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Territorio

L'economia, che pugni ragazzi

Unione Europea, denaro, insolvenza, Germania, miti e mutui fasulli. Guai per l'Italia dall'economia traballante

C'è ancora qualcuno che crede alla possibilità che i paesi europei possano sottrarsi alla sorte, in cui versa la Grecia, pensando che la stessa sia in grado di ripagare il suo debito, in gran parte, nelle mani di banche francesi, tedesche e inglesi e anche della Bce oppure rinegoziarlo a tassi accettabili mentre le politiche che impone l'Ue annientano ogni possibilità di ripresa. Chi, addirittura, pensa che l'economia italiana possa tornare a crescere in una situazione, interamente, controllata dai big della finanza internazionale ovvero quella stessa finanza, che, dopo aver mandato in rovina milioni di clienti irretiti da mutui fasulli, di risparmiatori ingannati da titoli di carta straccia, di imprese rimaste senza credito, e che, ora, sta scommettendo sul fallimento di quegli stati che si sono svenati per salvarla, riservando il medesimo trattamento ai loro cittadini.

In Italia, si è cominciato a pensare come si governa l'economia di un paese insolvente, magari in compagnia di altri, che versano nelle medesime condizioni. Forse non è una prospettiva immediata, nemmeno una mera ipotesi di scuola, ma entrambe meritevoli di qualche attenzione. Gli economisti che possono provvedere in tal senso, non mancano, alla stregua degli esempi a cui rifarsi e l'ultimo, in ordine di tempo, è quello relativo all'Argentina, che, dal default, non è uscita neanche tanto male, grazie, soprattutto, al fatto che lavoratori e comunità hanno preso in mano il destino di molte aziende altrimenti condannate alla chiusura. Il secondo dopoguerra, quello del 1945, è stato caratterizzato dalla moltitudine di Stati insolventi, tra questi l'Italia e la Germania, quest'ultima un caso interessante, per la circostanza che le è stato azzerato il debito pubblico e il valore della moneta, e, per di più, è stato distribuito ai suoi cittadini una piccola somma ai fini di ricominciare. Non è possibile ripercorrere strade già tracciate, perché, oggi, c'è l'euro, che, prima di affossarlo, abbisogna di un irrinunciabile azzeramento del patto di stabilità. Resta il fatto che una maggiore apertura mentale, nel prospettare gli scenari di domani, sarebbe cosa utile e giusta. Comunque il vento sta cambiando e necessita attrezzarsi e mettersi al passo, perché cambiare il mondo si può. Allorquando, gli Stati Uniti sono entrati nel secondo conflitto mondiale, in un breve lasso di tempo, hanno convertito il proprio apparato produttivo per far fronte alle esigenze della produzione bellica; poi, lo hanno trasformato ai fini di affrontare le aspettative di pace. Oggi, però, si è in guerra contro i cambiamenti climatici, per cui è necessaria una conversione ecologica del sistema produttivo e dei modelli di consumo dominanti, il che non può avvenire senza liberarsi anche dalla cappa, che la finanza internazionale ha steso sull'economia mondiale e sulla vita di tutti.
  • Crisi economica
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