La città
Lo scrittore e l'autocritica
Il ruolo degli intellettuali a Barletta
Barletta - mercoledì 19 marzo 2014
Perché Barletta e i barlettani girano le spalle ad una moltitudine di scrittori, associazioni culturali e librerie? Perché leggono poco i libri scritti dagli stessi cittadini? La risposta andrebbe ricercata tra i soliti soggetti, cresciuti sotto la protezione delle sicure "ali istituzionali, comunali e clericali", responsabili della decadenza civile di Barletta. Dietro la banale equazione, ovvero: molti scrittori e pochi lettori, non vi è solo il barbaro abbandono diseducativo delle Amministrazioni. La causa reale è in un modo di scrivere e di pensare ossessionato dal pensiero unico delle stesse amministrazioni. Gli intellettuali di Barletta, di chiara matrice "gramsciana", vincolati da un doppio legame con la politica e il partito egemone, non sono altro che cattivi maestri degli ideali culturali e politici, i lettori lo sanno bene.
A Barletta non vi è intellettuale che non legga la realtà sociale o storica, secondo i canoni di una logica del potere autoreferenziale e personale. Se un tempo, a Barletta per dipanare discordie e fare giustizia ai mille soprusi, anche tra intellettuali o tra cittadini, soccorrevano autorità clericali e famiglie patrizie, chi sarebbero oggi i difensori della dignità personale? Lo Stato o gli stessi vessatori, autoreferenziali di un potere personale? In un'epoca tragica di crisi di valori, quali certezze infonderebbero i nostri bravi scrittori e pensatori? L'industria culturale che omologa il gregge di pecoroni al nefasto culto del materialismo di un potere vessatorio? Oppure sarebbe meglio rintracciare nella memoria cittadina fili di luce e di speranza certa nei depositi ammuffiti di una storia edificante e sdolcinata solo per gli allocchi di sempre? Piuttosto che pensare agli ideali culturali come inutile industriale, perché non ripensare al paziente lavorio verso una nuova e possibile identità storica e civile di Barletta, come città marinara?
Se l'intellettuale, come il politico, ambisce al ruolo di moderno principe del potere di se stesso, da dove verrebbe questa forza? Dal consenso di un popolo ricacciato nella selva oscura delle soggettive ambizioni, oppure dalla capacità del buon governo, unico sforzo per distinguere il bene dal male? In una società che naviga tra mille pericoli e incertezze, dove la giustizia penale e civile - direbbe Ruggiero Daloiso - fa da carburante alla politica, perché molti lettori su questo giornale, assillano il sottoscritto nel chiedere interventi e opinioni, sebbene io stesso non conti nulla in politica? Se il Pd Regionale, ebbe a convocarmi nei suoi cosiddetti Stati Generali della cultura, quale la cultura dei senza Dio e dei senza padri?
Perché quei pochi veri scrittori locali, si azzuffano sulle testate giornalistiche, per motivi futili e banali? Perché non cercano insieme di fare bene e meglio, ciò che credono di saper fare? Perché gli uni si credono degli Scalfarini di turno? Oppure perché dilaga in Barletta la peste della sindachite, ove tutti scimmiottano il ruolo e la presunta autorità del Primo cittadino? Se tutti credono di decidere e pensare al suo posto, cosa avrebbero deciso finora i sindaci? Una cosa è certa: se gli scrittori non fanno autocritica sul primato della loro litigiosità prevaricante e poco onesta, almeno non si atteggino da autorevoli soggetti super partes, per rispetto civico ai loro stessi rintronati, esausti e disillusi lettori. E' tutta questa l'identità della Grande bellezza, come pensiero estetico di cui ci gloriamo?
[Dott. Nicola Palmitessa - La cittadella Innova]
A Barletta non vi è intellettuale che non legga la realtà sociale o storica, secondo i canoni di una logica del potere autoreferenziale e personale. Se un tempo, a Barletta per dipanare discordie e fare giustizia ai mille soprusi, anche tra intellettuali o tra cittadini, soccorrevano autorità clericali e famiglie patrizie, chi sarebbero oggi i difensori della dignità personale? Lo Stato o gli stessi vessatori, autoreferenziali di un potere personale? In un'epoca tragica di crisi di valori, quali certezze infonderebbero i nostri bravi scrittori e pensatori? L'industria culturale che omologa il gregge di pecoroni al nefasto culto del materialismo di un potere vessatorio? Oppure sarebbe meglio rintracciare nella memoria cittadina fili di luce e di speranza certa nei depositi ammuffiti di una storia edificante e sdolcinata solo per gli allocchi di sempre? Piuttosto che pensare agli ideali culturali come inutile industriale, perché non ripensare al paziente lavorio verso una nuova e possibile identità storica e civile di Barletta, come città marinara?
Se l'intellettuale, come il politico, ambisce al ruolo di moderno principe del potere di se stesso, da dove verrebbe questa forza? Dal consenso di un popolo ricacciato nella selva oscura delle soggettive ambizioni, oppure dalla capacità del buon governo, unico sforzo per distinguere il bene dal male? In una società che naviga tra mille pericoli e incertezze, dove la giustizia penale e civile - direbbe Ruggiero Daloiso - fa da carburante alla politica, perché molti lettori su questo giornale, assillano il sottoscritto nel chiedere interventi e opinioni, sebbene io stesso non conti nulla in politica? Se il Pd Regionale, ebbe a convocarmi nei suoi cosiddetti Stati Generali della cultura, quale la cultura dei senza Dio e dei senza padri?
Perché quei pochi veri scrittori locali, si azzuffano sulle testate giornalistiche, per motivi futili e banali? Perché non cercano insieme di fare bene e meglio, ciò che credono di saper fare? Perché gli uni si credono degli Scalfarini di turno? Oppure perché dilaga in Barletta la peste della sindachite, ove tutti scimmiottano il ruolo e la presunta autorità del Primo cittadino? Se tutti credono di decidere e pensare al suo posto, cosa avrebbero deciso finora i sindaci? Una cosa è certa: se gli scrittori non fanno autocritica sul primato della loro litigiosità prevaricante e poco onesta, almeno non si atteggino da autorevoli soggetti super partes, per rispetto civico ai loro stessi rintronati, esausti e disillusi lettori. E' tutta questa l'identità della Grande bellezza, come pensiero estetico di cui ci gloriamo?
[Dott. Nicola Palmitessa - La cittadella Innova]