La città
Madonna che viene, barlettano che va
Luci, profumi e riti di una festa immortale
Barletta - domenica 13 luglio 2014
Comincia luglio ed è già panico per il secondo weekend del mese, quello delle luminarie eccessive, delle processioni tappa strade, della musica truzza e del panino allo smog. Per altri invece, comincia un fine settimana diverso, all'insegna delle tradizioni e del divertimento.
Come in tutte le feste paesane, l'innesto profano padroneggia le radici sacre dei Santi Patroni e dei riti religiosi portati in strada, tra la gente. Un'occasione per portare gli amici di fuori nella nostra città, un'occasione di profitto per i tanti commercianti ambulanti più o meno regolari, un'occasione per scappare. Perché scappare? «Troppo caos, sporcizia ovunque, non si trova parcheggio, non si riesce a dormire, non ci si può fare il bagno in un mare pulito, le giostre non mi interessano più, le bancarelle son sempre quelle, tanto vale ne approfitto per una due giorni di relax» direbbero in molti. E tanti altri risponderebbero: «Menomale che viene solo una volta all'anno», come per difendere la preziosità di un appuntamento immancabile. E come ogni grande festa che si rispetti, le polemiche sulla salubrità dei cibi, sui parcheggi, sull'abusivismo e- quest'anno- sull'installazione delle luminarie a orari improbabili non mancano.
E alla fine quel che resta è un'indigestione da panino con le 'nghiumarelle, un paio di carie in più dovute a mandorle caramellate e torrone, orecchie tappate causa musica da Tagadà, un peluche vinto grazie a un colpo di fucile e l'orgoglio di aver vissuto gli odori e le luci della propria città. Chi sarà di rientro martedì, incontrerà una Barletta con gli stessi abiti spenti con cui l'ha lasciata, perché forse stanco di indossare i suoi, seppur rari, vivaci costumi. L'assenza di un'estate barlettana, un Colosso ingabbiato e una Piazza Marina precaria lasciano aperto il divario tra campanilisti e cosmopoliti, nonostante la convinzione sull'alto potenziale di Barletta rimanga di tutti.
Come in tutte le feste paesane, l'innesto profano padroneggia le radici sacre dei Santi Patroni e dei riti religiosi portati in strada, tra la gente. Un'occasione per portare gli amici di fuori nella nostra città, un'occasione di profitto per i tanti commercianti ambulanti più o meno regolari, un'occasione per scappare. Perché scappare? «Troppo caos, sporcizia ovunque, non si trova parcheggio, non si riesce a dormire, non ci si può fare il bagno in un mare pulito, le giostre non mi interessano più, le bancarelle son sempre quelle, tanto vale ne approfitto per una due giorni di relax» direbbero in molti. E tanti altri risponderebbero: «Menomale che viene solo una volta all'anno», come per difendere la preziosità di un appuntamento immancabile. E come ogni grande festa che si rispetti, le polemiche sulla salubrità dei cibi, sui parcheggi, sull'abusivismo e- quest'anno- sull'installazione delle luminarie a orari improbabili non mancano.
E alla fine quel che resta è un'indigestione da panino con le 'nghiumarelle, un paio di carie in più dovute a mandorle caramellate e torrone, orecchie tappate causa musica da Tagadà, un peluche vinto grazie a un colpo di fucile e l'orgoglio di aver vissuto gli odori e le luci della propria città. Chi sarà di rientro martedì, incontrerà una Barletta con gli stessi abiti spenti con cui l'ha lasciata, perché forse stanco di indossare i suoi, seppur rari, vivaci costumi. L'assenza di un'estate barlettana, un Colosso ingabbiato e una Piazza Marina precaria lasciano aperto il divario tra campanilisti e cosmopoliti, nonostante la convinzione sull'alto potenziale di Barletta rimanga di tutti.