Scuola ed emergenza Covid, capitolo 2021
Scuola ed emergenza Covid, capitolo 2021
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Scuola ed emergenza Covid-19: capitolo 2021, le scuole medie

La didattica a distanza riguarda anche gli studenti delle medie, dove la relazione in presenza è enormemente più importante

Spesso, quando si parla di DAD, il pensiero va subito agli studenti degli istituti superiori, i quali aggiungono ai problemi per l'insegnamento, quelli della distanza e dell'utilizzo dei mezzi pubblici per raggiungere gli istituti. Ma anche le scuole medie hanno subito le restrizioni della DAD e si sono trovate a fare i conti con un mondo completamente nuovo, che ha impatti ancora maggiori ed indubbiamente diversi, su alunni che, sotto tantissimi aspetti, sono ancora dei bambini con necessità di una figura guida che sia vicina fisicamente, oltre che psicologicamente. Abbiamo raccolto la testimonianza della professoressa Elisabetta Pasquale della scuola "Renato Moro" per capire come va la situazione nelle scuole medie.

«A marzo quando in un certo senso la didattica a distanza è entrata in scena i docenti, gli alunni e le famiglie hanno provato un senso di smarrimento e seguendo le prime indicazioni bisognava mantenere una relazione emotiva ed educativa per affrontare la chiusura totale di tutte le attività economiche e sociali che avevano caratterizzato il "mestiere di vivere". Da quel momento si sono susseguiti una serie di errori e fraintendimenti e soprattutto di interpretazioni errate in quanto la scuola non era assolutamente preparata ad una didattica a distanza e molti docenti hanno trasferito le modalità della lezione in presenza, tradizionale, per intenderci, utilizzando lo schermo, spesso, assegnando un carico di lavoro superiore alla norma».

Che cosa sarebbe stato necessario fare sin da subito?
«Semplicemente dare delle indicazioni chiare ai dirigenti e ai docenti, rendendo obbligatoria una formazione teorica e laboratoriale sui fondamenti epistemologici della didattica a distanza e sulla conoscenza e utilizzo delle applicazioni digitali da inserire durante le "nuove" lezioni. I problemi che non sono stati affrontati all'inizio hanno generato altri equivoci e indicazioni fuorvianti nel momento della valutazione e anche lì c'è stata tanta improvvisazione. Anni e anni di ricerche, di studi e di teorie cancellati da circolari poco chiare!

Invece, come sempre, ci sono stati dei risultati laddove, su base volontaria e a discrezione di chi aveva intuito che bisognava adottare un nuovo sistema di valori, i docenti hanno seguito dei corsi di formazione aperti a tutti e gratuiti ma mai obbligatori.

Mi preme sottolineare che in effetti non ci si aspettava di trovare una complessiva "impreparazione" digitale da parte di una percentuale di docenti, in quanto la Carta del Docente sarebbe dovuta servire per l'aggiornamento professionale e per l'acquisto anche di un Personal Computer e il PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale), un piano quinquennale della Legge 107/2015 rappresenta un piano di innovazione non solo strutturale ma anche di contenuti, un nuovo modello educativo della scuola nell'era digitale, con modalità didattiche costruttive e cooperative attraverso app da sfruttare come ambienti o strumenti di apprendimento superando l'impostazione frontale della lezione e favorendo una didattica meno trasmissiva e più operativa.

Con questo che cosa vorrei sottolineare? In realtà stando alle leggi scolastiche sia i docenti che gli alunni avrebbero dovuto già avere delle competenze minime per affrontare la didattica digitale, senza tener conto che anche i libri scolastici hanno una versione digitale poco utilizzata dal mondo della scuola. Quindi siamo arrivati a giugno seguendo indicazioni elaborate in modo sempre poco chiaro.

A settembre quando abbiamo ripreso avevamo intuito che la situazione sarebbe peggiorata dopo la pausa estiva e abbiamo subito ripristinato e aggiornato la piattaforma Gsuite che gli alunni avevano già utilizzato precedentemente. A che cosa è servita? Gli alunni già in presenza allegavano i compiti per poter ricevere la correzione. Anche perché dopo aver sperimentato le applicazioni della Gsuite sarebbe stato un peccato non coltivare le competenze che gli alunni stavano acquisendo e che alla fine della terza classe della scuola secondaria di primo grado vanno certificate.

Mi dispiace dirlo ma da marzo a settembre nella qualità della didattica poco è cambiato e, a volte, la scuola e i docenti, sommersi da tanta burocrazia e da tanti cambiamenti, perdono di vista ciò che è importante per gli alunni. Perché ad onore vero da questa esperienza, è emerso, che i nativi digitali non sono poi tanto digitali o per lo meno lo sono in alcuni settori legati per lo più al loro smartphone. Gli alunni e le famiglie con l'aiuto dei docenti hanno imparato ad usare la Gsuite, mentre, per quanto riguarda la nostra Regione, si dà la possibilità ai genitori di scegliere se seguire in presenza o a distanza.

Questa decisone azzera gli obiettivi del PNSD e questa didattica "mista" quali vantaggi può produrre? Da una parte si tutelano le famiglie che per motivi lavorativi non possono permettersi di avere i figli a casa ma dall'altra parte non viene tutelato il diritto allo studio né di chi sta a casa e né di chi sta a scuola, generando ancora una volta confusione e affidando tutto alla fantasia dei docenti.

Se come abbiamo detto e precisato ci sono delle differenze marcate tra la didattica in presenza fatta di sguardi e di osservazione e la didattica digitale fondata sull'interazione, sull'attenzione e sulla verifica dell'apprendimento come possono convivere le due modalità? Se in una classe il docente ha in presenza 6 alunni e 14 collegati allo schermo chi guarderà? Per seguire gli alunni a casa il docente deve utilizzare le applicazioni per verificare l'attenzione e l'apprendimento? Come fanno ad utilizzare le applicazioni digitali i 6 alunni che hanno davanti il libro cartaceo e il quaderno?

Tra l'altro non ci dimentichiamo che non tutte le aule sono dotate di maxischermi come quelli che vediamo in TV e che permettono agli alunni "in presenza" di vedere i loro compagni a casa. La didattica come è stata definita "on demand" non ha nessun fondamento scientifico ma crea più confusione e disagio e marca ancora di più lo stato di emergenza e solitudine che stiamo provando tutti. Comunque non è normalità perché da più parti genitori sapienti parlano di normalità. Le regole del distanziamento, della mascherina e del gel ci sono sempre. Stare comunque in una classe semivuota e in una scuola dove non c'è niente di normale non permette nessun tipo di socializzazione anzi aumenta il disagio psicologico.

Non so come andrà a finire questa storia ma la scuola potrebbe funzionare "a distanza" in maniera seria e decorosa senza vie di fuga che non fanno altro che aggravare la situazione. A marzo eravamo impreparati alla didattica a distanza, ora invece siamo impreparati a questa didattica mista. Non sarebbe stato meglio approfondire e perfezionare un solo tipo di didattica? Tra connessioni che saltano, orari diversi tra chi è in presenza e chi sta a casa, tra docenti ancora impacciati con il digitale sta finendo il primo quadrimestre!

La mia esperienza personale: a partire da marzo mi sono iscritta diversi corsi di formazione gratuiti che il Ministero, su base volontaria, ha messo a disposizione e ogni giorno ho messo in pratica ciò che riuscivo ad imparare. E credo che solo una formazione adeguata possa dare i suoi frutti. Ed è necessario mettere in pratica il Piano Nazionale Scuola Digitale per il benessere degli alunni, per preparare dei cittadini con competenze spendibili e certificate non solo nella forma ma nella sostanza».
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