Giammaria Testa
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Gianmaria Testa a Barletta. Unica tappa pugliese

L'intervista rilasciata a Liberincipit. Oggi al Teatro G. Curci

Gianmaria Testa oggi a Barletta, al Teatro 'Curci' per l'unica tappa pugliese con 'Solo', concerto-evento per voce e chitarra dedicato allo scrittore italo-francese Jean-Claude Izzo, preceduto da una chiacchierata con Stefania Nardini, autrice del libro 'Jean-Claude Izzo, storia di un marsigliese'.

L'evento è un'iniziativa dell'associazione Liberincipit, in collaborazione con il Comune di Barletta ed il Teatro Curci (direzione artistica di Sergio Maifredi), ed è inserito nel cartellone della stagione teatrale. Gianmaria Testa ci ha rilasciato un'intervista nella quale si racconta con la stessa semplicità, immediatezza e umanità profonda che trasfonde nelle sue canzoni.

Gianmaria, poiché sei diventato celebre prima in Francia che in Italia, possiamo definirti chansonnier?

Con la parola 'chansonnier' i francesi identificano un raccontatore di storie, io invece preferisco essere definito cantautore, anche perché compongo e canto le mie canzoni in italiano, anche fuori dall'Italia.

Ci racconti la tua ascesa nel panorama musicale francese?
In realtà la cosa è avvenuta in Italia, nel senso che io vinsi il primo premio al Festival di Recanati nel 1994 e fui notato da una produttrice francese, che mi portò in Francia, dove mi lanciò.

Com'è il pubblico francese?
Attento, curioso. Io quasi mi stupisco ogni volta nel vedere quanto quel pubblico mi segua, pur cantando in italiano. Evidentemente la canzone ha una capacità evocativa che prescinde dalla lingua in cui è interpretata. Io credo comunque che l'italiano, anche se è una lingua poco parlata, sia molto amata, anche in altre parti del mondo, per la sua naturale dolcezza e musicalità.

Come è nata la tua vena di cantautore?
La matrice nasce da un'esigenza, che ho sentito da giovanissimo, di comunicare al di là delle parole parlate, perché penso che non siano sufficienti a raccontare tutto quello che si ha dentro. Questa, secondo me, è un'esperienza di tutti, poi ognuno s'industria a cercare altre forme di comunicazione. Io ho sperimentato che mi era congeniale la canzone.

Quali sono i temi ispiratori dei tuoi testi?
Io scrivo e canto tutto quello che ha a che vedere con le piccole emozioni quotidiane. Non canto grandi tristezze né grandi felicità, che bastano a se stesse. Per fortuna, d'altronde, si vive proprio di piccole emozioni di ogni giorno, e non di estremi. Un tema specifico che mi ha colpito e coinvolto emotivamente è quello delle migrazioni contemporanee. Un tema che ha avuto l'incipit proprio in Puglia.

In Puglia? E allora devi raccontarcelo!

Ero in vacanza sul Gargano, alla Baia di Manacore, sarà stato il 1991 o '92, e ho assistito in diretta all'arrivo tragico sulla costa di due ragazzi di colore, scaraventati da un peschereccio su un gommone ancorato in baia. Uno dei due è morto sulla spiaggia, l'altro è stato soccorso in tempo. Ho sentito, lancinante come una pugnalata, lo stridore, la distanza infinita fra la loro tragedia e il mio costume da bagno. Da lì, molti anni dopo, è nato l'album 'Da questa parte del mare', che parla di migrazioni e di migranti. Io credo che una canzone, quando vuole scriversi, spinge finché si fa scrivere, possiede in sé qualcosa di metafisico.

Quando è avvenuto l'incontro con lo scrittore marsigliese Jean Claude Izzo?
Suonavo al Festival Jazz di Nancy il giorno del mio compleanno, e il trombettista David Lewis, che suonava con me, mi regalò il libro di Izzo 'Marinai perduti', i cui protagonisti, scoprii, ascoltavano le mie canzoni. Mi venne voglia, così, di incontrarlo, e lo vidi una prima volta a Parigi, in una brasserie, ma ci dicemmo poco, eravamo entrambi intimiditi. Ci siamo incontrati nuovamente, poco tempo dopo, a Marsiglia, e siamo diventati amici. Il 26 gennaio del 2000, Izzo è morto di cancro all'età di 54 anni, e con lui ho perso qualcosa di profondo. Poi ho conosciuto Stefania Nardini, che ha scritto una sua biografia, ed è nato il progetto che portiamo a Barletta.

Cosa ti rimane dell'amicizia con Izzo?
Mi rimane l'aver incontrato un uomo che era quello che scriveva. Umanamente mi ha dato tanto, era un sognatore ultracinquantenne, che di questi tempi non è poco. Ho avuto l'impressione che, nonostante i suoi libri molto cupi (l'ultimo è 'Il sole dei morenti'), Izzo fosse un ottimista. E' stato ed è ancora molto amato. L'unica cosa che mi dispiace è di non poter andare a trovarlo sulla sua tomba, magari per raccontargli i fatti miei.

Perché?

Perché prima di morire aveva deciso di farmi cremare e chiesto di spargere le sue ceneri davanti al porto vecchio di Marsiglia. Se si vuole sentire la sua presenza bisogna guardare il mare marsigliese. Io invece sono foscoliano, e avrei preferito stare con lui in un luogo fisico.
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