Eventi
«Quando la gente sorride, allora lì affondo il pugnale»
Incontro con Filippo Timi, novità indiscussa della stagione teatrale barlettana
Barletta - martedì 21 aprile 2015
11.11
«All'inizio gli spettacoli sono spumanti frizzantini, poi possono diventare cocktail formidabili», frasi d'effetto e un linguaggio vivace, un paio di occhiali da sole con cappellino e le corde vocali che tremano seguendo le frequenze delle viscere terrestri: così si è mostrato Filippo Timi all'incontro del 19 aprile presso il Cinema Paolillo, in occasione di una conversazione sul teatro, o meglio dire sul suo modo di fare teatro e non solo.
Filippo torna in Puglia con il suo nuovo spettacolo "Favola", diretto e interpretato dall'attore stesso - di origini perugine - accompagnato in scena da Lucia Mascino e Luca Pignagnoli . E lo fa sempre a suo modo, con bizzarria ed estro a tinte forti: in una cornice pudica anni '50 temi di violenza ed omosessualità vengono fuori come membri che non possono essere più nascosti, sono verità estreme come i costumi di scena visionari ed onirici di Fabio Zambernardi, già costumista del precedente e indiscusso capolavoro "Don Giovanni": «Hitchcock diceva che la massima realizzazione di un regista è avvalersi di buoni collaboratori, ebbene io l'ho fatto perché Zambernardi è il massimo ed è la realizzazione di quella estrema sintonia che viene fuori dall'improvvisazione e dalla mancanza di regole; sì, un po' come avviene in una partitura di jazz». E' un modo per dare merito a tutte le figure professionali , ma anche per deviare dal frontman e dal divo indiscusso che è diventato Filippo Timi, attore teatrale e cinematografico, regista, scrittore, una "tempesta" di idee che si muove in una verve cucita a pennello.
Le sue parole sfiorano l'impossibile, zoppicando impercettibilmente in quella balbuzie e toccano il goliardico quando parlano di come si fa l'attore: «Io mando a cagare il ruolo. Lo tengo ben presente e lo distruggo perché lo possiedo, ovvero mi sono chiesto ma come fa la cacca Amleto? Come si pulisce il sedere? Provo a costruire il corpo e il personaggio, tenendo presente che il corpo teatrale ragiona diversamente dal corpo cinematografico». E tra una parola e l'altra spuntano pensieri d'amore per Carmelo Bene, Majakovskij, Gian Maria Volonté, ma anche per icone non del mestiere come Madre Teresa di Calcutta e Einstein; e spuntano rifiuti, esasperazione per quella grande incognita che è il pubblico, di cui gli attori non possono occuparsi a lungo, perciò è meglio che vadano via, così come Timi ci ha fatto intendere con il suo gesto. Verità o finzione?
Filippo torna in Puglia con il suo nuovo spettacolo "Favola", diretto e interpretato dall'attore stesso - di origini perugine - accompagnato in scena da Lucia Mascino e Luca Pignagnoli . E lo fa sempre a suo modo, con bizzarria ed estro a tinte forti: in una cornice pudica anni '50 temi di violenza ed omosessualità vengono fuori come membri che non possono essere più nascosti, sono verità estreme come i costumi di scena visionari ed onirici di Fabio Zambernardi, già costumista del precedente e indiscusso capolavoro "Don Giovanni": «Hitchcock diceva che la massima realizzazione di un regista è avvalersi di buoni collaboratori, ebbene io l'ho fatto perché Zambernardi è il massimo ed è la realizzazione di quella estrema sintonia che viene fuori dall'improvvisazione e dalla mancanza di regole; sì, un po' come avviene in una partitura di jazz». E' un modo per dare merito a tutte le figure professionali , ma anche per deviare dal frontman e dal divo indiscusso che è diventato Filippo Timi, attore teatrale e cinematografico, regista, scrittore, una "tempesta" di idee che si muove in una verve cucita a pennello.
Le sue parole sfiorano l'impossibile, zoppicando impercettibilmente in quella balbuzie e toccano il goliardico quando parlano di come si fa l'attore: «Io mando a cagare il ruolo. Lo tengo ben presente e lo distruggo perché lo possiedo, ovvero mi sono chiesto ma come fa la cacca Amleto? Come si pulisce il sedere? Provo a costruire il corpo e il personaggio, tenendo presente che il corpo teatrale ragiona diversamente dal corpo cinematografico». E tra una parola e l'altra spuntano pensieri d'amore per Carmelo Bene, Majakovskij, Gian Maria Volonté, ma anche per icone non del mestiere come Madre Teresa di Calcutta e Einstein; e spuntano rifiuti, esasperazione per quella grande incognita che è il pubblico, di cui gli attori non possono occuparsi a lungo, perciò è meglio che vadano via, così come Timi ci ha fatto intendere con il suo gesto. Verità o finzione?