La città
Giuseppe Marchisella, il poliziotto barlettano ucciso dal clan dei marsigliesi
Gli anni '70, la malavita romana, la ferocia
Barletta - giovedì 26 febbraio 2015
Sono le 18 del 22 febbraio 1975. A Roma, in via dei Caprettari, vicino il Senato, c'è un ufficio postale. Fuori dall'ufficio, un bandito aspetta al volante di un'auto pronta a ripartire, i suoi complici entrano, con le armi spianate. Nell'ufficio, sono in servizio gli agenti di pubblica sicurezza Rito Spagnuolo il barlettano Giuseppe Marchisella, il quale, è in bagno, mentre i rapinatori a volto scoperto affrontano il suo collega. Appena uscito dal bagno, Marchisella tenta una reazione, i banditi sparano, colpendolo a morte con una raffica di mitra, arraffano quello che possono e scappano. Il bottino fu di 400 mila lire, nelle intenzioni dei criminali avrebbe dovuto fruttare un miliardo di lire. Giuseppe Marchisella muore il giorno successivo in ospedale. Aveva 22 anni. Cinque giorni dopo la sanguinosa rapina, Clara Calabresi, la fidanzata dell'agente ucciso, sconvolta dal dolore, si getta dal quarto piano della sua abitazione a Barletta, resta in coma dieci giorni prima di morire. La coppia avrebbe dovuto sposarsi proprio quel mese. Il Comune di Barletta ha intitolato a Giuseppe Marchisella l'omonima via. L'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra (ANMIG) ha onorato Giuseppe Marchisella.
Uno dei rapinatori, Albert Bergamelli, è arrestato nel 1976 e ucciso nel carcere di Ascoli Piceno, nel 1982. Jacques Berenguer è arrestato nel 1981 e ucciso nel carcere di Nizza nel 1990. Laudavino De Sanctis è arrestato nel 1982, a seguito del sequestro e omicidio dell'imprenditore Giovanni Palombini. La rapina in via dei Caprettari ebbe un ennesimo strascico di sangue, quando nel gennaio del 1981, Giacomo Palermo (foto), rapinatore, e la sua convivente, Angela Piazza, rei d'aver deciso di testimoniare, saranno sequestrati, portati in una villa a Lavinio, costretti a scrivere una "ritrattazione", poi recapitata al Tribunale, e trucidati dagli stessi componenti del clan.
Laudavino De Sanctis, soprannominato "Lallo lo Zoppo" da quando, durante un'evasione dal carcere di Regina Coeli, si era fratturato la gamba. "Lallo lo zoppo" appare sulla scena romana nel 1975. Spavaldo, duro con i suoi gregari, spietato con quelli che minacciavano di tradirlo, Laudavino organizza la rapina di piazza dei Caprettari. Autore di sette omicidi, quattro sequestri di persona, undici condanne definitive alle spalle e un ergastolo per effetto del cumulo delle pene. Arrestato nel 1982, a seguito del sequestro e uccisione dell'imprenditore Giovanni Palombini, trascorsi una ventina d'anni in carcere, ormai ultrasessantenne, alla fine degli anni novanta, l'anziano boss, affetto da un linfoma, ottiene la detenzione domiciliare per motivi di salute e il permesso di uscire di casa quattro ore al giorno, per andarsi a curare.
Nel 2004, assieme al fratello Pietro, ormai ottantenne, Laudavino spaccia droga nel quartiere di Centocelle, nella periferia di Roma. La polizia va a casa sua, dove rinviene e sequestra due chili di droga e una pistola; ma Lallo non ci tiene ad essere arrestato; sale su un motorino e fugge, ma viene catturato. Mentre varca la soglia del carcere di Regina Coeli, lo zoppo si sfoga: «Non m'importa di tornare in carcere, ma non mi perdono di essermi fatto prendere così: senza accorgermi che la polizia mi pedinava!».
I componenti del Clan dei marsigliesi, autori della rapina
Alcuni giorni dopo la sanguinosa rapina, viene rinvenuto il cadavere carbonizzato dell'autore del furto dell'autovettura usata dai rapinatori, il diciottenne Claudio "Topolino" Tigani, un testimone scomodo che avrebbe potuto parlare. Indagando sul suo omicidio, la polizia risale agli autori della rapina all'ufficio postale: Laudavino De Sanctis, soprannominato "Lallo lo zoppo" e i due dei suoi complici, Albert Bergamelli e Jacques Berenguer, membri e fondatori, con Maffeo Bellicini, del "clan dei marsigliesi": banda di malavitosi, che spadroneggiavano su Roma, con rapine e sequestri di persona, traffico di armi e droga. Il clan aveva rapporti con esponenti della destra eversiva, servizi deviati dello Stato, logge massoniche. Ta i malavitosi arruolati nel clan, c'era Danilo Abbruciati, che in seguito divenne uno dei capi - fondatori della "banda della Magliana". In Italia, gli anni '70 furono un decennio contraddittorio e folle, caratterizzato da una guerra segreta, combattuta a colpi di bombe, stragi, progetti di golpe, depistaggi di Stato.Uno dei rapinatori, Albert Bergamelli, è arrestato nel 1976 e ucciso nel carcere di Ascoli Piceno, nel 1982. Jacques Berenguer è arrestato nel 1981 e ucciso nel carcere di Nizza nel 1990. Laudavino De Sanctis è arrestato nel 1982, a seguito del sequestro e omicidio dell'imprenditore Giovanni Palombini. La rapina in via dei Caprettari ebbe un ennesimo strascico di sangue, quando nel gennaio del 1981, Giacomo Palermo (foto), rapinatore, e la sua convivente, Angela Piazza, rei d'aver deciso di testimoniare, saranno sequestrati, portati in una villa a Lavinio, costretti a scrivere una "ritrattazione", poi recapitata al Tribunale, e trucidati dagli stessi componenti del clan.
Laudavino De Sanctis, soprannominato "Lallo lo Zoppo" da quando, durante un'evasione dal carcere di Regina Coeli, si era fratturato la gamba. "Lallo lo zoppo" appare sulla scena romana nel 1975. Spavaldo, duro con i suoi gregari, spietato con quelli che minacciavano di tradirlo, Laudavino organizza la rapina di piazza dei Caprettari. Autore di sette omicidi, quattro sequestri di persona, undici condanne definitive alle spalle e un ergastolo per effetto del cumulo delle pene. Arrestato nel 1982, a seguito del sequestro e uccisione dell'imprenditore Giovanni Palombini, trascorsi una ventina d'anni in carcere, ormai ultrasessantenne, alla fine degli anni novanta, l'anziano boss, affetto da un linfoma, ottiene la detenzione domiciliare per motivi di salute e il permesso di uscire di casa quattro ore al giorno, per andarsi a curare.
Nel 2004, assieme al fratello Pietro, ormai ottantenne, Laudavino spaccia droga nel quartiere di Centocelle, nella periferia di Roma. La polizia va a casa sua, dove rinviene e sequestra due chili di droga e una pistola; ma Lallo non ci tiene ad essere arrestato; sale su un motorino e fugge, ma viene catturato. Mentre varca la soglia del carcere di Regina Coeli, lo zoppo si sfoga: «Non m'importa di tornare in carcere, ma non mi perdono di essermi fatto prendere così: senza accorgermi che la polizia mi pedinava!».