
La città
Ettore Fieramosca e Ginevra, la notte prima della sfida. La seconda parte del racconto
Testo teatrale di Giuseppe Lagrasta
Barletta - domenica 7 settembre 2025
Pubblichiamo la seconda parte del testo teatrale di Giuseppe Lagrasta dedicato ad Ettore Fieramosca, a Ginevra, ad Ariel e all'indovino Tiresia. Nella prima parte, Ettore riconosce in Ariel, spirito alato, l'amica immaginaria con cui condividere la forza per reagire e andare in battaglia, con passione e coraggio. Il dialogo tra Ettore e Ariel, ormai si svolge sul far dell'alba, prima dello scontro con i francesi, con il pensiero di Ettore rivolto sia a Ginevra e alla fragile condizione in cui si trova che ai suoi cavalieri che lo attendono per andare in battaglia.
(Sipario)
(E' quasi l'alba. Ettore Fieramosca s'appresta a salutare Ariel per raggiungere l'accampamento dove lo attendono i suoi cavalieri. Ci troviamo a poche ore prima della sfida tra i tredici francesi e i tredici italiani. Ariel, spirito d'aria, evocato da Ettore, lo ascolta, aiutandolo a concentrarsi per la battaglia che lo attende. Il condottiero di Capua che attraversa un momento difficile della sua vita, preso tra l'amore di Ginevra, i suoi nemici e i campi di battaglia, comunque riesce a condividere con Ariel, i suoi sentimenti e i progetti futuri.)
(Ettore scruta l'orizzonte, riflette, respira profondamente.)
Ettore: Il sentimento che mi percuote il cuore è sincero e la tua forza aggiunge altra forza. Mia cara Ariel, dovrò seguire la tua energia e la calma di Tiresia. Ariel penserò a difendere i cittadini e le cittadine. E desidero vincere coi miei compagni e dedicare la vittoria a Ginevra. Voglio vincere questa sfida, noi che subimmo oltraggio.
Ariel: Un'ombra, ancora l'ombra, Ettore. Neanche le ombre dormono in quest'alba bianca, color cenere.
Ettore: Un'ombra. Ma è Ginevra! In compagnia dell'indovino Tiresia. (Ettore rivolgendosi all'ombra) Ginevra, parlami, parlami. Perché non parli? (Ma Ginevra, leggera, si allontana. E allora Ettore si rivolge a Tiresia, l'indovino). E tu, Tiresia, veggente, parlami del mio futuro, dimmi di Ginevra. Ho ancora pochi minuti, prima di andare. Ma sei muto? Perché non parli?
(Tiresia si ferma e si rivolge al condottiero.)
Tiresia: Tu sai che sono cieco. Le ombre mi hanno annientato. Ma sappi che tu sei come Ulisse. Sei il nostro Ulisse meridiano. La tua forza, il tuo coraggio, il desiderio di ritornare sarà la tua luce, la tua forza. La bellezza della tua anima sarà la bussola per i tuoi guerrieri. Ricordati di Ulisse, di Penelope e del giovane figlio, Telemaco.
Ettore: Certo, certo che mi ricorderò.
Tiresia: All'alba sarà tutto difficile. Ma ricorda Ulisse, il suo atteggiamento ironico e quasi invisibile agli altri, e sostieni il tuo stile, per come altre volte hai combattuto e come hai trovato le energie per vincere e per ritornare. Ma fai attenzione alla nostalgia, potrebbe giocare brutti scherzi.
Ettore: Ricordo di Ulisse il suo vigore, il suo cuore sempre rivolto a Penelope. E la sua forza di volontà. Lo spirito guerriero, la sua ironia. Ma anche il dolore per il ritorno. E forse, caro amico, la sua vena nostalgica era misteriosa. Non accessibile.
Tiresia: Forse, sì. Forse. Ma sarà necessario trovare le ragioni per vivere, per lottare e per educarsi a morire, in qualsiasi momento, perché la morte si sconta vivendo. E Ulisse ci ha insegnato qualcosa. Ma non come Sisifo, no, Ettore, non come Sisifo.
Ariel: Tiresia fai attenzione a ciò che dici. Occorre capire anche Sisifo e il suo disagio. E capirlo. Lui che crede in noi, nelle nostre verità.
Tiresia: Lo so, lo so, Sisifo ci ascolta, come temo, ma nessun problema, capirà! E potrebbe anche intervenire. Ma forse sarà impegnato a spingere il masso per l'eternità.
(Ettore rivolto verso Tiresia.)
Ettore: Sisifo, capirà, capirà. E tu, Tiresia, mia luce. Ariel, mia dolcezza. E tu, luna barlettana! Con voi il mio cuore sfugge al freddo perenne. Ecco la luna. Ancora la veggente luna. (Tiresia scompare dalla scena.) No! Tiresia, resta qui, per un altro momento. Chissà perché in questa notte di luna barlettana, in questa notte di silenzio immortale, il mio cuore ha un battito felice, ma solo perché dovrò rivedere, un giorno, Ginevra. Tiresia, Tiresia, dove sei?
Ariel: Tiresia è una dolcezza, è un amore, il suo cuore è ardente. Pure lui ha bisogno di stare da solo. Per adesso lasciamo che vada. E in questa terra meridiana, Ettore, incontrerai Ginevra. Tiresia ha parlato.
Ettore: Tra poco parlerò ai miei cavalieri. Sanno già cosa dobbiamo fare. Per quale idea lottare. Ma i pensieri sono come mille file di lucertole innamorate e mille file di gechi che inseguono le libellule. So che domani la battaglia sarà terribile, feroce. La più violenta. Di quant'altre, mai!
Ariel: Ettore, Ettore, ancora l'ombra, la vedi?
Ettore: Sì, vedo. E quest'ombra che appare cosa chiede? E' lei la falciatrice, la sorella sconosciuta? E' lei che annuncia la parola ferma, definitiva e scontrosa, e lei che ci chiude gli occhi per affrontare l'ultimo viaggio silente verso il fiume Stige? E' lei che attese Achille e Ettore alle Porte Scee. E un senso di forza rabbiosa agita la mia mente.
(E la possibilità della morte si presentò nella mente di tutti come fosse la prima volta. Furtiva e opaca, la falciatrice, si allontanò, mormorando parole di fuoco. Sisifo l'aveva scacciata con il suo masso, feroce. Ettore Fieramosca osservò le foglie del giardino, non erano più scure ma verdi e i fiori erano bellissimi. E sentì il cuore pulsare d'amore e gli occhi si scontrarono con altre ombre, le misteriose, le ombre notturne dei cavalieri nemici, sempre in attesa.)
Ettore: Ariel, la luna questa notte è luce vivida e chiara. E con il canto di luce nel cuore e la stella di Ginevra negli occhi, andrò in battaglia.
Ariel: Ecco, Ettore. Rifletti sulle geometrie della battaglia. Costruisci, come al solito la tua mappa, con le tue strategie, con lo studio delle postazioni che prenderanno gli uomini, quando occorrerà spingere forte per vincere, per vincere Ettore, occorre vincere e lo sai! Anche per il cuore di Ginevra!
(Alba. Ettore rivolgendosi a Ginevra.)
Ettore: E allora, Ginevra, torna tra questi raggi di sole, torna per me, Ginevra! L'altra notte ti sognai e ricordo la dolcezza del tuo bacio, tra tanti pensieri di spine e timori, tra le ombre animate dal soffio del mare e il mare con i suoi cent'occhi divoratori. E quel bacio mi condusse nel cuore dell'amore, al primo incontro con te, alle passeggiate furtive, affinché i familiari non potessero scorgerci. E una volta scorsi qualcuno sostava nel giardino. Un'ombra maledetta.
(Ettore è commosso, per quel senso di gratitudine e di ammirazione che sente per la sua donna. Anche Ariel si commuove ascoltando quelle parole, quelle emozioni profonde che scaturiscono dal cuore.)
Ariel: Ma è solo un'ombra. Ettore, l'ombra. Occorre vincerla e allontanarla, fin che possiamo. La vita ha le sue ombre e le sue illuminazioni.
(Ettore rivolgendosi verso gli orizzonti, con l'immagine della sua donna negli occhi. Ma sempre volitivo, con l'impeto del condottiero capace di proteggere, lottando.)
Ettore: Ginevra, Ginevra! E' un'ombra, ripetesti. E ci nascondemmo mentre l'ombra era impassibile. Ancora l'ombra! Ecco, guarda, ma è Grajano d'Asti, il traditore. Ed era nel sogno che veniva a trovarmi. Ed ora sveglio ricordo che rimasi solo nel giardino e che forse Grajano era lì, da tempo, ad aspettarti. Così pensai. Sveglio, mi calmai, cercando di riflettere sulla sfida che mi attendeva.
(Ariel nel sentire nominare il Grajano d'Asti, s'incupì, oltremodo.)
Ariel: Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d'un sogno è raccolta la nostra breve vita. E gli oracoli, ben sanno. E dobbiamo impegnarci a lottare contro questi violenti. Siamo della stessa sostanza dei sogni, ma non vogliamo cedere.
Ettore: Perché tutti siamo un sogno. Sogniamo nascendo. Viviamo sognando. Amiamo sognando. Sogniamo amando. Combattiamo vivendo. Moriamo combattendo. E non dobbiamo cedere.
Ariel: La vita è sogno. Ma dobbiamo scorgere gli angeli della pace e dell'armonia. Ma la luna, la luna!
Ettore: Certo Ariel, certo! Ma la luna ha bisogno di ombre per vivere, necessita dei sogni umani per colorare i suoi occhi, per innamorare lo sguardo d'altre lune e d'altri fiori. Sai, le figure e le ombre che abitano i sogni non sopportano la luce dell'alba.
E oggi durante la battaglia vi penserò. Sarà l'ultimo mio compito. Pensarvi! Forse la vita è una inutile partita a carte.
(Si salutarono mentre Ariel continuava a sfogliare, pensierosa, il mazzo di carte dei Tarocchi.)
(Sipario.)
Tutti i diritti riservati.
(Sipario)
(E' quasi l'alba. Ettore Fieramosca s'appresta a salutare Ariel per raggiungere l'accampamento dove lo attendono i suoi cavalieri. Ci troviamo a poche ore prima della sfida tra i tredici francesi e i tredici italiani. Ariel, spirito d'aria, evocato da Ettore, lo ascolta, aiutandolo a concentrarsi per la battaglia che lo attende. Il condottiero di Capua che attraversa un momento difficile della sua vita, preso tra l'amore di Ginevra, i suoi nemici e i campi di battaglia, comunque riesce a condividere con Ariel, i suoi sentimenti e i progetti futuri.)
(Ettore scruta l'orizzonte, riflette, respira profondamente.)
Ettore: Il sentimento che mi percuote il cuore è sincero e la tua forza aggiunge altra forza. Mia cara Ariel, dovrò seguire la tua energia e la calma di Tiresia. Ariel penserò a difendere i cittadini e le cittadine. E desidero vincere coi miei compagni e dedicare la vittoria a Ginevra. Voglio vincere questa sfida, noi che subimmo oltraggio.
Ariel: Un'ombra, ancora l'ombra, Ettore. Neanche le ombre dormono in quest'alba bianca, color cenere.
Ettore: Un'ombra. Ma è Ginevra! In compagnia dell'indovino Tiresia. (Ettore rivolgendosi all'ombra) Ginevra, parlami, parlami. Perché non parli? (Ma Ginevra, leggera, si allontana. E allora Ettore si rivolge a Tiresia, l'indovino). E tu, Tiresia, veggente, parlami del mio futuro, dimmi di Ginevra. Ho ancora pochi minuti, prima di andare. Ma sei muto? Perché non parli?
(Tiresia si ferma e si rivolge al condottiero.)
Tiresia: Tu sai che sono cieco. Le ombre mi hanno annientato. Ma sappi che tu sei come Ulisse. Sei il nostro Ulisse meridiano. La tua forza, il tuo coraggio, il desiderio di ritornare sarà la tua luce, la tua forza. La bellezza della tua anima sarà la bussola per i tuoi guerrieri. Ricordati di Ulisse, di Penelope e del giovane figlio, Telemaco.
Ettore: Certo, certo che mi ricorderò.
Tiresia: All'alba sarà tutto difficile. Ma ricorda Ulisse, il suo atteggiamento ironico e quasi invisibile agli altri, e sostieni il tuo stile, per come altre volte hai combattuto e come hai trovato le energie per vincere e per ritornare. Ma fai attenzione alla nostalgia, potrebbe giocare brutti scherzi.
Ettore: Ricordo di Ulisse il suo vigore, il suo cuore sempre rivolto a Penelope. E la sua forza di volontà. Lo spirito guerriero, la sua ironia. Ma anche il dolore per il ritorno. E forse, caro amico, la sua vena nostalgica era misteriosa. Non accessibile.
Tiresia: Forse, sì. Forse. Ma sarà necessario trovare le ragioni per vivere, per lottare e per educarsi a morire, in qualsiasi momento, perché la morte si sconta vivendo. E Ulisse ci ha insegnato qualcosa. Ma non come Sisifo, no, Ettore, non come Sisifo.
Ariel: Tiresia fai attenzione a ciò che dici. Occorre capire anche Sisifo e il suo disagio. E capirlo. Lui che crede in noi, nelle nostre verità.
Tiresia: Lo so, lo so, Sisifo ci ascolta, come temo, ma nessun problema, capirà! E potrebbe anche intervenire. Ma forse sarà impegnato a spingere il masso per l'eternità.
(Ettore rivolto verso Tiresia.)
Ettore: Sisifo, capirà, capirà. E tu, Tiresia, mia luce. Ariel, mia dolcezza. E tu, luna barlettana! Con voi il mio cuore sfugge al freddo perenne. Ecco la luna. Ancora la veggente luna. (Tiresia scompare dalla scena.) No! Tiresia, resta qui, per un altro momento. Chissà perché in questa notte di luna barlettana, in questa notte di silenzio immortale, il mio cuore ha un battito felice, ma solo perché dovrò rivedere, un giorno, Ginevra. Tiresia, Tiresia, dove sei?
Ariel: Tiresia è una dolcezza, è un amore, il suo cuore è ardente. Pure lui ha bisogno di stare da solo. Per adesso lasciamo che vada. E in questa terra meridiana, Ettore, incontrerai Ginevra. Tiresia ha parlato.
Ettore: Tra poco parlerò ai miei cavalieri. Sanno già cosa dobbiamo fare. Per quale idea lottare. Ma i pensieri sono come mille file di lucertole innamorate e mille file di gechi che inseguono le libellule. So che domani la battaglia sarà terribile, feroce. La più violenta. Di quant'altre, mai!
Ariel: Ettore, Ettore, ancora l'ombra, la vedi?
Ettore: Sì, vedo. E quest'ombra che appare cosa chiede? E' lei la falciatrice, la sorella sconosciuta? E' lei che annuncia la parola ferma, definitiva e scontrosa, e lei che ci chiude gli occhi per affrontare l'ultimo viaggio silente verso il fiume Stige? E' lei che attese Achille e Ettore alle Porte Scee. E un senso di forza rabbiosa agita la mia mente.
(E la possibilità della morte si presentò nella mente di tutti come fosse la prima volta. Furtiva e opaca, la falciatrice, si allontanò, mormorando parole di fuoco. Sisifo l'aveva scacciata con il suo masso, feroce. Ettore Fieramosca osservò le foglie del giardino, non erano più scure ma verdi e i fiori erano bellissimi. E sentì il cuore pulsare d'amore e gli occhi si scontrarono con altre ombre, le misteriose, le ombre notturne dei cavalieri nemici, sempre in attesa.)
Ettore: Ariel, la luna questa notte è luce vivida e chiara. E con il canto di luce nel cuore e la stella di Ginevra negli occhi, andrò in battaglia.
Ariel: Ecco, Ettore. Rifletti sulle geometrie della battaglia. Costruisci, come al solito la tua mappa, con le tue strategie, con lo studio delle postazioni che prenderanno gli uomini, quando occorrerà spingere forte per vincere, per vincere Ettore, occorre vincere e lo sai! Anche per il cuore di Ginevra!
(Alba. Ettore rivolgendosi a Ginevra.)
Ettore: E allora, Ginevra, torna tra questi raggi di sole, torna per me, Ginevra! L'altra notte ti sognai e ricordo la dolcezza del tuo bacio, tra tanti pensieri di spine e timori, tra le ombre animate dal soffio del mare e il mare con i suoi cent'occhi divoratori. E quel bacio mi condusse nel cuore dell'amore, al primo incontro con te, alle passeggiate furtive, affinché i familiari non potessero scorgerci. E una volta scorsi qualcuno sostava nel giardino. Un'ombra maledetta.
(Ettore è commosso, per quel senso di gratitudine e di ammirazione che sente per la sua donna. Anche Ariel si commuove ascoltando quelle parole, quelle emozioni profonde che scaturiscono dal cuore.)
Ariel: Ma è solo un'ombra. Ettore, l'ombra. Occorre vincerla e allontanarla, fin che possiamo. La vita ha le sue ombre e le sue illuminazioni.
(Ettore rivolgendosi verso gli orizzonti, con l'immagine della sua donna negli occhi. Ma sempre volitivo, con l'impeto del condottiero capace di proteggere, lottando.)
Ettore: Ginevra, Ginevra! E' un'ombra, ripetesti. E ci nascondemmo mentre l'ombra era impassibile. Ancora l'ombra! Ecco, guarda, ma è Grajano d'Asti, il traditore. Ed era nel sogno che veniva a trovarmi. Ed ora sveglio ricordo che rimasi solo nel giardino e che forse Grajano era lì, da tempo, ad aspettarti. Così pensai. Sveglio, mi calmai, cercando di riflettere sulla sfida che mi attendeva.
(Ariel nel sentire nominare il Grajano d'Asti, s'incupì, oltremodo.)
Ariel: Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d'un sogno è raccolta la nostra breve vita. E gli oracoli, ben sanno. E dobbiamo impegnarci a lottare contro questi violenti. Siamo della stessa sostanza dei sogni, ma non vogliamo cedere.
Ettore: Perché tutti siamo un sogno. Sogniamo nascendo. Viviamo sognando. Amiamo sognando. Sogniamo amando. Combattiamo vivendo. Moriamo combattendo. E non dobbiamo cedere.
Ariel: La vita è sogno. Ma dobbiamo scorgere gli angeli della pace e dell'armonia. Ma la luna, la luna!
Ettore: Certo Ariel, certo! Ma la luna ha bisogno di ombre per vivere, necessita dei sogni umani per colorare i suoi occhi, per innamorare lo sguardo d'altre lune e d'altri fiori. Sai, le figure e le ombre che abitano i sogni non sopportano la luce dell'alba.
E oggi durante la battaglia vi penserò. Sarà l'ultimo mio compito. Pensarvi! Forse la vita è una inutile partita a carte.
(Si salutarono mentre Ariel continuava a sfogliare, pensierosa, il mazzo di carte dei Tarocchi.)
(Sipario.)
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