Territorio
Disfida: Barletta unita a Ruvo di Puglia tra storia e leggenda
Anche Ruvo celebra la Disfida con una rievocazione in costume dal titolo “A le tredece de Febbrore”
Barletta - giovedì 12 settembre 2024
La Disfida di Barletta rappresenta uno degli episodi più emblematici e significativi del Rinascimento italiano. Un avvenimento che incarna non solo lo scontro fisico tra due schieramenti, ma anche un conflitto culturale e simbolico tra l'onore cavalleresco e le tensioni nazionalistiche emergenti. Questo episodio, avvenuto il 13 febbraio 1503, si colloca nel contesto più ampio delle guerre d'Italia, che videro contrapporsi le armate di Francia e Spagna per il controllo del Regno di Napoli.
In questo scenario di guerra, la Puglia divenne un campo di battaglia strategico. I francesi, guidati da Guy de La Motte, avevano stabilito delle guarnigioni nelle città di Ruvo, Minervino e Bisceglie, mentre il grosso delle loro forze era dislocato a Canosa. Dall'altra parte, la città di Barletta fungeva da quartier generale per le truppe spagnole comandate da Consalvo da Cordova, noto come il "Gran Capitano", che si avvaleva della collaborazione di numerosi mercenari italiani. La tensione tra le forze in campo non riguardava solo l'aspra contesa territoriale, ma rifletteva anche un crescente risentimento tra francesi e italiani, questi ultimi frequentemente ridicolizzati dai loro alleati spagnoli e nemici transalpini.
Il momento che fece scattare la scintilla della disfida fu un insulto. Durante un banchetto organizzato dagli spagnoli per celebrare una recente vittoria, La Motte, tra il sarcasmo e il disprezzo, denigrò apertamente il valore e il coraggio dei soldati italiani, definendoli codardi e inetti alla guerra. Offesi e indignati, i condottieri italiani, guidati da Ettore Fieramosca, non poterono ignorare tali provocazioni, e la sfida fu lanciata: tredici cavalieri italiani contro tredici cavalieri francesi in un combattimento all'ultimo sangue per difendere l'onore della propria nazione.
La Motte, tornato a Ruvo dopo aver lanciato la sfida, preparò accuratamente i suoi uomini. Narra la leggenda, non suffragata da fonti documentarie, che la mattina del 13 febbraio i francesi assistettero alla messa nella piccola chiesa di San Rocco, a poca distanza dalla loro guarnigione nel castello della città.
I combattenti, continua la leggenda, prima della partenza furono benedetti dall'allora Vescovo di Ruvo Francesco Spallucci e si avviarono verso il campo di battaglia. Anche gli italiani si prepararono con pari solennità, partecipando a una funzione religiosa nella cattedrale di Andria e giurando di vendicare l'onta subita al grido di "Vittoria o morte!".
Lo scontro iniziò in maniera classica: i francesi, posizionati in un'unica linea di attacco, lanciarono una carica frontale con le lance abbassate. Tuttavia, gli italiani, guidati dall'abile strategia di Fieramosca, mantennero una disposizione più accorta, arretrando e creando varchi nelle proprie file per disorientare gli avversari. La battaglia, inizialmente combattuta con le lance, si trasformò rapidamente in un feroce corpo a corpo, dove le spade e le scuri ebbero la meglio.
La disfida si concluse con una netta vittoria italo-spagnola. Tutti i cavalieri francesi furono catturati o feriti gravemente.
Il 28 ottobre 1930, in piena era fascista, l'evento venne ricordato con una epigrafe che ancora oggi è posta sulla facciata del Castello di Ruvo. Il fascismo, infatti, riaccese in tutta la nazione la memoria della Disfida, facendo leva sul sentimentalismo italiano e sulla riscossa contro lo straniero.
Nel 1981 la rievocazione della Disfida, che tradizionalmente si tiene a Barletta, toccò anche Ruvo. Per le strade della città sfilarono i francesi capitanati dalla star dei film western di Hollywood, Gordon Mitchell, nei panni di Monsieur de la Motte. Questo rimase un caso isolato non più replicato.
La Confraternita Opera Pia San Rocco, dal 2017, ha voluto far rivivere la partenza dei tredici francesi da Ruvo con "A le tredece de Febbrore", una rievocazione in costume che ha ottenuto grande riscontro di pubblico.
Seppur passati più di cinque secoli, la Disfida di Barletta resta ancora un vero e proprio mito fondativo del sentimento nazionale che continua a essere celebrato per il suo valore simbolico e identitario, un'eco lontana di un'Italia che cercava di affermare la propria dignità in un periodo di dominazione straniera.
In questo scenario di guerra, la Puglia divenne un campo di battaglia strategico. I francesi, guidati da Guy de La Motte, avevano stabilito delle guarnigioni nelle città di Ruvo, Minervino e Bisceglie, mentre il grosso delle loro forze era dislocato a Canosa. Dall'altra parte, la città di Barletta fungeva da quartier generale per le truppe spagnole comandate da Consalvo da Cordova, noto come il "Gran Capitano", che si avvaleva della collaborazione di numerosi mercenari italiani. La tensione tra le forze in campo non riguardava solo l'aspra contesa territoriale, ma rifletteva anche un crescente risentimento tra francesi e italiani, questi ultimi frequentemente ridicolizzati dai loro alleati spagnoli e nemici transalpini.
Il momento che fece scattare la scintilla della disfida fu un insulto. Durante un banchetto organizzato dagli spagnoli per celebrare una recente vittoria, La Motte, tra il sarcasmo e il disprezzo, denigrò apertamente il valore e il coraggio dei soldati italiani, definendoli codardi e inetti alla guerra. Offesi e indignati, i condottieri italiani, guidati da Ettore Fieramosca, non poterono ignorare tali provocazioni, e la sfida fu lanciata: tredici cavalieri italiani contro tredici cavalieri francesi in un combattimento all'ultimo sangue per difendere l'onore della propria nazione.
La Motte, tornato a Ruvo dopo aver lanciato la sfida, preparò accuratamente i suoi uomini. Narra la leggenda, non suffragata da fonti documentarie, che la mattina del 13 febbraio i francesi assistettero alla messa nella piccola chiesa di San Rocco, a poca distanza dalla loro guarnigione nel castello della città.
I combattenti, continua la leggenda, prima della partenza furono benedetti dall'allora Vescovo di Ruvo Francesco Spallucci e si avviarono verso il campo di battaglia. Anche gli italiani si prepararono con pari solennità, partecipando a una funzione religiosa nella cattedrale di Andria e giurando di vendicare l'onta subita al grido di "Vittoria o morte!".
Lo scontro iniziò in maniera classica: i francesi, posizionati in un'unica linea di attacco, lanciarono una carica frontale con le lance abbassate. Tuttavia, gli italiani, guidati dall'abile strategia di Fieramosca, mantennero una disposizione più accorta, arretrando e creando varchi nelle proprie file per disorientare gli avversari. La battaglia, inizialmente combattuta con le lance, si trasformò rapidamente in un feroce corpo a corpo, dove le spade e le scuri ebbero la meglio.
La disfida si concluse con una netta vittoria italo-spagnola. Tutti i cavalieri francesi furono catturati o feriti gravemente.
Il 28 ottobre 1930, in piena era fascista, l'evento venne ricordato con una epigrafe che ancora oggi è posta sulla facciata del Castello di Ruvo. Il fascismo, infatti, riaccese in tutta la nazione la memoria della Disfida, facendo leva sul sentimentalismo italiano e sulla riscossa contro lo straniero.
Nel 1981 la rievocazione della Disfida, che tradizionalmente si tiene a Barletta, toccò anche Ruvo. Per le strade della città sfilarono i francesi capitanati dalla star dei film western di Hollywood, Gordon Mitchell, nei panni di Monsieur de la Motte. Questo rimase un caso isolato non più replicato.
La Confraternita Opera Pia San Rocco, dal 2017, ha voluto far rivivere la partenza dei tredici francesi da Ruvo con "A le tredece de Febbrore", una rievocazione in costume che ha ottenuto grande riscontro di pubblico.
Seppur passati più di cinque secoli, la Disfida di Barletta resta ancora un vero e proprio mito fondativo del sentimento nazionale che continua a essere celebrato per il suo valore simbolico e identitario, un'eco lontana di un'Italia che cercava di affermare la propria dignità in un periodo di dominazione straniera.