Politica
Critica del reddito di formazione, il pollo di Trilussa in versione barlettana
Calcolatrice alla mano: una bufala. «...perch'è c'è un antro che ne magna due»
Barletta - venerdì 20 gennaio 2012
12.30
Rulli di tamburi, cori entusiasti di consensi, il solito gregge che si inchina a chi comanda, a chi spaventa, ma soprattutto a chi promette. Barletta sperimenta, prima città in Italia, il cosiddetto "reddito di formazione". Duecentomila euro sono stati destinati (la giunta approva all'unanimità) a questo provvedimento su cui è stata incentrata l'intera campagna elettorale del poi eletto consigliere Carmine Doronzo (lista Sinistra per Barletta/Federazione della sinistra). Duecentomila euro divisi in contribuiti individuali di 2400 euro. 200 euro al mese, 7 euro circa al giorno. Poco più di ottanta destinatari, quindi.
Ci sia consentito esprimere qualche ragionata perplessità sul provvedimento.
1) I destinatari. Chi sono i destinatari del provvedimento? Giovani in formazione: iscritti agli ultimi anni delle scuole superiori, universitari, o soggetti comunque coinvolti nella formazione (master, corsi di formazione professionale). Chi si occupa di formazione sa che questi provvedimenti dovrebbero essere preceduti da uno studio sui possibili destinatari. Sui fabbisogni formativi e professionali della città. Invece nulla di nulla. Uno sparo nel buio?
2) La soglia di reddito. Il riferimento di reddito è l'indice ISEE (un coefficiente che tiene assieme reddito familiare, spese di alloggio, componenti del nucleo familiare). La soglia massima è 5mila euro annui. Lettori, cimentatevi! Su Internet provate a inserire il reddito annuo di un operaio, di un bidello, di un impiegato. Scoprirete con sorpresa che una famiglia monoreddito con 2 figli a carico e un affitto o un mutuo ragionevole a Barletta non rientra nella fascia destinata. Certo può accadere che un artigiano, un professionista, dichiarando pochissimo al fisco, dunque essendo un evasore, rientri invece nella fatidica soglia.
3) Target e scopo. Quando ci si occupa di formazione è necessario chiarire lo scopo dell'azione. I soggetti in formazione non sono un ammasso indistinto. Un conto è ad esempio puntare alla valorizzazione delle eccellenze. Un altro è cercare di colmare deficit o svantaggi negli apprendimenti. Nel primo caso con la stessa cifra avremmo potuto finanziare (tanto per dirne una) 6 borse di studio per la copertura totale di vitto e alloggio per l'intera durata del corso di studi in una città universitaria medio/grande. Per esempio ai 6 diplomati col massimo dei voti all'IPSIA o all'ITIS (scuole di proletari). Magari in una facoltà tecnica o scientifica, stipulando un accordo per l'inserimento in aziende medie barlettane. Nel secondo, a partire dai dati dell'indagine OCSE PISA (sui livelli di apprendimento degli studenti quindicenni), individuare percorsi di sostegno per le scuole o le classi con i risultati peggiori.
4) Risultati ed efficacia. Il controllo sulla efficacia del provvedimento. Ai ragazzi che usufruiranno di questo aiuto si chiede solo: per gli studenti delle superiori il 75% delle presenze in aula; per gli universitari 18 crediti nell'anno accademico. Un controllo puramente quantitativo. Nessuna indagine sulla qualità della formazione, né tanto meno sull'utilizzo della cifra stanziata. Garantisci di essere entrato a scuola per 150 giorni; che con i 7 euro abbia comprato un gratta e vinci, o un pacchetto di Marlboro e due caffè, poco ci importa.
5) Sussidio, lavoro, lavoro nero. Tra le tante motivazioni addotte a sostegno del provvedimento, i suoi fautori inseriscono anche la lotta al lavoro nero giovanile. Il ragionamento suona più o meno così: il Comune ti dà 50 euro a settimana, quindi non hai più bisogno di lavorare in pizzeria il sabato sera. Bizzarro! Considerato il reddito familiare e l'incompatibilità tra un contratto di lavoro regolare e il sussidio, è probabile che invece accada il contrario. La famiglia integrerà il proprio modestissimo reddito con i 200 euro mensili. E per evitare di perdere il sussidio, il ragazzo continuerà a lavorare in nero.
C'è una poesia di Trilussa che ironizza sulla statistica. "Me spiego: da li conti che se fanno/seconno le statistiche d'adesso/risurta che te tocca un pollo all'anno:/e, se nun entra nelle spese tue,/t'entra ne la statistica lo stesso/perch'è c'è un antro che ne magna due". L'elettore barlettano in questa poesia ha un doppio ruolo. Il politico, con i soldi del contribuente, gioca a fare il generoso. Mangia quindi due polli. L'elettore crede di aver mangiato un pollo, in realtà è rimasto a digiuno, perché non ha compreso l'imbroglio. E ci fa anche la figura del pollo se lo rivota alle prossime elezioni.
Ci sia consentito esprimere qualche ragionata perplessità sul provvedimento.
1) I destinatari. Chi sono i destinatari del provvedimento? Giovani in formazione: iscritti agli ultimi anni delle scuole superiori, universitari, o soggetti comunque coinvolti nella formazione (master, corsi di formazione professionale). Chi si occupa di formazione sa che questi provvedimenti dovrebbero essere preceduti da uno studio sui possibili destinatari. Sui fabbisogni formativi e professionali della città. Invece nulla di nulla. Uno sparo nel buio?
2) La soglia di reddito. Il riferimento di reddito è l'indice ISEE (un coefficiente che tiene assieme reddito familiare, spese di alloggio, componenti del nucleo familiare). La soglia massima è 5mila euro annui. Lettori, cimentatevi! Su Internet provate a inserire il reddito annuo di un operaio, di un bidello, di un impiegato. Scoprirete con sorpresa che una famiglia monoreddito con 2 figli a carico e un affitto o un mutuo ragionevole a Barletta non rientra nella fascia destinata. Certo può accadere che un artigiano, un professionista, dichiarando pochissimo al fisco, dunque essendo un evasore, rientri invece nella fatidica soglia.
3) Target e scopo. Quando ci si occupa di formazione è necessario chiarire lo scopo dell'azione. I soggetti in formazione non sono un ammasso indistinto. Un conto è ad esempio puntare alla valorizzazione delle eccellenze. Un altro è cercare di colmare deficit o svantaggi negli apprendimenti. Nel primo caso con la stessa cifra avremmo potuto finanziare (tanto per dirne una) 6 borse di studio per la copertura totale di vitto e alloggio per l'intera durata del corso di studi in una città universitaria medio/grande. Per esempio ai 6 diplomati col massimo dei voti all'IPSIA o all'ITIS (scuole di proletari). Magari in una facoltà tecnica o scientifica, stipulando un accordo per l'inserimento in aziende medie barlettane. Nel secondo, a partire dai dati dell'indagine OCSE PISA (sui livelli di apprendimento degli studenti quindicenni), individuare percorsi di sostegno per le scuole o le classi con i risultati peggiori.
4) Risultati ed efficacia. Il controllo sulla efficacia del provvedimento. Ai ragazzi che usufruiranno di questo aiuto si chiede solo: per gli studenti delle superiori il 75% delle presenze in aula; per gli universitari 18 crediti nell'anno accademico. Un controllo puramente quantitativo. Nessuna indagine sulla qualità della formazione, né tanto meno sull'utilizzo della cifra stanziata. Garantisci di essere entrato a scuola per 150 giorni; che con i 7 euro abbia comprato un gratta e vinci, o un pacchetto di Marlboro e due caffè, poco ci importa.
5) Sussidio, lavoro, lavoro nero. Tra le tante motivazioni addotte a sostegno del provvedimento, i suoi fautori inseriscono anche la lotta al lavoro nero giovanile. Il ragionamento suona più o meno così: il Comune ti dà 50 euro a settimana, quindi non hai più bisogno di lavorare in pizzeria il sabato sera. Bizzarro! Considerato il reddito familiare e l'incompatibilità tra un contratto di lavoro regolare e il sussidio, è probabile che invece accada il contrario. La famiglia integrerà il proprio modestissimo reddito con i 200 euro mensili. E per evitare di perdere il sussidio, il ragazzo continuerà a lavorare in nero.
C'è una poesia di Trilussa che ironizza sulla statistica. "Me spiego: da li conti che se fanno/seconno le statistiche d'adesso/risurta che te tocca un pollo all'anno:/e, se nun entra nelle spese tue,/t'entra ne la statistica lo stesso/perch'è c'è un antro che ne magna due". L'elettore barlettano in questa poesia ha un doppio ruolo. Il politico, con i soldi del contribuente, gioca a fare il generoso. Mangia quindi due polli. L'elettore crede di aver mangiato un pollo, in realtà è rimasto a digiuno, perché non ha compreso l'imbroglio. E ci fa anche la figura del pollo se lo rivota alle prossime elezioni.