Cronaca
Periferia di Barletta: non si può più aspettare l’emergenza
Cumuli di spazzatura occludono il campo nomadi di Barberini. La dignità deve riprender spazio sul degrado
Barletta - lunedì 16 settembre 2013
Aspettare l'emergenza: questo è ciò che a Barletta regna, una quiete soporifera che trascura molti problemi, prima che diventino urgenze. E' questa l'aria che si respira al campo rom di Barletta, da anni stabilmente stazionato oltre lo svincolo di Barberini, all'ombra di nuovi palazzoni in costruzione, tra cumuli di macerie ed immondizia. Risale al 31 dicembre 2010 una delibera di giunta, nell'arco dell'allora amministrazione Maffei, in cui si prometteva un maggior interesse, un gesto concreto a favore di quella comunità abbandonata a sé stessa. Occorrerebbe una struttura adeguata, con container e quell'importantissima cosa chiamata dignità, che sempre più spesso non fa più rima con promessa. Ad oggi il campo nomadi di Barberini è abitata da famiglie di etnia rom, all'incirca 30 persone, che per racimolare qualcosa raccattano ferri e pezzi vecchi, per poi rivenderli. Ci hanno chiesto di esser fotografati, di mostrare le loro facce al sindaco, di portare per loro la richiesta di una soluzione. L'attenzione per questo problema è da anni interesse temporaneo di natura elettorale, come la periferia diviene passivo bacino di voti, commutati per qualche banconota senza valore. A poco è servito un incontro richiesto qualche settimana fa al primo cittadino e agli assessori da parte di un gruppo di cittadini: i problemi urlano, ma le promesse sono a lunga conservazione.
Il degrado, non solo igienico, colpisce tutti i residenti dei quartieri di periferia. Il problema delle zanzare tigri, avvertito durante tutta l'estate, i litigi degli extracomunitari che affollano la mensa sociale, e poi le tante assenze, che rendono queste periferie la sottrazione morale ad una città che cresce ma non matura: l'assenza di un vigile di quartiere, l'assenza di un ufficio comunale di rilevanza, l'assenza di un centro per anziani funzionale, che possa garantire cultura e assistenza medica, l'assenza di attività di recupero che dissuadano i giovani dalla microcriminalità. Come soluzione, potrebbe essere incentivata la creazione di nuove attività commerciali, che sicuramente ravviverebbero la vita sociale del quartiere: il supermercato ad angolo tra via Barberini e via dei Pini, ad esempio, ampiamente frequentato, la sera chiude alle ore 8:45, mentre nei dintorni sembra che sia già calata notte, con la paura costante di rapine, sempre più spesso all'ordine del giorno nei quartieri periferici di Barletta (e non solo). Ci hanno raccontato una bella storia, sempre a proposito di rapine, ma questa volta a lieto fine: due anni fa un gruppo di ragazzini, approfittando del favore della notte, ha fatto esplodere il distributore automatico di profilattici all'esterno della farmacia Memoli, in fondo a via Barberini, per rubarne l'incasso. Avvertiti dal rumore dell'esplosione, un gruppo di residenti di quelle case popolari è sceso in strada per fermare i giovanissimi ladri e, con estremo coraggio, sono riusciti a recuperare il bottino, restituito l'indomani mattina al dottore della farmacia. Un gesto di eccessivo onore o sincero senso di cittadinanza?
Di fronte al degrado del campo rom, di fronte al discredito che colpisce immeritatamente una comunità il cui solo "demerito" è di esser nata in periferia, di fronte alla paura dei furti, all'assenza di luce e sicurezza, una città importante come Barletta non ha il dovere di intervenire e creare per i cittadini quelle condizioni di vita dignitose che richiedono a gran voce?
Non si può più aspettare l'emergenza. Non ci si può più accontentare di eventi e concertini, palliativi emotivi ma non fattivi. Non si può più continuare a vivere sull'orlo del degrado, cittadini di serie B di una città affamata di espansione, madre indifferente di figli desiderosi di una medicina che curi il loro isolamento. Non si può più restare a vedere, in silenzio, senza agire.
Il degrado, non solo igienico, colpisce tutti i residenti dei quartieri di periferia. Il problema delle zanzare tigri, avvertito durante tutta l'estate, i litigi degli extracomunitari che affollano la mensa sociale, e poi le tante assenze, che rendono queste periferie la sottrazione morale ad una città che cresce ma non matura: l'assenza di un vigile di quartiere, l'assenza di un ufficio comunale di rilevanza, l'assenza di un centro per anziani funzionale, che possa garantire cultura e assistenza medica, l'assenza di attività di recupero che dissuadano i giovani dalla microcriminalità. Come soluzione, potrebbe essere incentivata la creazione di nuove attività commerciali, che sicuramente ravviverebbero la vita sociale del quartiere: il supermercato ad angolo tra via Barberini e via dei Pini, ad esempio, ampiamente frequentato, la sera chiude alle ore 8:45, mentre nei dintorni sembra che sia già calata notte, con la paura costante di rapine, sempre più spesso all'ordine del giorno nei quartieri periferici di Barletta (e non solo). Ci hanno raccontato una bella storia, sempre a proposito di rapine, ma questa volta a lieto fine: due anni fa un gruppo di ragazzini, approfittando del favore della notte, ha fatto esplodere il distributore automatico di profilattici all'esterno della farmacia Memoli, in fondo a via Barberini, per rubarne l'incasso. Avvertiti dal rumore dell'esplosione, un gruppo di residenti di quelle case popolari è sceso in strada per fermare i giovanissimi ladri e, con estremo coraggio, sono riusciti a recuperare il bottino, restituito l'indomani mattina al dottore della farmacia. Un gesto di eccessivo onore o sincero senso di cittadinanza?
Di fronte al degrado del campo rom, di fronte al discredito che colpisce immeritatamente una comunità il cui solo "demerito" è di esser nata in periferia, di fronte alla paura dei furti, all'assenza di luce e sicurezza, una città importante come Barletta non ha il dovere di intervenire e creare per i cittadini quelle condizioni di vita dignitose che richiedono a gran voce?
Non si può più aspettare l'emergenza. Non ci si può più accontentare di eventi e concertini, palliativi emotivi ma non fattivi. Non si può più continuare a vivere sull'orlo del degrado, cittadini di serie B di una città affamata di espansione, madre indifferente di figli desiderosi di una medicina che curi il loro isolamento. Non si può più restare a vedere, in silenzio, senza agire.