Religioni
Quando la Parola si nasconde per far germogliare frutti di vita nuova
Il senso di una parabola secondo don Vito Carpentiere
Barletta - domenica 14 giugno 2015
22.43
Dal Vangelo secondo Marco: "In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Terminate le feste che hanno disegnato la mappa della nostra vita da discepoli di Cristo, torniamo al tempo ordinario, in cui siamo chiamati come credenti e come comunità a lavorare su noi stessi e nel mondo per essere quegli annunciatori gioiosi del Vangelo che è Cristo. E riprendiamo il cammino con l'evangelista Marco che dopo il racconto e la spiegazione della parabola delle parabole, che è quella del seminatore, spiega il senso, il contenuto e la modalità di questo genere letterario, cuore della predicazione di Gesù.
Cos'è una parabola? È il racconto di un fatto verosimile che coglie elementi dalla vita reale per lanciare un messaggio profondo e, nel modo in cui lo fa Gesù, spesso rivoluzionario per il comune modo di intendere e vedere il mondo, gli altri, se stessi. Cosa fa infatti Gesù quando racconta una parabola? Prende degli elementi dalla vita e dalle situazioni quotidiane (l'agricoltura, la pesca, la vita familiare) per ribadire l'importanza del Regno di Dio che egli è venuto ad inaugurare. Allora la parabola diventa una modalità comunicativa efficace, che, di per sé, non va ulteriormente spiegata con parole nostre, ma semplicemente accolta. Infatti la terra siamo noi e il mondo. Il seminatore è Cristo stesso. E che fa Gesù? Si fida così tanto di noi e del mondo da affidarci il seme della Parola. E lui poi attende. Sa attendere con paziente amorevolezza, perché è il terreno che è chiamato a produrre frutto, anzi frutti di vita buona. Gesù si fida di me e si affida a me, alle mie povere mani, al mio povero cuore, perché vuole che la tenerezza del cuore di Dio arrivi a tutti anche attraverso di me.
Ma la parola diventa spesso più efficace quando si sposa col silenzio, da cui può emergere con tutta la sua potenza e pregnanza di significato. In un contesto culturale come il nostro, dove si confonde la comunicazione con le tante, anzi spesso troppe, parole, sono chiamato a custodire di più il silenzio per comprendere-accogliere la sua Parola. Una Parola chiamata a "scomparire" nel terreno, a "morire" in esso, pur di far giungere a destinazione l'unico messaggio che racchiude il senso della mia esistenza e della mia povera fede: Gesù mi ama, ed è disposto a scomparire purché io sappia solo questo! Questo è il Regno di Dio, come l'amore: umile, spesso nascosto, che vuole esclusivamente il mio bene.
Buona domenica a tutti!
[don Vito]
Terminate le feste che hanno disegnato la mappa della nostra vita da discepoli di Cristo, torniamo al tempo ordinario, in cui siamo chiamati come credenti e come comunità a lavorare su noi stessi e nel mondo per essere quegli annunciatori gioiosi del Vangelo che è Cristo. E riprendiamo il cammino con l'evangelista Marco che dopo il racconto e la spiegazione della parabola delle parabole, che è quella del seminatore, spiega il senso, il contenuto e la modalità di questo genere letterario, cuore della predicazione di Gesù.
Cos'è una parabola? È il racconto di un fatto verosimile che coglie elementi dalla vita reale per lanciare un messaggio profondo e, nel modo in cui lo fa Gesù, spesso rivoluzionario per il comune modo di intendere e vedere il mondo, gli altri, se stessi. Cosa fa infatti Gesù quando racconta una parabola? Prende degli elementi dalla vita e dalle situazioni quotidiane (l'agricoltura, la pesca, la vita familiare) per ribadire l'importanza del Regno di Dio che egli è venuto ad inaugurare. Allora la parabola diventa una modalità comunicativa efficace, che, di per sé, non va ulteriormente spiegata con parole nostre, ma semplicemente accolta. Infatti la terra siamo noi e il mondo. Il seminatore è Cristo stesso. E che fa Gesù? Si fida così tanto di noi e del mondo da affidarci il seme della Parola. E lui poi attende. Sa attendere con paziente amorevolezza, perché è il terreno che è chiamato a produrre frutto, anzi frutti di vita buona. Gesù si fida di me e si affida a me, alle mie povere mani, al mio povero cuore, perché vuole che la tenerezza del cuore di Dio arrivi a tutti anche attraverso di me.
Ma la parola diventa spesso più efficace quando si sposa col silenzio, da cui può emergere con tutta la sua potenza e pregnanza di significato. In un contesto culturale come il nostro, dove si confonde la comunicazione con le tante, anzi spesso troppe, parole, sono chiamato a custodire di più il silenzio per comprendere-accogliere la sua Parola. Una Parola chiamata a "scomparire" nel terreno, a "morire" in esso, pur di far giungere a destinazione l'unico messaggio che racchiude il senso della mia esistenza e della mia povera fede: Gesù mi ama, ed è disposto a scomparire purché io sappia solo questo! Questo è il Regno di Dio, come l'amore: umile, spesso nascosto, che vuole esclusivamente il mio bene.
Buona domenica a tutti!
[don Vito]