Religioni
Don Vincenzo Misuriello presbitero da 25 anni
Cerimonia domani nel santuario di Maria SS. dello Sterpeto
Barletta - venerdì 28 giugno 2024
Sabato 29 giugno 2024, a Barletta, nel Santuario Maria SS. dello Sterpeto, alle ore 20.00, durante una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall'Arcivescovo mons. Leonardo D'Ascenzo, don Vincenzo Misuriello renderà il grazie a Dio in occasione del 25° anniversario della sua ordinazione presbiterale, avvenuta il 26 giugno 1999, a Barletta, nella Concattedrale, durante una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall'allora mons. Francesco Monterisi, segretario della Congregazione Pontificia dei Vescovi. Mons. Carmelo Cassati, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, all'epoca era in malattia.
Di seguito si porgono alcuni passaggi di un'intervista rilasciata da don Vincenzo al mensile diocesano In Comunione. Alla domanda che fosse per lui il prete, ha così risposto: «Un uomo di Dio. Così mi piace pensare il ministero sacerdotale nel contesto attuale. Innanzitutto e profondamente un uomo, un "esperto in umanità", espressa con tenerezza, accoglienza e sensibilità. Un uomo dall'alto senso di giustizia per farsi prossimo a tutti nelle varie e attuali povertà.
Il prete oggi più che mai deve essere soprattutto dedito all'ascolto. Per essere "di Dio" deve quotidianamente ascoltare la sua Parola con la preghiera e la meditazione e poi mettersi in ascolto degli altri. Oggi ci sono tante figure professionali e competenti di sostegno alle problematiche umane, lo specifico di un prete, invece, è affrontarle alla luce della Parola di Dio, con la carità del Buon Pastore.
Ascoltare è il primo segno di accoglienza, di carità per i fedeli che il prete incontra. Ne sono stato sempre convinto di questo (lo dissi venticinque anni fa nell'intervista al periodico parrocchiale "Tentativo") e credo che sia oggi ancor più necessario.
Il Signore ci ha scelti per la sanificazione del popolo di Dio, perciò noi preti per primi dobbiamo impegnarci nel cammino della santità, quella ordinaria della porta accanto, come ci ha chiesto papa Francesco nella "Gaudete et exultate", e che si realizza nel compimento dei doveri quotidiani con la straordinarietà dell'amore. In questo senso il prete dev'essere sempre più uomo di Dio.
Riassumo questa riflessione in due immagini dell'inno delle Lodi del Comune dei Santi Pastori; il prete sia "Maestro di sapienza" e "Padre nella fede". Sia testimone di quella sapienza che è dono dello Spirito e che attinge dalla Parola, della saggezza del cuore di chi mette in pratica la volontà di Dio. E sia educatori alla fede esercitando una amorevole paternità, non desiderando altro che il progresso spirituale dei fedeli.
Infine il prete è uomo di comunione, un impegno di "decentramento" da sé stesso per essere unito al suo Vescovo e al suo presbiterio, al di là delle differenze personali. E quindi esempio e artefice di comunione nelle Comunità in cui vive».
E alla domanda "Prete e sofferenza! Ti senti in qualche modo accomunato alla croce di Cristo?", don Enzo ha affermato: «Io vivo sulla mia carne il mistero del dolore, ma ogni sacerdote in quanto tale è associato alla croce di Cristo attraverso varie forme di sofferenza. La malattia è una di queste, non l'unica. Ovviamente quella fisica è più percettibile e pesa notevolmente quando è irrimediabilmente invalidante come la mia; ad ogni modo, però, in qualsiasi sofferenza siamo chiamati a completare in noi «quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Ed è così che vivo la mia malattia, divenuta parte integrante del mio ministero presbiterale.
Nella liturgia eucaristica il sacerdote invita l'assemblea alla preghiera «portando all'altare la gioia e la fatica di ogni giorno». Ecco, io provo a portare sull'altare la fatica della sofferenza per offrirla al Signore, non solo la sofferenza in sé, ma anche la fatica di accettarla, di affrontare quotidianamente i limiti che mi impone. Sono convinto che la fede non sia un edulcorante del dolore, ma è forza interiore che permette di affrontare la sofferenza.
Non nego che subito dopo la diagnosi di sclerosi multipla fui preso dallo scoraggiamento e dalla preoccupazione per il futuro, ma ho reagito presto col desiderio di vivere bene la mia vita, nonostante la malattia. In questo mi ha aiutato tanto la meditazione del mistero della croce: offrire al Signore la sofferenza per me non è un atto eroico di sopportazione e resistenza, ma la scelta di continuare a vivere la vita e il ministero presbiterale con l'amore di sempre e oltre i limiti della malattia. Si vive il mistero della croce non pensando a cosa e quanto fare, ma scegliendo con quanto amore compiere ciò che c'è da fare».
In vista delle celebrazione del 29 giugno e in preparazione ad essa, a Barletta, nella parrocchia dello Spirito Santo, si sta tenendo "la settimana vocazionale". Questa sera, alle ore 20.00, è prevista la santa messa che sarà presieduta da mons. Giovanni Ricchiuti, Arcivescovo emerito di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.
Nato a Barletta il 27 febbraio 1974, ha maturato la sua scelta vocazionale nella Parrocchia S. Agostino. La sua formazione, iniziata nel Seminario Diocesano di Trani, è proseguita nel Seminario di Taranto, dove ha conseguito la Maturità classica, e nel Pontificio Seminario Regionale "Pio XI" a Molfetta, dove ha conseguito il Baccelierato in Teologia e la specializzazione in Antropologia Teologica.
Ordinato Presbitero nella Concattedrale di Barletta il 26 giugno 1999, ha svolto il suo ministero nel Seminario Diocesano di Bisceglie come educatore, Padre Spirituale e Direttore del Centro Diocesano Vocazioni. È stato Assistente diocesano dei Giovani di Azione Cattolica e Cappellano di Istituiti religiosi e monastici della Diocesi.
Successivamente ha svolto gli incarchi di Cappellano dell'Ospedale di Barletta, Vicario parrocchiale e Parroco della Parrocchia di San Benedetto e poi di Sant'Agostino, Delegato Diocesano per le Scuole Cattoliche, membro del Tribunale diocesano per il processo di canonizzazione del servo di Dio Don Ruggero Caputo. Attualmente è Vicario parrocchiale nella parrocchia dello Spirito Santo e Assistente spirituale dell'Associazione Centro di Promozione familiare "Insieme con la coppia", Canonico segretario del Capitolo Cattedrale di Barletta.
È il Coordinatore del Gruppo diocesano di coordinamento pastorale, membro del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano. cooptato dall'Arcivescovo.
Di seguito si porgono alcuni passaggi di un'intervista rilasciata da don Vincenzo al mensile diocesano In Comunione. Alla domanda che fosse per lui il prete, ha così risposto: «Un uomo di Dio. Così mi piace pensare il ministero sacerdotale nel contesto attuale. Innanzitutto e profondamente un uomo, un "esperto in umanità", espressa con tenerezza, accoglienza e sensibilità. Un uomo dall'alto senso di giustizia per farsi prossimo a tutti nelle varie e attuali povertà.
Il prete oggi più che mai deve essere soprattutto dedito all'ascolto. Per essere "di Dio" deve quotidianamente ascoltare la sua Parola con la preghiera e la meditazione e poi mettersi in ascolto degli altri. Oggi ci sono tante figure professionali e competenti di sostegno alle problematiche umane, lo specifico di un prete, invece, è affrontarle alla luce della Parola di Dio, con la carità del Buon Pastore.
Ascoltare è il primo segno di accoglienza, di carità per i fedeli che il prete incontra. Ne sono stato sempre convinto di questo (lo dissi venticinque anni fa nell'intervista al periodico parrocchiale "Tentativo") e credo che sia oggi ancor più necessario.
Il Signore ci ha scelti per la sanificazione del popolo di Dio, perciò noi preti per primi dobbiamo impegnarci nel cammino della santità, quella ordinaria della porta accanto, come ci ha chiesto papa Francesco nella "Gaudete et exultate", e che si realizza nel compimento dei doveri quotidiani con la straordinarietà dell'amore. In questo senso il prete dev'essere sempre più uomo di Dio.
Riassumo questa riflessione in due immagini dell'inno delle Lodi del Comune dei Santi Pastori; il prete sia "Maestro di sapienza" e "Padre nella fede". Sia testimone di quella sapienza che è dono dello Spirito e che attinge dalla Parola, della saggezza del cuore di chi mette in pratica la volontà di Dio. E sia educatori alla fede esercitando una amorevole paternità, non desiderando altro che il progresso spirituale dei fedeli.
Infine il prete è uomo di comunione, un impegno di "decentramento" da sé stesso per essere unito al suo Vescovo e al suo presbiterio, al di là delle differenze personali. E quindi esempio e artefice di comunione nelle Comunità in cui vive».
E alla domanda "Prete e sofferenza! Ti senti in qualche modo accomunato alla croce di Cristo?", don Enzo ha affermato: «Io vivo sulla mia carne il mistero del dolore, ma ogni sacerdote in quanto tale è associato alla croce di Cristo attraverso varie forme di sofferenza. La malattia è una di queste, non l'unica. Ovviamente quella fisica è più percettibile e pesa notevolmente quando è irrimediabilmente invalidante come la mia; ad ogni modo, però, in qualsiasi sofferenza siamo chiamati a completare in noi «quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Ed è così che vivo la mia malattia, divenuta parte integrante del mio ministero presbiterale.
Nella liturgia eucaristica il sacerdote invita l'assemblea alla preghiera «portando all'altare la gioia e la fatica di ogni giorno». Ecco, io provo a portare sull'altare la fatica della sofferenza per offrirla al Signore, non solo la sofferenza in sé, ma anche la fatica di accettarla, di affrontare quotidianamente i limiti che mi impone. Sono convinto che la fede non sia un edulcorante del dolore, ma è forza interiore che permette di affrontare la sofferenza.
Non nego che subito dopo la diagnosi di sclerosi multipla fui preso dallo scoraggiamento e dalla preoccupazione per il futuro, ma ho reagito presto col desiderio di vivere bene la mia vita, nonostante la malattia. In questo mi ha aiutato tanto la meditazione del mistero della croce: offrire al Signore la sofferenza per me non è un atto eroico di sopportazione e resistenza, ma la scelta di continuare a vivere la vita e il ministero presbiterale con l'amore di sempre e oltre i limiti della malattia. Si vive il mistero della croce non pensando a cosa e quanto fare, ma scegliendo con quanto amore compiere ciò che c'è da fare».
In vista delle celebrazione del 29 giugno e in preparazione ad essa, a Barletta, nella parrocchia dello Spirito Santo, si sta tenendo "la settimana vocazionale". Questa sera, alle ore 20.00, è prevista la santa messa che sarà presieduta da mons. Giovanni Ricchiuti, Arcivescovo emerito di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.
Nato a Barletta il 27 febbraio 1974, ha maturato la sua scelta vocazionale nella Parrocchia S. Agostino. La sua formazione, iniziata nel Seminario Diocesano di Trani, è proseguita nel Seminario di Taranto, dove ha conseguito la Maturità classica, e nel Pontificio Seminario Regionale "Pio XI" a Molfetta, dove ha conseguito il Baccelierato in Teologia e la specializzazione in Antropologia Teologica.
Ordinato Presbitero nella Concattedrale di Barletta il 26 giugno 1999, ha svolto il suo ministero nel Seminario Diocesano di Bisceglie come educatore, Padre Spirituale e Direttore del Centro Diocesano Vocazioni. È stato Assistente diocesano dei Giovani di Azione Cattolica e Cappellano di Istituiti religiosi e monastici della Diocesi.
Successivamente ha svolto gli incarchi di Cappellano dell'Ospedale di Barletta, Vicario parrocchiale e Parroco della Parrocchia di San Benedetto e poi di Sant'Agostino, Delegato Diocesano per le Scuole Cattoliche, membro del Tribunale diocesano per il processo di canonizzazione del servo di Dio Don Ruggero Caputo. Attualmente è Vicario parrocchiale nella parrocchia dello Spirito Santo e Assistente spirituale dell'Associazione Centro di Promozione familiare "Insieme con la coppia", Canonico segretario del Capitolo Cattedrale di Barletta.
È il Coordinatore del Gruppo diocesano di coordinamento pastorale, membro del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano. cooptato dall'Arcivescovo.