Rotterdam central station
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Cronaca

Licenziati a Rotterdam a causa del COVID-19. Il rientro a Barletta

Un viaggio di ritorno durato ben tre giorni: tra cancellazioni, cambi improvvisi e una notte in stazione. Adesso sono a casa: in quarantena

Nel giro di poche ore, le stazioni ferroviarie furono prese d'assalto. L'immagine del primo esodo serale dalle regioni del nord verso quelle del sud Italia si è aggiunto alla straziante sequela di pagine che i nuovi libri di storia riserveranno al Coronavirus. Un'azione che ha di fatto aggravato la situazione già drammatica del numero dei contagi in Puglia. Una decisione, forse, impulsiva. La storia che vogliamo raccontarvi è di un rientro in patria obbligato. Si tratta di tre giovanissimi di Barletta costretti a tornare a casa, dopo aver vissuto a Rotterdam, perché senza più un lavoro. Un viaggio di ritorno durato ben tre giorni, tra cancellazioni, cambi improvvisi e una notte in stazione. Adesso sono a casa: in quarantena.

Rotterdam è la vostra casa da circa un anno. Qual è la ragione per cui avete deciso di lasciare quella d'origine?
«Siamo tre ragazzi di 21, 23 e 26 anni. Abbiamo deciso di partire proprio perché, come tanti ragazzi, speravamo di trovare opportunità migliori rispetto a quelle che avevamo a Barletta. Quelle opportunità che ci permettono di poter condurre una vita dignitosa senza dover essere di peso per le nostre famiglie, o poter studiare e accrescere le nostre potenzialità in condizioni adeguate. Opportunità che purtroppo a Barletta, e in Italia ci sono state negate. Come per molti altri ragazzi e ragazze, questa scelta non è stata facile ma necessaria».

Anche l'Olanda è caduta nel baratro a causa del COVID-19. Come ha reagito ai primi contagi?
«Inizialmente la situazione qui in Olanda sembrava abbastanza tranquilla. Il governo e la popolazione non erano preoccupati e vi era la convinzione che tutto si sarebbe presto risolto senza neanche troppe difficoltà. Ma con il passare del tempo tutto è peggiorato. Il governo si è spaccato in due: una parte preoccupata e l'altra meno. Ha provveduto ad emanare alcuni provvedimenti per limitare le attività di ristorazione solo all'asporto, cancellare tutti gli eventi pubblici e dimezzare le corse dei mezzi pubblici. Il resto delle attività invece sono libere di adottare le precauzioni che credono migliori. Non c'è un vero e proprio obbligo a rimanere a casa, per lo più si cerca di sensibilizzare i cittadini chiedendo loro di uscire solo per lo stretto necessario. La cosa che preoccupa di più al governo olandese, in questo momento, è cercare di non mandare il paese in lockdown ed evitare di entrare in una situazione di crisi. Ma la maggior parte della popolazione chiede provvedimenti più seri, ha paura e non si sente protetta dallo stato.
Arrivati a questo punto la tensione è cresciuta parecchio. Lo stesso ministro della salute ha deciso di dimettersi, sviene in diretta nazionale per via dello stress accumulato e del quadro generale che non riesce a gestire. La gente è confusa e spaventata».

Descriveteci attualmente la città di Rotterdam.
«Anche qui la situazione è inverosimile. I supermercati sono spesso pressi d'assalto e gli scaffali sono quasi sempre vuoti. Si cerca di non uscire e rispettare i consigli del governo, ovviamente c'è una percentuale che continua a vivere come se nulla fosse. I pochi mezzi pubblici che girano sono quasi sempre vuoti; per le strade non cammina quasi nessuno, il che è surreale per una città affollata come Rotterdam. Si iniziano a scorgere i primi volti coperti dalle mascherine e le attività rimaste aperte fanno entrare massimo 3/5 persone alla volta.

Perché avete deciso di tornare a Barletta, invece di attendere che le acque si acquietino?
«Abbiamo perso il lavoro. Noi due, lavoravamo in una grande catena di Italian fast food che ha iniziato a dimezzare il personale quando ha notato che la clientela (costituita per la maggior parte da turisti) ha iniziato a scarseggiare. Tutto ciò è successo prima che l'Olanda entrasse in emergenza quindi prima che emanassero quei pochi provvedimenti a tutela dei lavoratori. Di conseguenza siamo rimasti senza copertura. Ci siamo subito messi alla ricerca di un altro lavoro, ma non ci è voluto molto per capire che sarebbe stato impossibile. Il lavoro a Rotterdam non manca mai, in altre circostanze non avremmo avuto problemi di nessun tipo per trovarlo, ma con l'emergenza sanitaria alle porte, le attività erano impegnate a smaltire personale piuttosto che assumerlo. Alla fine ci siamo ritrovati senza lavoro, con budget limitatissimo, con affitto e bollette da pagare e il morale sotto i piedi».

Tre giorni per tornare a casa. Raccontateci il vostro viaggio.
«Dopo mille chiamate siamo venuti a conoscenza di alcuni voli organizzati dalla Farnesina per il rimpatrio. Siamo riusciti a prenotare un volo da Bruxelles a Roma. Ci siamo mossi un giorno prima per essere più sicuri, così sabato eravamo a Bruxelles. Non è stato facile capire come arrivare, tutte le informazioni che abbiamo avuto non erano mai sicure, sempre molto vaghe».

Da qui in poi siamo rimasti in contatto con i ragazzi fino a oggi, perché ritardi e treni cancellati hanno rallentato il loro rientro. Domenica pomeriggio hanno preso il volo per Roma: era l'ultimo in partenza per l'Italia. Sono arrivati in Italia alle ore 21:30 e qui hanno appreso che non vi erano treni per proseguire la tratta. Si susseguono tanti vocali: in ognuno il programma è diverso dal precedente. Ieri mattina la conferma: un treno per arrivare a Napoli, un altro per Benevento, un autobus a Foggia e poi il treno regionale per Barletta. Alle ore 20:30 sono arrivati a casa.

«Abbiamo avvisato i nostri medici di famiglia, compilato le dovute certificazioni per autosegnalarci. Adesso resteremo in isolamento totale per 15 giorni, senza entrare in contatto con le nostre famiglie per evitare possibili contagi. Sono solidale con i ragazzi e le ragazze che hanno deciso di rimanere lontani da casa, avremmo voluto farlo anche noi. Ci abbiamo provato fino a ora. Vorrei dire che tutto andrà per il verso giusto, ma non ne sono per niente convinto. Noi ci siamo sentiti dispersi e in questo credo che l'Italia ci abbia un po' trascurato. Non rimane che restare uniti. Adesso dobbiamo ridisegnare le nostre priorità creando un futuro meno ostile per tutti».
4 fotoDi ritorno da Rotterdam, tre barlettani perdono il lavoro
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