Cronaca
Ricoverato per Covid nell'ospedale militare di Barletta: «Lì c'è gente stupenda»
Il racconto di Giuseppe, contro le parole usate nella denuncia di Mario Conca
Barletta - lunedì 26 aprile 2021
8.02
«Condizioni che nulla hanno a che fare con l'umanità e l'igienicità». È la descrizione che, nella giornata di Pasqua, l'ex candidato alla presidenza della Regione Puglia, Mario Conca, faceva dell'ospedale militare allestito a Barletta. Una denuncia diffusa sui social con chiari destinatari «partendo – scriveva – dal bugiardo seriale Emiliano, passando per l'affabulatore Lopalco e arrivando al sodale direttore generale Delle Donne».
Ma c'è chi, come Giuseppe, quelle parole le leggeva proprio dal suo letto in tenda. Di umanità, nel racconto del 48enne barlettano, ce n'è tanta: «Mi ha fatto male leggere quelle cose perché chi lavora lì è gente stupenda che merita di essere ringraziata. Ci hanno curato e accudito». Giuseppe ha trascorso sedici giorni nell'ospedale da campo dopo essere risultato positivo al Covid. «Quando sono stato portato lì – dice – ho pensato: "Pago le tasse e poi mi ritrovo a dormire in una tenda". Mi sono dovuto ricredere».
Ma la denuncia lanciata da Mario Conca sembrava raccontare tutta un'altra storia. «È assolutamente intollerabile – scriveva – immaginare di far vivere persone sofferenti sotto una tenda in promiscuità, costringendole a lavarsi con le bottigliette d'acqua, che devono comprarsi se hanno la forza di alzarsi, e a fare i propri bisogni in un bagno chimico. Che schifo!».
Forse qualche bagno in più avrebbe fatto comodo, ma «non è affatto vero che non ci fosse neanche l'acqua per lavarci – racconta ancora Giuseppe – Era disponibile tutto quello di cui c'era bisogno. Eravamo molto seguiti, c'erano cinque infermieri che sin dalla prima mattina iniziavano le terapie e restavano disponibili per ogni necessità».
C'è amarezza nelle parole del 48enne, come se in quella tenda avesse lasciato una piccola parentesi di vita. Forse, è quello che accade quando il virus colpisce e spaventa. «Temevo di contagiare i miei figli – ricorda Giuseppe – Non è stato semplice, visto il periodo, tenere chiusa per settimane la mia attività».
Il «bene», adesso, è quello che augura per sé e per gli altri: «Mi auguro che le cose possano sistemarsi. Le famiglie stanno soffrendo, i soldi sono pochi per tutti. Ma dobbiamo continuare ad essere prudenti perché sino a quando non ci tocca da vicino non si capisce la gravità della malattia».
Ma c'è chi, come Giuseppe, quelle parole le leggeva proprio dal suo letto in tenda. Di umanità, nel racconto del 48enne barlettano, ce n'è tanta: «Mi ha fatto male leggere quelle cose perché chi lavora lì è gente stupenda che merita di essere ringraziata. Ci hanno curato e accudito». Giuseppe ha trascorso sedici giorni nell'ospedale da campo dopo essere risultato positivo al Covid. «Quando sono stato portato lì – dice – ho pensato: "Pago le tasse e poi mi ritrovo a dormire in una tenda". Mi sono dovuto ricredere».
Ma la denuncia lanciata da Mario Conca sembrava raccontare tutta un'altra storia. «È assolutamente intollerabile – scriveva – immaginare di far vivere persone sofferenti sotto una tenda in promiscuità, costringendole a lavarsi con le bottigliette d'acqua, che devono comprarsi se hanno la forza di alzarsi, e a fare i propri bisogni in un bagno chimico. Che schifo!».
Forse qualche bagno in più avrebbe fatto comodo, ma «non è affatto vero che non ci fosse neanche l'acqua per lavarci – racconta ancora Giuseppe – Era disponibile tutto quello di cui c'era bisogno. Eravamo molto seguiti, c'erano cinque infermieri che sin dalla prima mattina iniziavano le terapie e restavano disponibili per ogni necessità».
C'è amarezza nelle parole del 48enne, come se in quella tenda avesse lasciato una piccola parentesi di vita. Forse, è quello che accade quando il virus colpisce e spaventa. «Temevo di contagiare i miei figli – ricorda Giuseppe – Non è stato semplice, visto il periodo, tenere chiusa per settimane la mia attività».
Il «bene», adesso, è quello che augura per sé e per gli altri: «Mi auguro che le cose possano sistemarsi. Le famiglie stanno soffrendo, i soldi sono pochi per tutti. Ma dobbiamo continuare ad essere prudenti perché sino a quando non ci tocca da vicino non si capisce la gravità della malattia».