Violenza sulle donne
Violenza sulle donne
Servizi sociali

E’ questa lettera, l’8 marzo

Segregata in casa ma ne sono uscita. Grande la forza di volontà di chi ha avuto la forza di uscirne

Riceviamo e pubblichiamo il contenuto di questa dolorosa lettera. La donna che ce la invia desidera solo una cosa: che altre donne che si riconoscono nella sua stessa situazione abbiano, come lei ha avuto, la forza di uscirne.

Sono una donna di 40 anni, sposata e madre di 4 figli, di 17, 13, 10 e 7 anni. Subito dopo il matrimonio ho capito che la vita per me non sarebbe stata facile: appena entrata nella mia nuova casa sono stata letteralmente segregata da mio marito; nessun contatto con i miei genitori o con i parenti o con amici, frequenti attacchi di morbosa gelosia, accuse continue di tradimento, violenza fisica e verbale. Ho resistito perché gli volevo bene e perché speravo che con la nascita dei figli si sarebbe calmato. Non è stato così: finchè infatti i bambini erano piccoli ed io ero costretta a restare a casa per accudirli sembrava più calmo; forse perché poteva controllarmi meglio. Quando raggiunsero l'età della scuola ed io dovevo accompagnarli all'entrata e all'uscita, ricominciarono sospetti, botte, soprusi di ogni genere.

Neppure una mia lunga malattia è servita a modificare il suo carattere; continuava a pensare che io fingessi e tramassi nell'ombra contro di lui. Anche i miei figli sono stati oggetto delle sue "attenzioni", specie il maschio più grande che aveva il compito di controllare ogni mio passo e riferire al padre. Spesso, non fidandosi del figlio, in piena notte mi picchiava perché confessasi il nome dei miei amanti e dove, quando, come e con chi lo avessi tradito. Quando ero incinta del terzo figlio, già al sesto mese di gravidanza, mi picchiò così forte che chiamai la polizia e tornai dai miei con i miei figli. In precedenza ero pure stata medicata al Pronto Soccorso, ma per paura avevo detto di essere caduta per le scale. La polizia mi liberò solo per poco di lui: era sempre sotto il portone minaccioso e mi tormentava telefonandomi ad ogni ora.

Fui costretta a ricorrere ad un avvocato e mio marito firmò una dichiarazione dicendosi pentito e disposto ad accogliere i miei genitori e a non usarmi più violenza. Ma la mia vita non è cambiata; viviamo miseramente perché lui ha il controllo totale dei soldi, abitiamo in due piccole stanze e siamo in 6, e, tra l'altro, ha ripreso ad alzare le mani su di me. E' stato furbo anche: mi ha denunciato ai Carabinieri dicendo che sono pericolosa per me (mi faccio male da sola) e per i figli. Sono spenta e svuotata di ogni energia. Non so più cosa fare, né a chi rivolgermi. Ho letto del vostro Centro sul giornale e ho pensato che potevo raccontarvi la mia storia per avere un consiglio. Vi prego, aiutatemi! Senza un lavoro anche piccolo, per me e per mio figlio più grande, non posso che arrendermi e continuare a subire.

Segregata in casa
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