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La televisione che passione...anche in periferia

Evoluzione di un media. Cambiamenti di un paese

Il piccolo schermo venne chiamato così non per le sue dimensioni ma per essere entrato nelle case degli italiani come un nascituro, che divenendo adulto avrebbe, e i fatti gli hanno dato ragione, rivoluzionato o meglio cambiato i costumi di una società in bilico tra il gattopardesco, che tradotto in lingua corrente sta a significare il cambiamento mimetizzato dal tenace immobilismo, e l'anelito verso la libertà delle idee che dovrebbero camminare col Paese. E' doveroso aggiungere che gli inizi dell'era televisiva sono stati improntati ad una sana politica di alfabetizzazione di una parte della popolazione, che avrebbe abbandonato i campi per correre incontro alle sirene di una incalzante industrializzazione, in cui le braccia non costituivano il solo elemento del rapporto di lavoro e in cui il bracciantato e ogni forma di lavoro precario si consacravano nelle forme certe e contrattuali del lavoro fisso per di più a tempo indeterminato.

Poi passato il tempo di una produzione cinematografica, ancora legata alle sofferenze degli italiani per le note vicende belliche, il piccolo schermo cominciò a riversare, nelle ore serali, programmi incentrati sui quiz, che calamitarono milioni di spettatori, divisi talune volte alla stregua delle opposte tifoserie. Mentre i costumi, quelli morali, si sottraevano alla censura fiorivano però spettacoli prossimi alla rivista mentre la medesima si estingueva, rifugiandosi in qualche superstite teatro come il capitolino Iovinelli, a dimensioni umane e popolari inossidabile palestra artistica per quei comici divenuti poi famosi. Col trascorrere del tempo le ballerine si denudavano ancor di più il che avveniva a scapito della bontà della rappresentazione, che cedeva il passo alla pochezza o alla banalità dei testi artistici, ai cui autori certamente difettava la satira intelligente maestra di valori e fustigatrice di vizi pubblici e privati.

Un fenomeno insolito prima e positivo poi è quello del sorgere delle tv private, i cui primi passi si consumano tra l'andirivieni dalla cucina alla sala di trasmissione dei componenti del clan familiare oppure tra la consumazione della prima pietanza e la seconda. Per le annunciatrici, si cerca tra le giovani donne, non solo carine, ma anche spigliate e tutte si guadagnano un po' di popolarità, che, nella provincia italiana, viene raggiunta con il piccolo schermo. Negli anni "80 e "90 le emittenti private compiono passi da gigante e la loro attenzione si rivolge in prevalenza al calcio, perché gli altri sport come la pallacanestro o la pallavolo sono un tantino elitari.

La politica viene tenuta nel freezer e scongelata nei momenti elettorali di maggiore opportunità, il che è fomite di una politica non libera ma legata da laccioli, niente affatto promotori di seri e proficui dibattiti sulle problematiche, esistenti e sempre lontane dalla loro migliore soluzione. Forse il vento della libertà che ha soffiato come e più della bora sui territori che si affacciano sul Mediterraneo ha contagiato un giornalista di una tv regionale di nome Michele, conduttore di lungo corso di trasmissioni "politiche", a dire fuori onda, come la pensava senza mezzi termini, all'ospite un personaggio politico di livello periferico rimasto attonito per la veemenza verbale del giornalista, emulo per certi tratti di Alberto Sordi in "Una vita difficile".
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