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La città

L'ultimo dell'anno, come sarà il 2021 per i barlettani?

Una città più che mai divisa tra speranza e incertezze da bella ed incompiuta qual è da tempo immemore

Prima di iniziare, una precisazione ci pare doverosa: stia tranquillo il lettore, non è nostra intenzione quella di fare l'oroscopo alla città, anche perché per fare gli oroscopi bisognerebbe innanzitutto crederci, e per crederci a questo punto della nostra vita avremmo già dovuto possedere un patrimonio degno di un petroliere texano da quanta prosperità e ricchezza negli ultimi decenni hanno vaticinato per noi gli astri.

Quel che è nostra intenzione fare è provare con lucidità ad immaginare lo scenario che ci attende a breve termine viste le drammatiche vicissitudini che questo ormai morente 2020 ci ha riservato.

La prima nostra riflessione riguarda proprio l'anno che sta andando via e che in tanti non vedono l'ora di mandare lì dove non batte il sole. Come se si avesse già l'irrazionale certezza - e non solo il più che comprensibile auspicio - che il 2021 debba per forza essere migliore. La Barletta che tra qualche ora entrerà nel 2021 è tutto sommato la solita Barletta. Una città più che mai divisa tra speranza e incertezze da bella ed incompiuta qual è da tempo immemore. Una città che vorrebbe cambiare ma che, forse inconsciamente o forse no, non ha la benché minima voglia di farlo.

A cominciare da quando è chiamata alle urne per scegliere i propri rappresentanti: in pratica sempre gli stessi da un paio di decenni almeno. E i risultati non possono che essere sempre gli stessi: maggioranze instabili, ma durature, sindaci spesso costretti più a mediare che ad agire, e vari reggicoda alla perenne caccia di incarichi. In sostanza una sorta di precarietà endemica nella quale, a onor del vero, da qualche anno pare già essere un'importante conquista riuscire ad approvare in tempo il bilancio e a non procedere in "dodicesimi".

Ma come spesso si dice, le istituzioni democraticamente elette altro non sono in fondo che lo specchio perfetto della società. Una società, quella barlettana, piuttosto inquieta, soprattutto dal punto di vista socio-economico. Un'inquietudine che il ciclone Covid non ha fatto che acuire ulteriormente, viste le gravi difficoltà a cui stanno andando incontro tanti piccoli imprenditori.

E a proposito di Covid (particolarmente aggressivo ultimamente nella nostra città), tra vaccini approvati e non, tra seconde, terze, quarte e quinte ondate previste, tra no vax e ultras dei televirologi (Dio, o chi per lui, ci salvi dagli uni e dagli altri), alzi la mano chi ci ha capito qualcosa. E soprattutto qualcuno ci spieghi come fa ad esempio un imprenditore della ristorazione (dei quali è piena Barletta) a programmare il proprio lavoro e i propri investimenti in questo scenario che definire kafkiano, otre che drammatico, ci pare estremamente riduttivo. Certo, oggi ci sono i famosi "ristori", ma una volta finito l'incubo Covid come la mettiamo con la pletora di tasse che Bruxelles ci imporrà ( e che noi come sempre accetteremo supinamente) per far fronte ad un debito pubblico ormai prossimo al 200% del PIL?.

Ma il 2021 - e con questo smetto di fare la Cassandra ("tirapiedi" per chi è a digiuno di letteratura greca) - dovrebbe finalmente essere, dopo infinite vicissitudini, l'anno della rinascita dello stadio "Cosimo Puttilli", un vero e proprio gioiellino di impiantistica sportiva, specialmente se confrontato con la tragicomica situazione delle realtà limitrofe. L'ideale trampolino di lancio per quella che, si spera, dovrebbe essere la definitiva rinascita biancorossa. Il tanto atteso salto di qualità che dovrebbe permettere alla Barletta sportiva di tornare a emozionarsi per il presente e non per le sole commemorazioni, tutte rigorosamente post-mortem, riguardanti le grandi imprese di Pietro Mennea. Non si ricordano infatti (mi si perdoni la franchezza) tanti salamelecchi in occasione del decennale, del ventennale e del tentennale di record e ori olimpici, quando la Freccia del Sud era ancora in vita.

Sempre in tema di sport, il 2021 sarà inoltre anno di affascinanti interrogativi. Vedremo la bravissima Eleonora Alvisi esordire in un torneo del Grande Slam? Come si comporterà Veronica Inglese alle Olimpiadi di Tokio? Come sarà la nuova McLaren motorizzata Mercedes, guidata da Daniel Ricciardo e Lando Norris e soprattutto progettata, tra gli altri, anche dal nostro concittadino Luigi De Martino Norante?

Ce la faranno, Covid permettendo, i Mad Bulls a vincere il campionato nazionale di Football Americano di Terza Divisione dopo averlo sfiorato due stagioni fa? Parlare di sport, a prescindere dai risultati, ci induce a pensare positivo. Ci induce ad auspicare una svolta per la nostra città che non può e non deve prescindere dai giovani, gli artefici del nostro futuro. E tale futuro è più che mai oggi, visto che il 2020 è stato per i nostri ragazzi un anno tra i più neri che si ricordino tra baby gang, vandalismo, maleducazione, consumo e spaccio di stupefacenti e, ultima ma non certo per drammaticità, la tragedia dei tre ragazzi morti in via Andria in quel maledetto incidente del 15 luglio.

Questo è il drammatico conto che ci presentano anni ed anni passati a concepire i giovani barlettani più come carne da movida che altro. Si perché in materia di "politiche giovanili" in questi anni le parole sono state (non solo a Barletta) inversamente proporzionali ai fatti. Sarebbe quindi ora di invertire la rotta, altrimenti, a prescindere dal Covid, di "2020" ne vedremo tanti, e forse peggiori.
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