La città
«E’ un vestito che ti cuci addosso fino alla morte»
La Mary racconta la sua storia attraverso il mondo dei tatuaggi. Madre, byker, tatuata: essere autentici a Barletta è possibile?
Barletta - martedì 9 aprile 2013
Barlettalife esplora il mondo dei tatuaggi e dei tatuati, una pratica antichissima quella dell'incisione con rilascio di inchiostro sulla pelle, che fonda le sue origini a circa 5000 anni fa. Ripercorrendo le viscere di un percorso fatto di dolore, ammirazione e coraggio, ci si ritrova in mondi e usi rituali sconosciuti. Per le giovani donne tahitiane il tatuaggio rappresentava in passato il conseguimento della maturità sessuale, nel sud e nel centro del Pacifico essere tatuati era indice di padronanza culturale, in Giappone simbolizzava conquiste e pratiche magiche, mentre tutt'ora è utilizzato dalla Yakuza (la mafia giapponese) per riprodurre sul proprio corpo simboli di qualità morali che i criminali devono emulare. In Italia nella variegata città di Barletta ai giovani e meno non dispiace farsi tatuare, e così per scoprire come l'essere tatuati possa incidere sulla vita di una donna alle nostre latitudini, parliamo con La Mary, una giovane donna barlettana, tatuata per gran parte del corpo, madre da poco, per la quale il mondo del tatuaggio rappresenta gran parte della sua essenza di donna.
Quanti anni avevi quando è sorta in te la voglia di iniziare a tatuarti e in che modo hai coltivato questa passione? Tra tutti i tatuaggi che hai qual è quello per te più significativo?
«Sin da quando ero piccolissima avevo amici tatuati, così da subito ho iniziato ad informarmi a studiare e capire l'origine del tatuaggio stesso. A quindici anni ho fatto il mio primo tatuaggio di nascosto dai miei genitori, in un posto nascosto, loro una volta che l'hanno scoperto mi hanno lasciato la libertà di decidere, ovviamente dicendomi che essendo padrona del mio corpo potevo farne ciò che desideravo. Il secondo l'ho fatto a diciotto anni, ma in principio mi son detta "arriveranno le storie da tatuare sul mio corpo", avendo vissuto per dieci anni fuori Barletta da sola, di cose ne sono successe tante e di conseguenza sono stati tanti i tatuaggi che ne sono venuti fuori. Non sono pentita di nessuno dei tatuaggi che ho, anche se ci sono quelli per me adesso belli, meno belli, quelli brutti, fanno tutti parte del mio essere. In genere non dico mai cosa significhino i miei tatuaggi, ma tra tutti quello per me più importante, e che incuriosisce spesso gli altri, è la carta della morte, che rappresenta la morte di mio padre».
Oltre che appassionata di tatuaggi, sei anche una motociclista come poche, in che modo si correlano tra loro e dentro di te questi due mondi?
«La mia passione per le moto è cominciata a diciassette anni, quando passando davanti alla vetrina in cui era esposto un VF 750 non ho saputo farne almeno, e nonostante non avessi la patente ho voluto che diventasse mio. In seguito ho preso la patente per la moto, ho iniziato ad interessarmi anche a quel mondo, a frequentare club di motociclisti, spesso e volentieri coloro che hanno le moto hanno sempre anche i tatuaggi, i due mondi vanno praticamente a braccetto. Infatti alcuni dei miei tatoo hanno un chiaro riferimento a questa mia passione, a quegli anni che ho vissuto frequentando i loro club, effettivamente si diventa quasi fratelli tra bykers, c'è molto più rispetto tra due ruote che tra quattro».
Credi ci sia qualche attinenza tra il mondo dei tatuaggi e quello della sensualità? Un tatuaggio fa sentire più sexy chi lo porta sul proprio corpo?
«Assolutamente no, anzi io mi sento molto maschile con i tatuaggi addosso, un corpo pulito senza tatuaggi è femminile, è bellissimo, mentre con i tatuaggi credo perda molto, tranne che agli occhi di un uomo che condivide questa grande passione. Non mi sembra di essere chissà quanto più sexy delle altre donne non tatuate, anzi per me è anche più difficile vestire in maniera femminile, un vestito "da donna" stonerebbe sul mio corpo, ma non mi pento di averli e di averne così tanti, perché sono la mia vita sul mio corpo, è come se fossi praticamente nata con i tatuaggi».
Quando una donna si trova ad essere madre, soprattutto il corpo è portato a subire grandi cambiamenti. Tu come hai vissuto la fase della maternità avendo tatuaggi su gran parte del tuo? Tra vent'anni che tipo di madre sarai?
«Malissimo, perché non ho potuto tatuarmi. Proprio quando stavo coprendo con un altro disegno uno dei miei primi tatuaggi, ho scoperto di essere incinta. Avrei potuto continuare visto che non ci sono ripercussioni sul feto, ma essendo proprio la pancia la zona che stavo tatuando in quel momento ho preferito bloccare i lavori. Tuttora sto aspettando che passi la fase dell'allattamento per ricominciare a tatuarmi. Pensandoci tra vent'anni avrò l'età di mia madre e mia madre è tatuata, con una pelle fortunatamente ancora bellissima. Tra quarant'anni sarò una madre anziana tatuata e sarò diciamo abbastanza "vestita", senza nessun rimpianto, soddisfatta del mio percorso di vita, poi per fortuna quando si è più grandi si ha più freddo quindi non avrò tanta difficoltà a coprirmi».
Pensando al futuro, credi che possa giungere il giorno in cui non sarà più impellente in te il desiderio di tatuarti?
«Certamente smetterò, forse quando non avrò più nulla da raccontare. Probabilmente quando io mi fermerò sarà la volta di mia figlia. Spero che comunque abbia un domani la maturità di tatuarsi con coscienza e all'età giusta, ma tutto sommato ci rimarrei male se non dovesse amare i tatuaggi, se magari stufa di avere sempre dinanzi a se due genitori tatuati per essere esclusiva dovesse decidere di non tatuarsi mai. Per come la vedo io per fortuna il tatuaggio è per sempre, altro che un diamante o un marito, è un vestito che ti cuci addosso e che ti accompagna fino alla morte».
Quale, per te, nella maniera più assoluta tra tutte le parti del corpo costituisce una zona limite per i tatuaggi? Mentre il tatuaggio è mai stato un limite per te nella vita a Barletta?
«Inizialmente pensavo che non mi sarei mai tatuata sulle braccia e sulle gambe, poi di punto in bianco ho chiesto a un mio cugino tatuatore di farmi un disegno sul braccio, una volta completata l'opera mi sono chiesta come avessi vissuto senza fino ad allora. Da quel momento in poi non ho più avuto limiti, in effetti adesso i miei tatuaggi sono sulle mie gambe fino alle ginocchia, e in futuro vorrei anche tatuarmi gomiti, mani e caviglie. Effettivamente per me non è mai stato un problema avere dei tatuaggi, ma una volta giunta a Barletta ho iniziato a capire di essere molto osservata, anche per il modo in cui vestivo, tra cui gilet con attaccate tutte le patch dei vari raduni fatti con i bykers, bandana ai capelli. Ho anche litigato per il modo in cui la gente mi guardava, io in fondo ho sempre pensato ai fatti miei, ma con il passare degli anni ho iniziato a normalizzarmi nel vestire anche in maniera inconscia. Adesso essendo diventata una moda quella dei tatuaggi, non credo di essere poi tanto diversa dagli altri».
Quanti anni avevi quando è sorta in te la voglia di iniziare a tatuarti e in che modo hai coltivato questa passione? Tra tutti i tatuaggi che hai qual è quello per te più significativo?
«Sin da quando ero piccolissima avevo amici tatuati, così da subito ho iniziato ad informarmi a studiare e capire l'origine del tatuaggio stesso. A quindici anni ho fatto il mio primo tatuaggio di nascosto dai miei genitori, in un posto nascosto, loro una volta che l'hanno scoperto mi hanno lasciato la libertà di decidere, ovviamente dicendomi che essendo padrona del mio corpo potevo farne ciò che desideravo. Il secondo l'ho fatto a diciotto anni, ma in principio mi son detta "arriveranno le storie da tatuare sul mio corpo", avendo vissuto per dieci anni fuori Barletta da sola, di cose ne sono successe tante e di conseguenza sono stati tanti i tatuaggi che ne sono venuti fuori. Non sono pentita di nessuno dei tatuaggi che ho, anche se ci sono quelli per me adesso belli, meno belli, quelli brutti, fanno tutti parte del mio essere. In genere non dico mai cosa significhino i miei tatuaggi, ma tra tutti quello per me più importante, e che incuriosisce spesso gli altri, è la carta della morte, che rappresenta la morte di mio padre».
Oltre che appassionata di tatuaggi, sei anche una motociclista come poche, in che modo si correlano tra loro e dentro di te questi due mondi?
«La mia passione per le moto è cominciata a diciassette anni, quando passando davanti alla vetrina in cui era esposto un VF 750 non ho saputo farne almeno, e nonostante non avessi la patente ho voluto che diventasse mio. In seguito ho preso la patente per la moto, ho iniziato ad interessarmi anche a quel mondo, a frequentare club di motociclisti, spesso e volentieri coloro che hanno le moto hanno sempre anche i tatuaggi, i due mondi vanno praticamente a braccetto. Infatti alcuni dei miei tatoo hanno un chiaro riferimento a questa mia passione, a quegli anni che ho vissuto frequentando i loro club, effettivamente si diventa quasi fratelli tra bykers, c'è molto più rispetto tra due ruote che tra quattro».
Credi ci sia qualche attinenza tra il mondo dei tatuaggi e quello della sensualità? Un tatuaggio fa sentire più sexy chi lo porta sul proprio corpo?
«Assolutamente no, anzi io mi sento molto maschile con i tatuaggi addosso, un corpo pulito senza tatuaggi è femminile, è bellissimo, mentre con i tatuaggi credo perda molto, tranne che agli occhi di un uomo che condivide questa grande passione. Non mi sembra di essere chissà quanto più sexy delle altre donne non tatuate, anzi per me è anche più difficile vestire in maniera femminile, un vestito "da donna" stonerebbe sul mio corpo, ma non mi pento di averli e di averne così tanti, perché sono la mia vita sul mio corpo, è come se fossi praticamente nata con i tatuaggi».
Quando una donna si trova ad essere madre, soprattutto il corpo è portato a subire grandi cambiamenti. Tu come hai vissuto la fase della maternità avendo tatuaggi su gran parte del tuo? Tra vent'anni che tipo di madre sarai?
«Malissimo, perché non ho potuto tatuarmi. Proprio quando stavo coprendo con un altro disegno uno dei miei primi tatuaggi, ho scoperto di essere incinta. Avrei potuto continuare visto che non ci sono ripercussioni sul feto, ma essendo proprio la pancia la zona che stavo tatuando in quel momento ho preferito bloccare i lavori. Tuttora sto aspettando che passi la fase dell'allattamento per ricominciare a tatuarmi. Pensandoci tra vent'anni avrò l'età di mia madre e mia madre è tatuata, con una pelle fortunatamente ancora bellissima. Tra quarant'anni sarò una madre anziana tatuata e sarò diciamo abbastanza "vestita", senza nessun rimpianto, soddisfatta del mio percorso di vita, poi per fortuna quando si è più grandi si ha più freddo quindi non avrò tanta difficoltà a coprirmi».
Pensando al futuro, credi che possa giungere il giorno in cui non sarà più impellente in te il desiderio di tatuarti?
«Certamente smetterò, forse quando non avrò più nulla da raccontare. Probabilmente quando io mi fermerò sarà la volta di mia figlia. Spero che comunque abbia un domani la maturità di tatuarsi con coscienza e all'età giusta, ma tutto sommato ci rimarrei male se non dovesse amare i tatuaggi, se magari stufa di avere sempre dinanzi a se due genitori tatuati per essere esclusiva dovesse decidere di non tatuarsi mai. Per come la vedo io per fortuna il tatuaggio è per sempre, altro che un diamante o un marito, è un vestito che ti cuci addosso e che ti accompagna fino alla morte».
Quale, per te, nella maniera più assoluta tra tutte le parti del corpo costituisce una zona limite per i tatuaggi? Mentre il tatuaggio è mai stato un limite per te nella vita a Barletta?
«Inizialmente pensavo che non mi sarei mai tatuata sulle braccia e sulle gambe, poi di punto in bianco ho chiesto a un mio cugino tatuatore di farmi un disegno sul braccio, una volta completata l'opera mi sono chiesta come avessi vissuto senza fino ad allora. Da quel momento in poi non ho più avuto limiti, in effetti adesso i miei tatuaggi sono sulle mie gambe fino alle ginocchia, e in futuro vorrei anche tatuarmi gomiti, mani e caviglie. Effettivamente per me non è mai stato un problema avere dei tatuaggi, ma una volta giunta a Barletta ho iniziato a capire di essere molto osservata, anche per il modo in cui vestivo, tra cui gilet con attaccate tutte le patch dei vari raduni fatti con i bykers, bandana ai capelli. Ho anche litigato per il modo in cui la gente mi guardava, io in fondo ho sempre pensato ai fatti miei, ma con il passare degli anni ho iniziato a normalizzarmi nel vestire anche in maniera inconscia. Adesso essendo diventata una moda quella dei tatuaggi, non credo di essere poi tanto diversa dagli altri».