimo.
Non punto il dito contro chi ha votato la delibera di Consiglio Comunale, ma contro un sistema che con inintelligibilità, interpretazioni, forzature e scaricabarile permette di costruire "mostri" urbanistici. Sistema che, a volte, stritola finanche chi vara in buona fede provvedimenti problematici e rende difficile distinguere colpevoli e vittime. Punta Perotti a Bari è un bell'esempio. Di sicuro, però, questa sentenza fa giustizia della "malaedilizia" che la nostra Città ha dovuto subire e auspico che l'accaduto sia di monito per smetterla con gli stupri ambientali. Spero che si riprenda a costruire una città bella come quella ereditata, che si comprenda che non c'è progresso senza eco-sostenibilità, che ci si convinca che abbiamo ricevuto in dono un meraviglioso Giardino con il dovere di curarlo e salvaguardarlo, perché sia fruibile nel futuro. L'inevitabile intervento antropico deve integrarsi con l'ambiente e migliorarlo e non, invece, comprometterlo irrimediabilmente o distruggerlo.
È necessario realizzare "luoghi" riconoscibili, funzionali, belli, vivibili, dove passeggiare, incontrarsi, percepire odori e suoni; dove gioire per un bimbo che gioca, per il canto di un grillo, per il profumo di un fiore o, anche, per un bel palazzo in città o una bella masseria in campagna!. Facciamolo prima che sia irrimediabilmente tardi! La via maestra è la redazione di un Piano Urbano Generale (PUG) condiviso. Occorre disegnare Barletta futura, con strategie di urbanistica partecipata da tutti i soggetti della città. Ci devono essere obiettivi precisi e norme inequivocabili. Un obiettivo ecologicamente imprescindibile è recuperare l'esistente limitando il consumo di suolo. Le varianti (possibili solo se fondatamente motivate) devono essere l'eccezione e non la regola, altrimenti, diventa difficile arginare gli arrembaggi pirateschi al "possibile". Evitiamo che la Giustizia debba supplire al ruolo che tocca ad un Municipio virtuoso, capace di congegnare regole chiare e che privilegi la bellezza».