Religioni
«Laudato sì, Mi signore, per sor acqua, utile et preziosa et casta»
Documento redatto dal Centro Missionario Diocesano. Riflessioni sul referendum e i quesiti sull'acqua pubblica
Barletta - mercoledì 8 giugno 2011
Pubblichiamo il testo integrale del documento sul referendum relativo all'acqua redatto dal Centro Missionario Diocesano, diretto da Don Rino Caporusso
Sì corali: Laudato sì, Mi signore, per sor aqua, la quale è multo utile et umile et preziosa et casta.
«Così cantava il serafico Francesco nel suo Cantico delle creature! Ma che vuol dire casta? Castità è amare senza possedere, quindi senza nessuna forma di egoismo e il poverello di Assisi non a caso attribuisce questa virtù proprio a sor aqua perché essa è l'emblema del farsi dono a tutti e per tutti.
La parafrasi di una periodo così bello potrebbe già bastare di per sé per scandagliare le derive capitalistiche che non si fermano nemmeno dinanzi a un bene così prezioso qual è l'acqua. Ma non ci fermiamo a questo e rendiamo ragione della nostra posizione con argomenti di tipo razionale. Per molti l'acqua è definita un patrimonio ma a noi questa dicitura proprio non piace, con buona pace del Parlamento Europeo e del Comitato Internazionale che rispettivamente nel 2000 e nel 1998 così la definirono. E il motivo per cui ci sta sullo stomaco è perché l'accezione di tale concetto è troppo spiccatamente economica e fino a quando adopereremo questa terminologia continueremo a prestare il fianco a chi considera l'acqua alla stessa stregua di tutte le altre cose mercificabili. Perché l'acqua è più che un patrimonio: è un Bene Comune! Appartiene all'umanità ed è destinata all'umanità. Questo è l'assioma incontrovertibile da cui si deve partire per ogni tipo di discussione sulla liberalizzazione della gestione dell'acqua fortemente voluta dalle banche, dai grandi gruppi finanziari e dalle lobby di grandi imprese multinazionali.
Conosciamo anche gli sciagurati tentativi di chi vuole giustificare una così nefasta legge, che ricordiamo è già vigente e che col referendum abrogativo la comunità italiana è chiamata a mettere in discussione. Sono diversi e noi ne prendiamo in considerazione due perché rappresentano le colonne portarti di tutto questo subdolo sistema. Cadendo queste non vi restano che macerie. Il primo consiste nel divertirsi a giocare con le parole. Non si tratta, dicono, di privatizzazione ma di liberalizzazione. Infatti la legge Ronchi approvata definitivamente il 2009 parla di liberalizzazione così da aver aperto il mercato della gestione di questi servizi anche ai soggetti privati evitando così il controllo (il monopolio lo chiamano loro) degli enti locali (l' in house). Ma questa modalità ha già procurato un innalzamento delle tariffe e ha creato quella che da qualche anno a questa parte viene chiamata la "casta dell'acqua. Nulla di nuovo sotto il cielo perché alle S.P.A. non interessa il bene dei cittadini perché sono avidi solo di dividendi, di utili e di guadagni.
Pertanto sostenendo che ad essere privatizzata sarebbe solo la gestione dell'acqua, ovvero i tantissimi servizi, interventi e manutenzioni che permettono a questa di passare dalla fonte ai rubinetti, provano a tenerci tranquilli con il fatto che comunque la proprietà (la fonte) rimane demaniale. Ma cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia! Per cui anche la gestione deve rimanere pubblica perché solo così si evita di mercificare un bene così unico e di giocare a rimpiattino.
L'altro tentativo di difendere la Legge sulla privatizzazione dell'acqua si fonda sull'incapacità (alcune volte vera) di molte amministrazioni pubbliche di gestire bene il sistema idrico. Ma il gioco non vale la candela perché la politica (con la Magistratura) deve presiedere alla verifica delle eventuali negligenze delle amministrazioni e agire con eventuali sanzioni. Dovrebbe combattere la corruzione, l'inefficienza, gli sprechi e non giustificarli o far finta di niente per poi servirsene come un grimaldello per sottrarre la gestione agli enti pubblici.
Allora si voti con un Sì corale per abrogare questa spazzatura: in questi tempi di vacche magre in cui si vocifera che finite le guerre per il petrolio ci prepareremo a quelle per l''accaparramento dell'acqua (l'oro blu), non è proprio la legge che serve a questo Paese. L'Italia ha altre priorità che il Governo fa fatica a vedere e a risolvere. Ma non è il caso di sparare sulla Croce Rossa perché questa è un'altra storia».
Dal Centro Missionario Diocesano:
la Commissione Evangelizzazione dei Popoli e Cooperazione tra le Chiese di Trani-Barletta-Bisceglie
Sì corali: Laudato sì, Mi signore, per sor aqua, la quale è multo utile et umile et preziosa et casta.
«Così cantava il serafico Francesco nel suo Cantico delle creature! Ma che vuol dire casta? Castità è amare senza possedere, quindi senza nessuna forma di egoismo e il poverello di Assisi non a caso attribuisce questa virtù proprio a sor aqua perché essa è l'emblema del farsi dono a tutti e per tutti.
La parafrasi di una periodo così bello potrebbe già bastare di per sé per scandagliare le derive capitalistiche che non si fermano nemmeno dinanzi a un bene così prezioso qual è l'acqua. Ma non ci fermiamo a questo e rendiamo ragione della nostra posizione con argomenti di tipo razionale. Per molti l'acqua è definita un patrimonio ma a noi questa dicitura proprio non piace, con buona pace del Parlamento Europeo e del Comitato Internazionale che rispettivamente nel 2000 e nel 1998 così la definirono. E il motivo per cui ci sta sullo stomaco è perché l'accezione di tale concetto è troppo spiccatamente economica e fino a quando adopereremo questa terminologia continueremo a prestare il fianco a chi considera l'acqua alla stessa stregua di tutte le altre cose mercificabili. Perché l'acqua è più che un patrimonio: è un Bene Comune! Appartiene all'umanità ed è destinata all'umanità. Questo è l'assioma incontrovertibile da cui si deve partire per ogni tipo di discussione sulla liberalizzazione della gestione dell'acqua fortemente voluta dalle banche, dai grandi gruppi finanziari e dalle lobby di grandi imprese multinazionali.
Conosciamo anche gli sciagurati tentativi di chi vuole giustificare una così nefasta legge, che ricordiamo è già vigente e che col referendum abrogativo la comunità italiana è chiamata a mettere in discussione. Sono diversi e noi ne prendiamo in considerazione due perché rappresentano le colonne portarti di tutto questo subdolo sistema. Cadendo queste non vi restano che macerie. Il primo consiste nel divertirsi a giocare con le parole. Non si tratta, dicono, di privatizzazione ma di liberalizzazione. Infatti la legge Ronchi approvata definitivamente il 2009 parla di liberalizzazione così da aver aperto il mercato della gestione di questi servizi anche ai soggetti privati evitando così il controllo (il monopolio lo chiamano loro) degli enti locali (l' in house). Ma questa modalità ha già procurato un innalzamento delle tariffe e ha creato quella che da qualche anno a questa parte viene chiamata la "casta dell'acqua. Nulla di nuovo sotto il cielo perché alle S.P.A. non interessa il bene dei cittadini perché sono avidi solo di dividendi, di utili e di guadagni.
Pertanto sostenendo che ad essere privatizzata sarebbe solo la gestione dell'acqua, ovvero i tantissimi servizi, interventi e manutenzioni che permettono a questa di passare dalla fonte ai rubinetti, provano a tenerci tranquilli con il fatto che comunque la proprietà (la fonte) rimane demaniale. Ma cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia! Per cui anche la gestione deve rimanere pubblica perché solo così si evita di mercificare un bene così unico e di giocare a rimpiattino.
L'altro tentativo di difendere la Legge sulla privatizzazione dell'acqua si fonda sull'incapacità (alcune volte vera) di molte amministrazioni pubbliche di gestire bene il sistema idrico. Ma il gioco non vale la candela perché la politica (con la Magistratura) deve presiedere alla verifica delle eventuali negligenze delle amministrazioni e agire con eventuali sanzioni. Dovrebbe combattere la corruzione, l'inefficienza, gli sprechi e non giustificarli o far finta di niente per poi servirsene come un grimaldello per sottrarre la gestione agli enti pubblici.
Allora si voti con un Sì corale per abrogare questa spazzatura: in questi tempi di vacche magre in cui si vocifera che finite le guerre per il petrolio ci prepareremo a quelle per l''accaparramento dell'acqua (l'oro blu), non è proprio la legge che serve a questo Paese. L'Italia ha altre priorità che il Governo fa fatica a vedere e a risolvere. Ma non è il caso di sparare sulla Croce Rossa perché questa è un'altra storia».
Dal Centro Missionario Diocesano:
la Commissione Evangelizzazione dei Popoli e Cooperazione tra le Chiese di Trani-Barletta-Bisceglie