La città
Napolitano a Barletta. «Presidente, vogliamo giustizia!»
Ricorderemo il bouquet di rose bianche di donna Clio. In Prefettura l’incontro privato coi parenti delle vittime
Barletta - sabato 5 novembre 2011
«Vogliamo giustizia!». L'urlo di Barletta, assiepata dietro una delle tante transenne germogliate in città per l'arrivo del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è quello che da un mese, da quel tragico 3 ottobre, continua a risuonare nelle nostre orecchie. Negli ultimi giorni, la Città della Disfida si è tirata a lucido per l'arrivo della massima autorità italiana, sebbene l'unico luogo veramente nevralgico di questa visita sono state le buie macerie del crollo di via Roma.
Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano è giunto ieri a Barletta, in visita privata seppur istituzionale, intorno alle ore 18:30. L'autovettura che accompagnava il Presidente, fedelmente scortato dalla sempre elegante moglie Clio, è giunta ai piedi del Palazzo della Prefettura, dove ad attendere Napolitano vi erano già il sindaco Nicola Maffei, il prefetto Carlo Sessa, il presidente della Bat Francesco Ventola, il sottosegretario Alfredo Mantovano e numerose autorità. Fra quelle mura, si è svolto il privato incontro fra il Presidente e le famiglie delle vittime del crollo, colloquio off limits a qualsiasi personalità della stampa. Ai legittimi e angosciosi interrogativi di quelle famiglie, che chiedevano perché mai si parlasse solo di lavoro nero dopo il crollo, Napolitano ha risposto rasserenando i loro dubbi, e dimostrando volontà di maggiore interessamento sulla questione. Al termine del colloquio, l'autovettura presidenziale ha condotto Napolitano proprio lì, sul luogo del crollo, in via Roma. Tanta, tantissima la gente che si è assiepata dietro le striminzite transenne, piuttosto arretrate per questioni di sicurezza e monitorate continuamente dalle Forze dell'Ordine. Uno striscione contro il lavoro nero è stato affisso su un balcone in via Borgo Vecchio, a pochi metri dalle macerie, e fra la folla, all'arrivo del Presidente, si sono innalzate urla ed esclamazioni. «Vogliamo giustizia!».
Nella tenue luce dei fari che illuminano di notte i freddi resti della palazzina crollata, donna Clio si è avvicinata alla polvere e ai calcinacci e ha posato un umile bouquet di rose bianche, proprio accanto ad un grande striscione tappezzato di pagine di giornali, e a caratteri cubitali i nomi delle cinque vittime: Antonella, Giovanna, Tina, Matilde, Maria. Forse, di questa breve e sfuggente visita istituzionale, ricorderemo questo semplice e simbolico omaggio di una donna ad altre donne, scomparse in una tragedia che non sarebbe dovuta accadere.
Ricorderemo anche le urla che, dopo un mese, sono ancora lì, che risuonano in via Roma, per chiedere giustizia, verità, responsabilità. Perché, nella giornata di ieri, la visita del presidente Napolitano è stata solo una fugace apparizione che ha lasciato ben poco spazio agli interrogativi e all'indignazione di tanti comuni cittadini. Forse poco rimarrà di quel colloquio privato, quasi intimistico, interdetto agli organi di informazione; poco rimarrà di quel saluto in via Roma, visibile soltanto da transenne distanti.
Il Presidente è già ripartito, lasciando Barletta così come l'ha trovata al suo arrivo: con gli stessi dubbi, con gli stessi striscioni e le stesse frasi di indignazione, con le stesse transenne – e forse ancora di più – a contenere calcinacci pericolanti e domande insoddisfatte.
Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano è giunto ieri a Barletta, in visita privata seppur istituzionale, intorno alle ore 18:30. L'autovettura che accompagnava il Presidente, fedelmente scortato dalla sempre elegante moglie Clio, è giunta ai piedi del Palazzo della Prefettura, dove ad attendere Napolitano vi erano già il sindaco Nicola Maffei, il prefetto Carlo Sessa, il presidente della Bat Francesco Ventola, il sottosegretario Alfredo Mantovano e numerose autorità. Fra quelle mura, si è svolto il privato incontro fra il Presidente e le famiglie delle vittime del crollo, colloquio off limits a qualsiasi personalità della stampa. Ai legittimi e angosciosi interrogativi di quelle famiglie, che chiedevano perché mai si parlasse solo di lavoro nero dopo il crollo, Napolitano ha risposto rasserenando i loro dubbi, e dimostrando volontà di maggiore interessamento sulla questione. Al termine del colloquio, l'autovettura presidenziale ha condotto Napolitano proprio lì, sul luogo del crollo, in via Roma. Tanta, tantissima la gente che si è assiepata dietro le striminzite transenne, piuttosto arretrate per questioni di sicurezza e monitorate continuamente dalle Forze dell'Ordine. Uno striscione contro il lavoro nero è stato affisso su un balcone in via Borgo Vecchio, a pochi metri dalle macerie, e fra la folla, all'arrivo del Presidente, si sono innalzate urla ed esclamazioni. «Vogliamo giustizia!».
Nella tenue luce dei fari che illuminano di notte i freddi resti della palazzina crollata, donna Clio si è avvicinata alla polvere e ai calcinacci e ha posato un umile bouquet di rose bianche, proprio accanto ad un grande striscione tappezzato di pagine di giornali, e a caratteri cubitali i nomi delle cinque vittime: Antonella, Giovanna, Tina, Matilde, Maria. Forse, di questa breve e sfuggente visita istituzionale, ricorderemo questo semplice e simbolico omaggio di una donna ad altre donne, scomparse in una tragedia che non sarebbe dovuta accadere.
Ricorderemo anche le urla che, dopo un mese, sono ancora lì, che risuonano in via Roma, per chiedere giustizia, verità, responsabilità. Perché, nella giornata di ieri, la visita del presidente Napolitano è stata solo una fugace apparizione che ha lasciato ben poco spazio agli interrogativi e all'indignazione di tanti comuni cittadini. Forse poco rimarrà di quel colloquio privato, quasi intimistico, interdetto agli organi di informazione; poco rimarrà di quel saluto in via Roma, visibile soltanto da transenne distanti.
Il Presidente è già ripartito, lasciando Barletta così come l'ha trovata al suo arrivo: con gli stessi dubbi, con gli stessi striscioni e le stesse frasi di indignazione, con le stesse transenne – e forse ancora di più – a contenere calcinacci pericolanti e domande insoddisfatte.