Eventi
Donne e resistenza: incontro con la partigiana Bianca Bracci Torsi
Incontro - evento all’Istituto “Colasanto” di Andria. Di Cuonzo: «La Costituzione è un mazzo di fiori di campo da difendere»
Barletta - venerdì 22 aprile 2011
Si è svolto ieri presso l'Istituto Professionale "G. Colasanto" di Andria, il secondo e ultimo appuntamento di "Donne e resistenza … bentornata primavera", ciclo di incontri organizzati dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia BAT, in collaborazione con il Comune di Barletta, l'Archivio della Memoria e della Resistenza e l'ARCI "Carlo Cafiero". L'evento rappresenta una vera e propria testa di ponte fra città, perseguendo l'obiettivo di coinvolgere maggiormente nelle attività dell'ANPI BAT, nell'imminenza delle celebrazioni per il 66° Anniversario della Liberazione dal nazifascismo, le altre due città capoluogo della sesta provincia pugliese, un po' oscurate dal riconosciuto valore militare e civile della Città della Disfida.
Ospite di questo nuovo convegno, la partigiana toscana Bianca Bracci Torsi, intellettuale, giornalista, dirigente e cofondatrice del Partito della Rifondazione Comunista nel 1991. Tra i relatori, l'Assessore regionale Maria Campese; il responsabile dell'Archivio della Memoria, prof. Luigi Di Cuonzo; il presidente dell'ANPI BAT nonché preside dell'Istituto "Colasanto", prof. Roberto Tarantino. Nel corso della manifestazione, a cui hanno partecipato attivamente gli studenti e i docenti del "Colasanto", è stata presentata al pubblico l'opera "Il colore del petrolio" dell'artista Paolo Vitali (già preside del Liceo Scientifico "Cafiero" di Barletta), una "Guernica" dei giorni nostri, che colpisce e lascia amarezza nella sua rappresentazione delle conseguenze devastanti della guerra.
Questo ciclo di incontri non poteva non ricordare il fondamentale ruolo svolto dalle donne nella lotta al nazifascismo e le sofferenze atroci che hanno subito svolgendo compiti tra i più pericolosi. Non poteva e non si possono dimenticare le violenze, le torture e le deportazioni che le donne hanno patito durante il secondo conflitto mondiale. Né tantomeno non poteva non sottolineare quanto sia stata importante la conquista, attraverso il fuoco e il sangue indelebile della lotta partigiana, della cittadinanza politica delle donne, esercitata la prima volta quel 2 giugno 1946.
«Ero molto arrabbiata con il mio comandante perché mi disse: «io non mando i bambini ad ammazzare la gente» racconta così la sua esperienza da partigiana la Bracci Torsi, la cui risposta al suo vecchio capo riassume in sé il fiero carattere battagliero di questa donna minuta, che mal sopporta le ingiustizie del mondo, e contempera alla stesso tempo l'amaro significato della lotta antifascista: «Io voglio ammazzare i fascisti e i tedeschi, quelli che ammazzano noi». Poi il suo lato di divulgatrice e intellettuale vien fuori: «Chi doveva e poteva bloccare i fascisti non l'ha fatto per debolezza e acquiescenza […]. Le donne sotto il fascismo non potevano insegnare la storia, il latino e il greco nelle scuole superiori, perché materie virili». Ricorda le limitazioni di allora all'assunzione delle donne nel mondo del lavoro e il ruolo destinato ad esse nel focolare domestico; il divieto di ricostituzione del PNF e di apologia del fascismo previsti dalla Legge Scelba che ogni giorno si viola impunemente. Infine il suo profilo di militante affonda i colpi nell'attualità e ne ha per tutti: «Il capo del governo dovrebbe prendere la strada giusta che sappiamo tutti qual è […]. La proposta di Marchionne è al pari del corporativismo fascista […]. Quando c'è una certa sicurezza, manca la forza del sindacato. Ci vuole più coraggio per scioperare e protestare». Non dimentica lo scarso peso dell'opposizione: «mi sento più vicina ai centri sociali che ai monarchici, bisogna individuare il fascismo di oggi e sconfiggerlo con una nuova resistenza e un nuovo antifascismo».
Da parte sua l'Assessore Campese ha rammentato come con la Resistenza, la Costituzione e la democrazia, le donne hanno seguito un percorso di emancipazione sul campo, il cui frutto più maturo, l'acquisizione del diritto di voto, ha reso le donne non più appendice di qualcuno. Rievocando la battaglia per i diritti – e in primis la cancellazione del delitto d'onore – la Campese ha messo in guardia sui tentativi di minare e sottrarre i diritti alle donne, con pratiche gravissime come la firma delle dimissioni in bianco dal proprio lavoro in caso di gravidanza. Il suo j'accuse si è poi spostato alle ultime dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla scuola pubblica, agli attacchi ai docenti accusati di dare segnali e messaggi agli studenti diversi da quelli che i genitori vorrebbero fossero dati, ai rischi di divisione sociale generati da una scuola privata per ricchi e una pubblica per poveri.
Al termine della manifestazione Bianca Bracci Torsi ha rilasciato gentilmente l'intervista a Barlettalife qui di seguito riportata.
Signora Torsi, ha ancora senso essere partigiani oggi?
R. Direi che oggi ha di nuovo senso, perché si tratta di lottare insieme contro un nemico comune, che è stata la forza di unire forze diversissime nel '43, e anche oggi può unire forze diverse, perché il nemico attuale è sempre lo stesso, un fascismo che, come recita la legge Scelba, vietato in ogni forma, si presenta sotto una forma diversa, con parole diverse, ovviamente con facce diverse … oddio con facce diverse nemmeno tanto, c'è qualche ministro che la faccia da fascista ce l'ha e anche i modi … mah comunque nuove. Per cui oggi serve una nuova Resistenza e nuovi partigiani.
La cronaca quotidiana rappresenta la figura della donna come cortigiana e prostituita al potente. Che messaggio vuole trasmettere alle giovani donne di domani?
R. Prostituirsi può essere una triste necessità, indotta dalla miseria, da condizioni particolari, ma una donna che ha un quoziente intellettuale nella norma, così come un uomo sia ben inteso, può vivere bene anche senza il bisogno di prostituirsi. Quando poi la prostituzione arriva al punto da portare a ricoprire ruoli pubblici, questo è ancora più grave, per chi ci capita sotto ma anche per la persona stessa che si trova a fare un ruolo che non sa, che fa per forza di cose come una marionetta in mano d'altri. Questa è una cosa molto triste.
Cosa risponde a certe tendenze revisioniste che accusano i partigiani di aver commesso crimini orrendi al pari di quelli dei nazifascisti?
(sorride, ndr). Una guerra si fa sparando e sparando si uccide naturalmente. Oltre a morire si uccide anche. Il revisionismo è qualcosa che viene lasciato circolare, non è il revisionismo degli storici, è un revisionismo di giornalisti o altra gente che scrive tipo Pansa, che dice cose assurde, palesemente assurde. Non esistono crimini terribili, può essere avvenuto dopo la guerra, che un uomo che ha visto suo padre portato sotto casa, torturato e fucilato sulla porta di casa (correggo, lui non l'ha visto perché era in montagna, ma la madre ha visto ed è impazzita), quando è tornato dal fare il partigiano, ha rivisto l'assassino di suo padre che invece di essere in galera come doveva essere, circolare libero per il paese gli ha sparato. Questo è un crimine orrendo? Io avrei fatto lo stesso ma non sono un termine di paragone adatto perché non sono particolarmente non violenta ma credo che chiunque avrebbe fatto lo stesso. La responsabilità è di chi non ha fatto pagare il fio a questa gente. È stata ammazzata dopo certo, è una reazione direi normale.
Un'ultima domanda: quale è il valore più importante dell'esperienza resistenziale antifascista che secondo Lei le nuove generazioni non dovrebbero e non devono perdere?
L'odio per il nemico (lungo silenzio, ndr) e la necessità di combattere per il bene di tutti.
Ospite di questo nuovo convegno, la partigiana toscana Bianca Bracci Torsi, intellettuale, giornalista, dirigente e cofondatrice del Partito della Rifondazione Comunista nel 1991. Tra i relatori, l'Assessore regionale Maria Campese; il responsabile dell'Archivio della Memoria, prof. Luigi Di Cuonzo; il presidente dell'ANPI BAT nonché preside dell'Istituto "Colasanto", prof. Roberto Tarantino. Nel corso della manifestazione, a cui hanno partecipato attivamente gli studenti e i docenti del "Colasanto", è stata presentata al pubblico l'opera "Il colore del petrolio" dell'artista Paolo Vitali (già preside del Liceo Scientifico "Cafiero" di Barletta), una "Guernica" dei giorni nostri, che colpisce e lascia amarezza nella sua rappresentazione delle conseguenze devastanti della guerra.
Questo ciclo di incontri non poteva non ricordare il fondamentale ruolo svolto dalle donne nella lotta al nazifascismo e le sofferenze atroci che hanno subito svolgendo compiti tra i più pericolosi. Non poteva e non si possono dimenticare le violenze, le torture e le deportazioni che le donne hanno patito durante il secondo conflitto mondiale. Né tantomeno non poteva non sottolineare quanto sia stata importante la conquista, attraverso il fuoco e il sangue indelebile della lotta partigiana, della cittadinanza politica delle donne, esercitata la prima volta quel 2 giugno 1946.
«Ero molto arrabbiata con il mio comandante perché mi disse: «io non mando i bambini ad ammazzare la gente» racconta così la sua esperienza da partigiana la Bracci Torsi, la cui risposta al suo vecchio capo riassume in sé il fiero carattere battagliero di questa donna minuta, che mal sopporta le ingiustizie del mondo, e contempera alla stesso tempo l'amaro significato della lotta antifascista: «Io voglio ammazzare i fascisti e i tedeschi, quelli che ammazzano noi». Poi il suo lato di divulgatrice e intellettuale vien fuori: «Chi doveva e poteva bloccare i fascisti non l'ha fatto per debolezza e acquiescenza […]. Le donne sotto il fascismo non potevano insegnare la storia, il latino e il greco nelle scuole superiori, perché materie virili». Ricorda le limitazioni di allora all'assunzione delle donne nel mondo del lavoro e il ruolo destinato ad esse nel focolare domestico; il divieto di ricostituzione del PNF e di apologia del fascismo previsti dalla Legge Scelba che ogni giorno si viola impunemente. Infine il suo profilo di militante affonda i colpi nell'attualità e ne ha per tutti: «Il capo del governo dovrebbe prendere la strada giusta che sappiamo tutti qual è […]. La proposta di Marchionne è al pari del corporativismo fascista […]. Quando c'è una certa sicurezza, manca la forza del sindacato. Ci vuole più coraggio per scioperare e protestare». Non dimentica lo scarso peso dell'opposizione: «mi sento più vicina ai centri sociali che ai monarchici, bisogna individuare il fascismo di oggi e sconfiggerlo con una nuova resistenza e un nuovo antifascismo».
Da parte sua l'Assessore Campese ha rammentato come con la Resistenza, la Costituzione e la democrazia, le donne hanno seguito un percorso di emancipazione sul campo, il cui frutto più maturo, l'acquisizione del diritto di voto, ha reso le donne non più appendice di qualcuno. Rievocando la battaglia per i diritti – e in primis la cancellazione del delitto d'onore – la Campese ha messo in guardia sui tentativi di minare e sottrarre i diritti alle donne, con pratiche gravissime come la firma delle dimissioni in bianco dal proprio lavoro in caso di gravidanza. Il suo j'accuse si è poi spostato alle ultime dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla scuola pubblica, agli attacchi ai docenti accusati di dare segnali e messaggi agli studenti diversi da quelli che i genitori vorrebbero fossero dati, ai rischi di divisione sociale generati da una scuola privata per ricchi e una pubblica per poveri.
Al termine della manifestazione Bianca Bracci Torsi ha rilasciato gentilmente l'intervista a Barlettalife qui di seguito riportata.
Signora Torsi, ha ancora senso essere partigiani oggi?
R. Direi che oggi ha di nuovo senso, perché si tratta di lottare insieme contro un nemico comune, che è stata la forza di unire forze diversissime nel '43, e anche oggi può unire forze diverse, perché il nemico attuale è sempre lo stesso, un fascismo che, come recita la legge Scelba, vietato in ogni forma, si presenta sotto una forma diversa, con parole diverse, ovviamente con facce diverse … oddio con facce diverse nemmeno tanto, c'è qualche ministro che la faccia da fascista ce l'ha e anche i modi … mah comunque nuove. Per cui oggi serve una nuova Resistenza e nuovi partigiani.
La cronaca quotidiana rappresenta la figura della donna come cortigiana e prostituita al potente. Che messaggio vuole trasmettere alle giovani donne di domani?
R. Prostituirsi può essere una triste necessità, indotta dalla miseria, da condizioni particolari, ma una donna che ha un quoziente intellettuale nella norma, così come un uomo sia ben inteso, può vivere bene anche senza il bisogno di prostituirsi. Quando poi la prostituzione arriva al punto da portare a ricoprire ruoli pubblici, questo è ancora più grave, per chi ci capita sotto ma anche per la persona stessa che si trova a fare un ruolo che non sa, che fa per forza di cose come una marionetta in mano d'altri. Questa è una cosa molto triste.
Cosa risponde a certe tendenze revisioniste che accusano i partigiani di aver commesso crimini orrendi al pari di quelli dei nazifascisti?
(sorride, ndr). Una guerra si fa sparando e sparando si uccide naturalmente. Oltre a morire si uccide anche. Il revisionismo è qualcosa che viene lasciato circolare, non è il revisionismo degli storici, è un revisionismo di giornalisti o altra gente che scrive tipo Pansa, che dice cose assurde, palesemente assurde. Non esistono crimini terribili, può essere avvenuto dopo la guerra, che un uomo che ha visto suo padre portato sotto casa, torturato e fucilato sulla porta di casa (correggo, lui non l'ha visto perché era in montagna, ma la madre ha visto ed è impazzita), quando è tornato dal fare il partigiano, ha rivisto l'assassino di suo padre che invece di essere in galera come doveva essere, circolare libero per il paese gli ha sparato. Questo è un crimine orrendo? Io avrei fatto lo stesso ma non sono un termine di paragone adatto perché non sono particolarmente non violenta ma credo che chiunque avrebbe fatto lo stesso. La responsabilità è di chi non ha fatto pagare il fio a questa gente. È stata ammazzata dopo certo, è una reazione direi normale.
Un'ultima domanda: quale è il valore più importante dell'esperienza resistenziale antifascista che secondo Lei le nuove generazioni non dovrebbero e non devono perdere?
L'odio per il nemico (lungo silenzio, ndr) e la necessità di combattere per il bene di tutti.