Giornata di santificazione sacerdotale
Giornata di santificazione sacerdotale
Religioni

Giornata di santificazione sacerdotale al Santuario dello Sterpeto di Barletta

Si celebra in occasione della Festa del Sacro Cuore di Gesù, prevista per il 24 giugno

La Giornata di santificazione sacerdotale è un appuntamento annuale di grande importanza per la vita dell'insieme dei sacerdoti di una diocesi che si riuniscono attorno al proprio vescovo. Essa si celebra in occasione della Festa del Sacro Cuore di Gesù, prevista per il 24 giugno. L'edizione diocesana si è svolta nella mattinata di oggi, a Barletta, presso il Santuario Maria SS. dello Sterpeto, con la partecipazione di circa 140 sacerdoti provenienti dai sette centri che compongono il territorio dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie.

Due i momenti fondamentali della Giornata: la riflessione dell'Arcivescovo e il momento di adorazione eucaristica.
Di seguito il testo della riflessione di Mons. Leonardo D'Ascenzo, basandosi sul brano evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35)

Per ben disporci alla meditazione

Il Sacro Cuore di Gesù è Cuore misericordioso, che dona vita, che perdona, che ama. Non è un cuore di pietra, è un cuore di carne quello del Figlio di Dio.
A volte, invece, il nostro cuore rischia di essere un cuore duro, freddo, chiuso, centrato su se stesso. Abbiamo bisogno di fare nostre le parole del salmo: "Se ascoltaste oggi la sua voce. Non indurite il cuore…" (Ps 95,8). È un invito che vogliamo accogliere. Anche se le nostre esperienze sono molteplici e diverse le une dalle altre, questo appello ci tocca tutti come persone che hanno vissuto un passato segnato, tra l'altro, dal fallimento o da qualche delusione, incomprensione, sofferenza; un presente segnato probabilmente dalla tristezza per ciò che nel passato è accaduto, ma anche un presente in cui trova spazio la speranza e il desiderio di una realtà migliore; un orientamento verso un futuro in cui realizzare progetti, nuovi percorsi di vita, itinerari di perdono e di riconciliazione. Per questo non induriamo il nostro cuore.
Per ben disporci possiamo lasciarci interrogare anche da alcuni versetti del capitolo terzo del libro della Genesi. Adamo ed Eva dopo il loro fallimento sono nascosti a motivo della loro nudità. Il Signore chiama Adamo e gli chiede: "dove sei?" (v. 9). In verità non gli sta chiedendo in quale luogo si trovi ma, più precisamente, dove stia andando, verso quale meta. Dio vuole che Adamo risponda alla domanda: dove stai andando?
Dove sto andando? Potrebbe essere la domanda di fondo di questa giornata di spiritualità dopo aver accolto le parole del salmo non indurite il cuore.
Dio si mostra giudice:
Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!» (vv.14-19).
Un giudizio che manifesta, chiarisce quello che è accaduto, quali siano le conseguenze, ed è contemporaneamente misericordioso: "Il Signore Dio fece all'uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì" (v. 21).
Non chiude gli occhi sull'accaduto, ma aiuta ad inquadrarlo realisticamente. Contemporaneamente dà nuove pelli, una nuova possibilità.
Lasciamoci parlare da un Dio che ci aiuta a guardare con oggettività e verità la nostra vita, le nostre relazioni non sempre facili, ci dona il suo perdono e sempre nuove possibilità.
Ricordiamoci che la fedeltà di Dio permane nonostante le nostre infedeltà, i nostri limiti. Proprio su questa fedeltà che non viene meno possiamo costruire, o ricostruire progetti, cammini, riconciliazioni.

2 fotoGIORNATA DI SANTIFICAZIONE SACERDOTALE

I discepoli di Emmaus

Nella Giornata di santificazione sacerdotale, vorrei proporvi alcune semplici riflessioni sull'esperienza vissuta dai due discepoli di Emmaus (Luca 24,13-35). In questo anno pastorale è stata l'icona di riferimento per il cammino della nostra Diocesi. Cammino vissuto con molta partecipazione, gioia e motivazione da parte di tante persone sia all'interno che all'esterno dei nostri ambienti e circuiti ecclesiali.
Quando San Luca verso l'80-85 scrive il Vangelo e gli Atti, la Chiesa ha alle spalle almeno mezzo secolo di esperienza e di vita. Raccontando il cammino dei due discepoli, vuole presentare l'itinerario pasquale attraverso cui si scopre il Signore risorto e si proclama la fede.
Gerusalemme è il cuore dell'opera lucana, il punto di arrivo del cammino di Cristo. A Gerusalemme viene donato lo Spirito. Negli Atti mostra come da Gerusalemme la Chiesa si apra fino agli estremi confini della terra. A partire da Gerusalemme inizia il tempo della Chiesa. La fine del Vangelo di Luca e l'inizio degli Atti coincidono nel racconto dell'Ascensione… Dunque Gerusalemme non è una semplice entità geografica. Da Gerusalemme ad Emmaus e da Emmaus a Gerusalemme, nel racconto ha un rilievo teologico.
Potremmo prendere questo brano, dal fallimento della croce all'apertura fino agli estremi confini della terra…, come paradigmatico per chi vuole venir fuori da situazioni di fallimento, di sofferenza, di impantanamento, aprendosi e incamminandosi su percorsi nuovi, pasquali, di riconciliazione e risurrezione.
Vivere riconciliati, o per lo meno su cammini di riconciliazione non è qualcosa di facoltativo o di occasionale, per ogni battezzato, e ancor più per un presbitero, è costitutivo, fa parte delle sue aspirazioni fondamentali. C'è bisogno di riconciliazione e di riconciliazione vera, pena l'indurimento del cuore, la contrazione della vita, il logorio pesante di sé e della vita della comunità.
Domandiamo al Signore che realizzi per noi quanto ci ha promesso per bocca del profeta Ezechiele: "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio" (Ez 36,25-28).
  1. I loro occhi erano chiusi (Lc 24,13-17)

Siamo nel giorno della risurrezione. Nel cuore dei due discepoli c'è una situazione di chiusura, si allontanano, scappano da Gerusalemme, voltano le spalle all'esperienza precedente. Il passato è chiuso. Di conseguenza, anche il presente e il futuro sono chiusi.
Si fermarono col volto triste. Gesù è presente accanto a loro, si fa compagno di viaggio ma non sono capaci di riconoscerlo.
Quando viviamo nella continua tristezza, con i musi lunghi, incupiti, lamentosi, negativi, la volontà di affrontare il passato o il desiderio di riconciliazione sembrano essere addormentati. È allora necessario risvegliarli. È necessario mettere in discussione lo status quo stazionario di fronte ai conflitti vissuti, causati o subiti, alle frustrazioni per gli scacchi patiti; è necessario smascherare le paci o le quieti apparenti, gli arroccamenti difensivi, la tendenza ad essere passivi e attendisti, a colpevolizzare gli altri in modo proiettivo, il risentimento che porta a vivere come inaciditi per le frustrazioni subite e non drenate a sufficienza.
È importante verificare la propria situazione di partenza, rendersi conto delle realtà non riconciliate nella propria vita, quelle messe alla porta, rifiutate, i conflitti aperti, i risentimenti da vincere, manifesti o striscianti.

Per la riflessione

Quali sono le due/tre fratture principali nella mia vita?
In quali circostanze sono più ricorrenti e come si manifestano?
Gesù li aiuta a rileggere la loro storia …
  1. Si accostò loro (vv. 18-29)

Qualcosa si sblocca, la relazione si apre e da duale diventa triangolare. In un primo momento raccontano al pellegrino quello che era successo. Cominciano a rimuovere quei blocchi che si portano dentro. Da soli sono però incapaci di venire fuori da questa situazione, non arrivano alla soluzione.
Di fronte alla crocifissione nasce la loro delusione ("speravamo"). La riconciliazione domanda di entrare nelle aree conflittuali, nelle aree ferite e magari ancora doloranti.
Ci sono due versanti da tener presenti: la riconciliazione tra una persona e un'altra persona o gruppo o Dio e la riconciliazione tra sé e sé. La seconda precede la prima, ne è la condizione, costituisce il primo passaggio di un itinerario di apertura costruttiva o di chiusura reattiva con un'altra persona, gruppo o Dio. Un lavoro di riconciliazione, deve necessariamente passare per questo stadio, la riconciliazione con se stessi. C'è bisogno di aprire gli occhi in modo veritiero sulla realtà, ben oltre i sogni, le illusioni e le ragioni addotte per giustificarsi. Ciò porta alla presa di coscienza, più o meno dolorosa, della propria situazione di miseria spirituale o morale, ognuno la propria, al di là delle apparenze, e alla presa di coscienza dell'impossibilità di uscirne da soli.
Prima i discepoli parlano e Gesù ascolta, poi è Gesù che ha l'iniziativa e loro ascoltano. Lasciamo che Gesù ci parli. Quando Gesù ci parla qualcosa di nuovo incomincia a nascere in noi. Quando cominciamo ad ascoltare Lui allora cominciamo a capire qualcosa. È abbattuto il muro dell'impossibilità.
Viene richiesto l'atteggiamento dell'accoglienza, l'accoglienza di Gesù, della sua amicizia; l'atteggiamento dell'ascolto.

Per la riflessione
In un primo momento c'era una sorta di rifiuto, poi il desiderio di far fermare il pellegrino. Occorre ascoltare i desideri più veri del nostro cuore per arrivare a dire "resta con noi…".
Lo straniero con la parola ha operato un cambiamento. Un cambiamento nel cammino di riconciliazione; rinuncia alle proprie ragioni parziali o sbagliate, alle rigidezze; è importante fare il primo passo, porre gesti di incontro senza troppo calcolare: "resta con noi". Un atto di fiducia nell'altro e in sé.
È importante sporgersi fuori da se stessi e dalle proprie ragioni e rendersi conto che l'altro non è così nemico come sembrava (l'altro, offensore reale o presunto, non è automaticamente un nemico pericoloso), che ha diritto di essere nella sua diversità, che c'è una realtà più bella dell'inutile blocco di sé.

  1. Si aprirono i loro occhi (vv. 30-32)

La fede diviene riconoscimento del Risorto. Prima però c'è stato il riconoscimento con verità e umiltà delle aree di sé e della propria vita non riconciliate, ancora poco o tanto conflittuali. A questo riconoscimento segue il centrarsi su nuove possibilità; concentrarsi effettivamente ed affettivamente su queste e "investire" su questa strada scelta. Imparare ad accostare se stessi e gli altri con uno sguardo empatico. Lasciarsi amare, disarmare e riconciliare dall'amore misericordioso di Dio…
Ma nel momento in cui lo riconoscono, Gesù scompare. Gesù è presente, ma non nella maniera che pensavano. Il loro passato era come morto, ora diventa vivo, chiaro.
Questi versetti ci ricordano che Gesù si mette nelle nostre mani, ma noi non possiamo mettere le nostre mani su Gesù. In altre parole non possiamo ridurlo o costringerlo ai nostri schemi, ai nostri bisogni…

Per la riflessione

È necessaria una purificazione da tanti modi troppo "nostri" di vivere la fede, la religiosità, il presbiterio. Quali?
  1. Tornarono a Gerusalemme (vv. 33-35)

La loro testimonianza prende corpo nella testimonianza comune.
Papa Francesco, nel discorso tenuto in occasione dell'inizio del Processo Sinodale nell'Aula Nuova del Sinodo, ci ha indicato tre parole chiave del cammino sinodale: comunione, partecipazione e missione. Ha poi aggiunto che "Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni. Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini. Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!
L'opera missionaria della Chiesa – sentiamoci interpellati in modo particolare come presbiterio – non può che avere nella comunione la condizione necessaria di partenza; non può che trovare nella comunione il suo stile ordinario; non può che puntare sulla comunione come obiettivo da raggiungere con tutte le sue forze. La comunione, ricorda giustamente il Santo Padre, è reale partecipazione. A questo proposito, vorrei che riflettessimo su un dato: solo la metà delle parrocchie ha contribuito, con la consegna del materiale prodotto dai gruppi sinodali, alla sintesi diocesana consegnata alla CEI. Diciamo che, a proposito di partecipazione, dobbiamo sentirci chiamati ad una maggiore e fattiva responsabilità. Il prossimo anno pastorale la Chiesa italiana continuerà il percorso sinodale dell'ascolto su alcuni punti indicati dai Vescovi. Sarà occasione e opportunità per una maggiore partecipazione dalla quale, dovrebbe essere ovvio per tutti, non possiamo sottrarci visto che siamo inseriti in un unico cammino, quello della Chiesa!

Per la riflessione

Fede come riconoscimento del risorto, vicino e tuttavia altro da quello che ci aspettavamo…
È nella comunità (diocesi, presbiterio, parrocchia) che vivo la mia fede attraverso una testimonianza particolare-personale: quale?
Quale è il contributo che potrei portare nella comunità?

In conclusione


Chiediamo al Sacro Cuore di Gesù di non indurire il nostro cuore e di poter attuare nella nostra esperienza i passaggi vissuti dai discepoli di Emmaus:
dalla morte del gruppo dei discepoli alla resurrezione del gruppo dei discepoli
dalla di-missione alla missione
dal misconoscimento al riconoscimento
dalla chiusura in sé all'apertura a…

Vorrei che deponessimo la nostra preghiera nel Cuore di Gesù perché ci aiuti ad essere consapevoli, a non dimenticare mai, che siamo poveri e semplici discepoli del Signore. Per questo, una chiesa e un presbiterio hanno bisogno di persone di grande umiltà, dotate di sincera pazienza e, soprattutto, di uno straordinario amore per la realtà nella quale sono stati chiamati a vivere. Un amore vissuto e testimoniato con le parole e con le opere che hanno sempre il sapore e il profumo del vangelo del Signore.
Per questo vi chiedo la carità di continuare a pregare perché il Signore possa operare per il bene di tutti, di questo presbiterio e, prima ancora, dell'intero suo popolo santo.
  • Santuario della Madonna dello Sterpeto
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