Filippo Timi
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«Quando la gente sorride, allora lì affondo il pugnale»

Incontro con Filippo Timi, novità indiscussa della stagione teatrale barlettana

«All'inizio gli spettacoli sono spumanti frizzantini, poi possono diventare cocktail formidabili», frasi d'effetto e un linguaggio vivace, un paio di occhiali da sole con cappellino e le corde vocali che tremano seguendo le frequenze delle viscere terrestri: così si è mostrato Filippo Timi all'incontro del 19 aprile presso il Cinema Paolillo, in occasione di una conversazione sul teatro, o meglio dire sul suo modo di fare teatro e non solo.

Filippo torna in Puglia con il suo nuovo spettacolo "Favola", diretto e interpretato dall'attore stesso - di origini perugine - accompagnato in scena da Lucia Mascino e Luca Pignagnoli . E lo fa sempre a suo modo, con bizzarria ed estro a tinte forti: in una cornice pudica anni '50 temi di violenza ed omosessualità vengono fuori come membri che non possono essere più nascosti, sono verità estreme come i costumi di scena visionari ed onirici di Fabio Zambernardi, già costumista del precedente e indiscusso capolavoro "Don Giovanni": «Hitchcock diceva che la massima realizzazione di un regista è avvalersi di buoni collaboratori, ebbene io l'ho fatto perché Zambernardi è il massimo ed è la realizzazione di quella estrema sintonia che viene fuori dall'improvvisazione e dalla mancanza di regole; sì, un po' come avviene in una partitura di jazz». E' un modo per dare merito a tutte le figure professionali , ma anche per deviare dal frontman e dal divo indiscusso che è diventato Filippo Timi, attore teatrale e cinematografico, regista, scrittore, una "tempesta" di idee che si muove in una verve cucita a pennello.

Le sue parole sfiorano l'impossibile, zoppicando impercettibilmente in quella balbuzie e toccano il goliardico quando parlano di come si fa l'attore: «Io mando a cagare il ruolo. Lo tengo ben presente e lo distruggo perché lo possiedo, ovvero mi sono chiesto ma come fa la cacca Amleto? Come si pulisce il sedere? Provo a costruire il corpo e il personaggio, tenendo presente che il corpo teatrale ragiona diversamente dal corpo cinematografico». E tra una parola e l'altra spuntano pensieri d'amore per Carmelo Bene, Majakovskij, Gian Maria Volonté, ma anche per icone non del mestiere come Madre Teresa di Calcutta e Einstein; e spuntano rifiuti, esasperazione per quella grande incognita che è il pubblico, di cui gli attori non possono occuparsi a lungo, perciò è meglio che vadano via, così come Timi ci ha fatto intendere con il suo gesto. Verità o finzione?
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