Cronaca
Professor Mascolo: «Porterò Pietro Mennea per sempre nel mio cuore come un figlio»
Lo storico allenatore della Freccia del Sud commenta la scomparsa del campione. Una delegazione barlettana sarà a Roma per l’ultimo saluto
Barletta - giovedì 21 marzo 2013
14.19
In mattinata si è spento Pietro Mennea. Il più celebre atleta barlettano, detentore del record del Mondo sui 200 metri piani in 19'72'' dal 1979 al 1996, ha perso la sua battaglia più importante, quella contro un male incurabile che l'ha strappato ai propri cari e alla sua amata Barletta. Il ricordo di Pietro Paolo Mennea sarà per sempre nel cuore di coloro che hanno seguito i suoi primi passi, credendo nel talento naturale del giovane ragazzo barlettano. Barlettalife ha intervistato in esclusiva il professor Francesco Mascolo, primo allenatore di Pietro Mennea. Mascolo ricorda il suo più celebre ragazzo attraverso i momenti più importanti, facendo trasparire tutto il suo dolore per questa importante perdita.
Professor Mascolo lei è stato uno degli scopritori dell'eccellenza atletica di Pietro Paolo Mennea, scomparso quest'oggi, come ha accolto questa triste notizia?
«Me lo ha comunicato mia moglie stamane appena lo ha saputo, mi ha telefonato mentre ero al Liceo Scientifico di Barletta per delle questioni personali, e mi ha detto "Franco un tuo caro amico ci ha lasciato". Non so perché ma da subito ho pensato che si trattasse di Pietro, in quel preciso momento non riuscivo a realizzare la cosa, e il dolore di una grave perdita ne è subito conseguito, il momento è stato terribile, forse è anche difficile trovare le parole per esprimerlo».
In passato avete lavorato in stretta sinergia, eravate in contatto tuttora?
«A dicembre dell'anno scorso avevamo partecipato assieme ad una manifestazione presso la scuola media Alessandro Manzoni di Barletta, guardandolo in volto l'ho trovato più magro rispetto alle volte precedenti in cui ci eravamo visti, ma la sua dignità gli impediva di comunicare qualsiasi malessere alle persone che gli stavano accanto, così ha preferito non dirmi niente del male che lo stava logorando».
Qualche mese fa Pietro Mennea ha presentato il suo libro "Inseguendo Bolt", a Barletta, la città che gli ha dato i natali, vi siete incontrati in quell'occasione, tra i tanti ricordi che ha di lui, qual è quello più bello?
«Porterò Pietro per sempre nel mio cuore come fosse un figlio, perché è così che i nostri percorsi di vita si sono incrociati, l'abbiamo sempre accolto in casa nostra io e la mia famiglia, durante le ricorrenze sovente stavamo insieme per condividere quei piccoli momenti di gioia. Agli inizi della sua attività atletica, avevo già compreso quale sarebbe stata la sua strada nello sport, infatti parlando con un giornalista gli dissi "Ascolta le mie parole, Pietro Mennea diventerà un campione", e così è stato. Si è sempre sacrificato, ha lavorato tantissimo su stesso, senza darsi mai per vinto, anche a Natale mi chiamava chiedendomi di andare ad allenarci».
Tutti parlando di Pietro Mennea lo ricordano come il campione dai record genuini, forse insegnerà ancora a qualcuno come si corre e come si vince nell'onestà. Voi come lo ricorderete?
«Lo ricorderemo per sempre come la nostra leggenda, colui che ha saputo dare gran lustro alla città di Barletta, quando gareggiava Pietro la città era deserta, perché tutti erano a casa a guardarlo in tv. Al ritorno dopo aver vinto la città lo attendeva per fare gran festa, ma Pietro era una persona semplice, non amava essere esaltato, basta solo pensare che Pietro era Barletta e la nostra città si riconosce in lui. L'ho allenato, l'ho amato e qualche volta ci ho anche bisticciato, perché si sa anche questo fa parte della vita».
Il Coni ha organizzato la camera ardente a Roma, sarete presenti?
«Ci stiamo organizzando, ovviamente ci saremo, ma purtroppo come ho appreso chiamando la moglie Emanuela per farle le mie condoglianze, la salma non dovrebbe fare ritorno a Barletta, per volontà della stessa. Io personalmente avrei messo a disposizione la Cappella della mia famiglia per accogliere la sua salma, come quella di un figlio. Oggi mi recherò in chiesa a pregare per la sua anima, per colui che è scomparso in questo bellissimo giorno di equinozio di primavera».
Pietro Mennea ha ricevuto numerose onorificenze, tra cui la dedica di una delle stazioni della metro di Londra durante le olimpiadi. Voi gli siete sempre stati affianco, anche in questi momenti di grande orgoglio post carriera sportiva?
«Noi abbiamo cercato sempre di sostenerlo, anche se non è mai stato difficile visto i suoi numerosi successi e record imbattuti, ma in maniera particolare un atleta barlettano spesso amichevolmente chiamato "cavallo" gli è stato vicino anche nei momenti di sconforto, forse era uno dei pochi a sapere cosa avesse realmente. A me Pietro diceva "Quando guarirò ti racconterò della mia malattia"».
Professor Mascolo lei è stato uno degli scopritori dell'eccellenza atletica di Pietro Paolo Mennea, scomparso quest'oggi, come ha accolto questa triste notizia?
«Me lo ha comunicato mia moglie stamane appena lo ha saputo, mi ha telefonato mentre ero al Liceo Scientifico di Barletta per delle questioni personali, e mi ha detto "Franco un tuo caro amico ci ha lasciato". Non so perché ma da subito ho pensato che si trattasse di Pietro, in quel preciso momento non riuscivo a realizzare la cosa, e il dolore di una grave perdita ne è subito conseguito, il momento è stato terribile, forse è anche difficile trovare le parole per esprimerlo».
In passato avete lavorato in stretta sinergia, eravate in contatto tuttora?
«A dicembre dell'anno scorso avevamo partecipato assieme ad una manifestazione presso la scuola media Alessandro Manzoni di Barletta, guardandolo in volto l'ho trovato più magro rispetto alle volte precedenti in cui ci eravamo visti, ma la sua dignità gli impediva di comunicare qualsiasi malessere alle persone che gli stavano accanto, così ha preferito non dirmi niente del male che lo stava logorando».
Qualche mese fa Pietro Mennea ha presentato il suo libro "Inseguendo Bolt", a Barletta, la città che gli ha dato i natali, vi siete incontrati in quell'occasione, tra i tanti ricordi che ha di lui, qual è quello più bello?
«Porterò Pietro per sempre nel mio cuore come fosse un figlio, perché è così che i nostri percorsi di vita si sono incrociati, l'abbiamo sempre accolto in casa nostra io e la mia famiglia, durante le ricorrenze sovente stavamo insieme per condividere quei piccoli momenti di gioia. Agli inizi della sua attività atletica, avevo già compreso quale sarebbe stata la sua strada nello sport, infatti parlando con un giornalista gli dissi "Ascolta le mie parole, Pietro Mennea diventerà un campione", e così è stato. Si è sempre sacrificato, ha lavorato tantissimo su stesso, senza darsi mai per vinto, anche a Natale mi chiamava chiedendomi di andare ad allenarci».
Tutti parlando di Pietro Mennea lo ricordano come il campione dai record genuini, forse insegnerà ancora a qualcuno come si corre e come si vince nell'onestà. Voi come lo ricorderete?
«Lo ricorderemo per sempre come la nostra leggenda, colui che ha saputo dare gran lustro alla città di Barletta, quando gareggiava Pietro la città era deserta, perché tutti erano a casa a guardarlo in tv. Al ritorno dopo aver vinto la città lo attendeva per fare gran festa, ma Pietro era una persona semplice, non amava essere esaltato, basta solo pensare che Pietro era Barletta e la nostra città si riconosce in lui. L'ho allenato, l'ho amato e qualche volta ci ho anche bisticciato, perché si sa anche questo fa parte della vita».
Il Coni ha organizzato la camera ardente a Roma, sarete presenti?
«Ci stiamo organizzando, ovviamente ci saremo, ma purtroppo come ho appreso chiamando la moglie Emanuela per farle le mie condoglianze, la salma non dovrebbe fare ritorno a Barletta, per volontà della stessa. Io personalmente avrei messo a disposizione la Cappella della mia famiglia per accogliere la sua salma, come quella di un figlio. Oggi mi recherò in chiesa a pregare per la sua anima, per colui che è scomparso in questo bellissimo giorno di equinozio di primavera».
Pietro Mennea ha ricevuto numerose onorificenze, tra cui la dedica di una delle stazioni della metro di Londra durante le olimpiadi. Voi gli siete sempre stati affianco, anche in questi momenti di grande orgoglio post carriera sportiva?
«Noi abbiamo cercato sempre di sostenerlo, anche se non è mai stato difficile visto i suoi numerosi successi e record imbattuti, ma in maniera particolare un atleta barlettano spesso amichevolmente chiamato "cavallo" gli è stato vicino anche nei momenti di sconforto, forse era uno dei pochi a sapere cosa avesse realmente. A me Pietro diceva "Quando guarirò ti racconterò della mia malattia"».