
Cronaca
Possibile intitolazione via a Sergio Ramelli, Stella Mele: «Polemica surreale»
La nota della consigliera di Fratelli d’Italia e firmataria della proposta
Barletta - giovedì 8 maggio 2025
22.40
«Per quanto non mi stupisca, trovo assolutamente surreale la polemica che si sta scatenando in Città sull'intenzione dell'amministrazione di dedicare uno spazio a Sergio Ramelli, brutalmente aggredito il 13 marzo 1975 e deceduto il 29 aprile successivo, vittima della violenza politica che ha segnato tragicamente gli anni di piombo nel nostro Paese»– è quanto dichiara Stella Mele, Consigliere Comunale di Fratelli d'Italia di Barletta e proponente dell'intitolazione.
«Non mi stupisce perché in ogni Città alla proposta di intitolazione si sono levati gli scudi di chi ancora non è in grado di superare la stagione dell'odio politico. Sergio Ramelli non era un pericoloso fascista, non aveva indossato il Fez né mai usato manganello ed olio di ricino. Sergio era uno studente che aveva fatto un tema nel quale aveva denunciato la violenza delle Brigate Rosse. Per questo motivo fu processato a scuola con la complicità dei professori, pestato di botte e costretto a cambiare scuola. Dopo il cambio di istituto, lo studente fu oggetto di scritte e telefonate intimidatorie ed, infine, ucciso a colpi di chiave inglese sotto casa sua. Sergio non morì subito. Sergio rimase per 47 giorni in coma. I suoi carnefici, non contenti di averlo ucciso, minacciarono la madre e il padre con telefonate anonime. Ai suoi funerali furono scattate fotografie con la scritta "piangono per un fascista".
I suoi assassini divennero medici, primari, illustri cattedratici. Quelli che uccisero Sergio Ramelli a colpi di chiave inglese sotto casa sua erano studenti di medicina, nessuno di loro ha mai conosciuto il carcere" – ha raccontato Stella Mele che ha aggiunto "era il tempo in cui si diceva "uccidere un fascista non è reato" e, quando parlavano dei fascisti, non si riferivano ai militanti della RSI, a Farinacci o a Starace, si riferivano a studenti come Sergio che avevano l'unica colpa di dire che le BR erano assassini"
"Quel clima d'odio oggi è terminato. Qualcuno vuole riportarlo in vita. A Barletta c'è Via Giacomo Matteotti. Matteotti aveva fatto un discorso alla Camera nel quale denunciava le violenze fasciste. Giustamente a Barletta, come in ogni città sono dedicate strade a Giacomo Matteotti" – ha proseguito Mele.
"Io credo che sia quanto mai opportuno ricordare tutte le persone che sono morte per la libertà e che sono state uccise perché colpevoli di aver denunciato la violenza politica e se a qualcuno tutto ciò non va bene è un problema suo. Io sogno un mondo in cui la violenza sia bandita dalla politica e tutte le vittime della violenza siano ricordate da tutti, senza distinzioni, perché la democrazia non è mai compatibile con l'odio ideologico che porta all'annientamento dell'altro.
Il caso Ramelli è diventato negli anni simbolo di una memoria difficile e, per troppo tempo, negata o distorta.
Ricordare Sergio Ramelli, oggi, significa riaffermare con forza che nessuna idea politica può mai giustificare la violenza. Significa educare le nuove generazioni al rispetto del pluralismo, al valore della convivenza e della dignità umana. Ricordare Ramelli non significa schierarsi su un piano politico o ideologico, ma riconoscere il valore della memoria condivisa, della condanna senza ambiguità di ogni forma di violenza, e della centralità del rispetto democratico anche – e soprattutto – verso chi la pensa diversamente.
A 50 anni da quei fatti– ha concluso il Consigliere Comunale – il nostro compito non è schierarci, ma ricordare, studiare e capire, affinché simili tragedie non si ripetano mai più».
«Non mi stupisce perché in ogni Città alla proposta di intitolazione si sono levati gli scudi di chi ancora non è in grado di superare la stagione dell'odio politico. Sergio Ramelli non era un pericoloso fascista, non aveva indossato il Fez né mai usato manganello ed olio di ricino. Sergio era uno studente che aveva fatto un tema nel quale aveva denunciato la violenza delle Brigate Rosse. Per questo motivo fu processato a scuola con la complicità dei professori, pestato di botte e costretto a cambiare scuola. Dopo il cambio di istituto, lo studente fu oggetto di scritte e telefonate intimidatorie ed, infine, ucciso a colpi di chiave inglese sotto casa sua. Sergio non morì subito. Sergio rimase per 47 giorni in coma. I suoi carnefici, non contenti di averlo ucciso, minacciarono la madre e il padre con telefonate anonime. Ai suoi funerali furono scattate fotografie con la scritta "piangono per un fascista".
I suoi assassini divennero medici, primari, illustri cattedratici. Quelli che uccisero Sergio Ramelli a colpi di chiave inglese sotto casa sua erano studenti di medicina, nessuno di loro ha mai conosciuto il carcere" – ha raccontato Stella Mele che ha aggiunto "era il tempo in cui si diceva "uccidere un fascista non è reato" e, quando parlavano dei fascisti, non si riferivano ai militanti della RSI, a Farinacci o a Starace, si riferivano a studenti come Sergio che avevano l'unica colpa di dire che le BR erano assassini"
"Quel clima d'odio oggi è terminato. Qualcuno vuole riportarlo in vita. A Barletta c'è Via Giacomo Matteotti. Matteotti aveva fatto un discorso alla Camera nel quale denunciava le violenze fasciste. Giustamente a Barletta, come in ogni città sono dedicate strade a Giacomo Matteotti" – ha proseguito Mele.
"Io credo che sia quanto mai opportuno ricordare tutte le persone che sono morte per la libertà e che sono state uccise perché colpevoli di aver denunciato la violenza politica e se a qualcuno tutto ciò non va bene è un problema suo. Io sogno un mondo in cui la violenza sia bandita dalla politica e tutte le vittime della violenza siano ricordate da tutti, senza distinzioni, perché la democrazia non è mai compatibile con l'odio ideologico che porta all'annientamento dell'altro.
Il caso Ramelli è diventato negli anni simbolo di una memoria difficile e, per troppo tempo, negata o distorta.
Ricordare Sergio Ramelli, oggi, significa riaffermare con forza che nessuna idea politica può mai giustificare la violenza. Significa educare le nuove generazioni al rispetto del pluralismo, al valore della convivenza e della dignità umana. Ricordare Ramelli non significa schierarsi su un piano politico o ideologico, ma riconoscere il valore della memoria condivisa, della condanna senza ambiguità di ogni forma di violenza, e della centralità del rispetto democratico anche – e soprattutto – verso chi la pensa diversamente.
A 50 anni da quei fatti– ha concluso il Consigliere Comunale – il nostro compito non è schierarci, ma ricordare, studiare e capire, affinché simili tragedie non si ripetano mai più».