Territorio
«I padroni dell’acqua ce la faranno pagare cara e ci avveleneranno»
Un'ulteriore riflessione del docente universitario Quarto. «Ogni goccia è un bene prezioso per l'umanità»
Barletta - sabato 11 giugno 2011
Dopo le attente riflessioni già pubblicate da Barlettalife a firma del docente universitario Ruggiero Quarto, pubblichiamo un'ulteriore riflessione, fra ricordi d'infanzia e saggezza popolare, del professore, che dimostra ancora una volta una privilegiata attenzione nei confronti del nostro portale e dei nostri lettori.
«Vedrai, i padroni dell'acqua ce la faranno pagare cara e ci avveleneranno. Meglio l'acqua del nostro pozzo». La mia ammirazione per lui era talmente grande che volevo credergli. Lo vedevo enorme, sia fisicamente, per la sua notevole corporatura, e sia per la considerazione che un vegliardo come lui godeva nel quartiere. Era proverbiale la sua saggezza e bontà. Era conosciuto come il "nonno dell'acqua". Permetteva a tutti di accedere al suo pozzo e di prelevare acqua fresca e limpida. Correvano gli anni sessanta e l'acqua in casa, nel mio quartiere contadino, era una rarità. Da bambino pendevo dalle sue labbra. Mi raccontava le storie di Orlando e Astolfo, di Don Michele dei pupi. Mi insegnava a "parlare" con animali e piante. Mi spronava a ringraziare sempre il Signore. Dopo ogni bevuta della sua gustosa acqua non mancava l'esclamazione: «Benedetto Dio!». Mi aveva insegnato come riconoscere l'acqua pura da quella impura. Se avessi avuto qualche dubbio, bastava bere dopo gli asini, anche nello stesso secchio, quando si conviveva con gli asini. Volevo credergli, ma, diventando giovanotto, cominciai a contraddirlo, sostenendo che l'acquedotto era condizione primaria di progresso. Era igiene. Era salute. Ma lui ha continuato fino alla morte a non fidarsi del rubinetto. A malapena, con quell'acqua, si lavava, ma, per gli usi potabili, l'acqua del suo pozzo era insostituibile. A 96 anni, mentre si stava serenamente spegnendo, mi chiese un sorso d'acqua. Quando gliela portai, appena assaggiatala, mi afferrò il braccio con le sue ultime forze e mi chiese: «La mia acqua?». Fu la prima ed ultima bugia che gli dissi. Prima di chiudere gli occhi, farfugliando e stringendo il suo pugno, mi disse: «I padroni dell'acqua sono prepotenti, ci fanno pagare un dono del Signore». Gli risposi che non esistevano i "padroni dell'acqua", che l'acquedotto era pubblico e che bisognava pur pagare il servizio. Ma non sentì; era "volato" dal Signore.
Ci sono voluti quarant'anni per capire che aveva ragione lui. Hanno costituito "i padroni dell'acqua"! La chiamano privatizzazione della gestione dei servizi idrici. Un concetto ancora più atroce della padronanza: l'acqua è pubblica, ma la gestisce un privato, in clima di monopolio! Nemmeno nella patria del liberismo più sfrenato è mai stata immaginata una tale pazzesca idea, tanto da far scoppiare in una fragorosa pubblica risata l'Autority per l' Acqua del Nevada, quando raccontai tale questione in un congresso di Idrogeofisica a Las Vegas.
Dalla fonte alla bocca, l'acqua non può essere merce. Ogni goccia è un bene prezioso dell'intera umanità. Troppo preziosa, da non poter nemmeno essere sfiorata dal minimo dubbio che, per più facili guadagni, ci avvelenino, come sospettava il nonno dell'acqua!
Quanto sia sbagliato il rapporto uomo/natura è sottolineato da tanti (ahimé, invano!). Dal famoso discorso del capo indiano Seattle capiamo come l'uomo bianco: «Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come oggetti da comprare, da saccheggiare, da vendere come pecore o collane lucenti. Il suo appetito divorerà la terra e si lascerà alle spalle solo il deserto».
Come non ricordare, poi, la stupefacente enciclica "Centesimus Annus" del Beato Giovanni Paolo? Qui si evidenzia come "alla radice dell'insensata distruzione dell'ambiente naturale c'è un errore antropologico. L'uomo che scopre la sua capacità di trasformare e in un certo senso di creare il mondo con il proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio".
Grazie nonno Michele. Ho imparato a dire anch'io, dopo ogni bevuta: «Benedetto Dio» e farò di tutto il 12 e 13 Giugno per sconfiggere i "padroni dell'acqua", votando SI al referendum.
Laudato sì mi Signore per sor Acqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.
Ruggiero Quarto
«Vedrai, i padroni dell'acqua ce la faranno pagare cara e ci avveleneranno. Meglio l'acqua del nostro pozzo». La mia ammirazione per lui era talmente grande che volevo credergli. Lo vedevo enorme, sia fisicamente, per la sua notevole corporatura, e sia per la considerazione che un vegliardo come lui godeva nel quartiere. Era proverbiale la sua saggezza e bontà. Era conosciuto come il "nonno dell'acqua". Permetteva a tutti di accedere al suo pozzo e di prelevare acqua fresca e limpida. Correvano gli anni sessanta e l'acqua in casa, nel mio quartiere contadino, era una rarità. Da bambino pendevo dalle sue labbra. Mi raccontava le storie di Orlando e Astolfo, di Don Michele dei pupi. Mi insegnava a "parlare" con animali e piante. Mi spronava a ringraziare sempre il Signore. Dopo ogni bevuta della sua gustosa acqua non mancava l'esclamazione: «Benedetto Dio!». Mi aveva insegnato come riconoscere l'acqua pura da quella impura. Se avessi avuto qualche dubbio, bastava bere dopo gli asini, anche nello stesso secchio, quando si conviveva con gli asini. Volevo credergli, ma, diventando giovanotto, cominciai a contraddirlo, sostenendo che l'acquedotto era condizione primaria di progresso. Era igiene. Era salute. Ma lui ha continuato fino alla morte a non fidarsi del rubinetto. A malapena, con quell'acqua, si lavava, ma, per gli usi potabili, l'acqua del suo pozzo era insostituibile. A 96 anni, mentre si stava serenamente spegnendo, mi chiese un sorso d'acqua. Quando gliela portai, appena assaggiatala, mi afferrò il braccio con le sue ultime forze e mi chiese: «La mia acqua?». Fu la prima ed ultima bugia che gli dissi. Prima di chiudere gli occhi, farfugliando e stringendo il suo pugno, mi disse: «I padroni dell'acqua sono prepotenti, ci fanno pagare un dono del Signore». Gli risposi che non esistevano i "padroni dell'acqua", che l'acquedotto era pubblico e che bisognava pur pagare il servizio. Ma non sentì; era "volato" dal Signore.
Ci sono voluti quarant'anni per capire che aveva ragione lui. Hanno costituito "i padroni dell'acqua"! La chiamano privatizzazione della gestione dei servizi idrici. Un concetto ancora più atroce della padronanza: l'acqua è pubblica, ma la gestisce un privato, in clima di monopolio! Nemmeno nella patria del liberismo più sfrenato è mai stata immaginata una tale pazzesca idea, tanto da far scoppiare in una fragorosa pubblica risata l'Autority per l' Acqua del Nevada, quando raccontai tale questione in un congresso di Idrogeofisica a Las Vegas.
Dalla fonte alla bocca, l'acqua non può essere merce. Ogni goccia è un bene prezioso dell'intera umanità. Troppo preziosa, da non poter nemmeno essere sfiorata dal minimo dubbio che, per più facili guadagni, ci avvelenino, come sospettava il nonno dell'acqua!
Quanto sia sbagliato il rapporto uomo/natura è sottolineato da tanti (ahimé, invano!). Dal famoso discorso del capo indiano Seattle capiamo come l'uomo bianco: «Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come oggetti da comprare, da saccheggiare, da vendere come pecore o collane lucenti. Il suo appetito divorerà la terra e si lascerà alle spalle solo il deserto».
Come non ricordare, poi, la stupefacente enciclica "Centesimus Annus" del Beato Giovanni Paolo? Qui si evidenzia come "alla radice dell'insensata distruzione dell'ambiente naturale c'è un errore antropologico. L'uomo che scopre la sua capacità di trasformare e in un certo senso di creare il mondo con il proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio".
Grazie nonno Michele. Ho imparato a dire anch'io, dopo ogni bevuta: «Benedetto Dio» e farò di tutto il 12 e 13 Giugno per sconfiggere i "padroni dell'acqua", votando SI al referendum.
Laudato sì mi Signore per sor Acqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.
Ruggiero Quarto