Servizi sociali
Covid, la prima vaccinata di Barletta: «Mi sento una privilegiata»
L'intervista a Lucilla Crudele dopo la somministrazione del vaccino
Barletta - lunedì 28 dicembre 2020
La speranza che il nuovo anno sia quello della ripartenza è tutta contenuta in una fiala. L'inizio della campagna vaccinale che ieri ha preso il via in tutta Europa segna la portata storica del momento zero di questa pandemia. È l'attimo in cui tutte le paure e il dolore che hanno accompagnato il 2020 si trasformano in speranza.
Tra i primi a vivere quest'attimo nella giornata di ieri c'era anche Lucilla Crudele, giovane specializzanda barlettana. Da tre anni presta servizio presso il Pronto soccorso del Policlinico di Bari e da marzo è in area Covid, faccia a faccia nella lotta al virus. La pandemia ha sconvolto anche la sua vita, ma da oggi la fiducia che il vaccino sia la chiave per uscire dall'emergenza accompagnerà il suo lavoro in corsia.Lei è stata la seconda pugliese a ricevere il vaccino, cosa prova adesso?
Adesso che sta passando l'adrenalina dei primi momenti mi sto rendendo conto di essere stata davvero una privilegiata. È una sensazione meravigliosa perché dopo il richiamo fissato per il 19 gennaio potrò considerarmi immune. Pensare che un gesto così innocuo possa liberarci da una paura del contagio così grande dà la dimensione dell'enorme importanza della vaccinazione.
Con l'arrivo della pandemia cosa è cambiato in corsia?
Innanzitutto l'aspetto pratico dettato dalla necessità di restare bardati con lo scafandro per tutta la durata del turno senza poter uscire e senza poter bere. Poi c'è anche un aspetto emotivo. Abbiamo visto pazienti soli che una volta entrati in ospedale lasciavano fuori tutto il loro mondo, i loro parenti e spesso anche i loro oggetti personali. Quindi è cambiato anche il modo di comunicare sia con i pazienti che con i parenti dei pazienti.
E poi è cambiato anche l'aspetto sanitario. Da marzo sono aumentati i pazienti con difficoltà respiratorie serie che avevano percezione della gravità del loro quadro. Ecco, la differenza rispetto ad altre malattie è questa: quando i pazienti diventano gravi sono coscienti della loro gravità quindi è difficile anche gestire questo aspetto.
Cosa ci si aspetta dall'inizio della vaccinazione di massa che partirà a gennaio?
Tutti quanti noi pensiamo che gli effetti della campagna vaccinale di massa si vedranno in primavera, quindi ci aspettano ancora dei mesi duri. I prossimi saranno i mesi in cui ci sarà il picco di contagiosità relativa all'influenza. La consolazione è che man mano che almeno noi operatori saremo vaccinati potremo lavorare con più serenità. Potremo ad esempio evitare di avere paura di portare il contagio a casa quindi migliorerà il nostro modo di lavorare, ma sappiamo che gli effetti della campagna vaccinale si avranno in primavera.
Quale messaggio sente di lanciare a quanti, tra gli operatori sanitari, mostrano scetticismo rispetto al vaccino?
Ai miei colleghi dico che dobbiamo avere fiducia in noi stessi. Noi siamo parte di una comunità scientifica e di conseguenza se il vaccino è stato reputato sicuro ed efficace da colleghi qualificati dobbiamo affidarci a loro così come i nostri pazienti si affidano a noi.
Tra i primi a vivere quest'attimo nella giornata di ieri c'era anche Lucilla Crudele, giovane specializzanda barlettana. Da tre anni presta servizio presso il Pronto soccorso del Policlinico di Bari e da marzo è in area Covid, faccia a faccia nella lotta al virus. La pandemia ha sconvolto anche la sua vita, ma da oggi la fiducia che il vaccino sia la chiave per uscire dall'emergenza accompagnerà il suo lavoro in corsia.Lei è stata la seconda pugliese a ricevere il vaccino, cosa prova adesso?
Adesso che sta passando l'adrenalina dei primi momenti mi sto rendendo conto di essere stata davvero una privilegiata. È una sensazione meravigliosa perché dopo il richiamo fissato per il 19 gennaio potrò considerarmi immune. Pensare che un gesto così innocuo possa liberarci da una paura del contagio così grande dà la dimensione dell'enorme importanza della vaccinazione.
Con l'arrivo della pandemia cosa è cambiato in corsia?
Innanzitutto l'aspetto pratico dettato dalla necessità di restare bardati con lo scafandro per tutta la durata del turno senza poter uscire e senza poter bere. Poi c'è anche un aspetto emotivo. Abbiamo visto pazienti soli che una volta entrati in ospedale lasciavano fuori tutto il loro mondo, i loro parenti e spesso anche i loro oggetti personali. Quindi è cambiato anche il modo di comunicare sia con i pazienti che con i parenti dei pazienti.
E poi è cambiato anche l'aspetto sanitario. Da marzo sono aumentati i pazienti con difficoltà respiratorie serie che avevano percezione della gravità del loro quadro. Ecco, la differenza rispetto ad altre malattie è questa: quando i pazienti diventano gravi sono coscienti della loro gravità quindi è difficile anche gestire questo aspetto.
Cosa ci si aspetta dall'inizio della vaccinazione di massa che partirà a gennaio?
Tutti quanti noi pensiamo che gli effetti della campagna vaccinale di massa si vedranno in primavera, quindi ci aspettano ancora dei mesi duri. I prossimi saranno i mesi in cui ci sarà il picco di contagiosità relativa all'influenza. La consolazione è che man mano che almeno noi operatori saremo vaccinati potremo lavorare con più serenità. Potremo ad esempio evitare di avere paura di portare il contagio a casa quindi migliorerà il nostro modo di lavorare, ma sappiamo che gli effetti della campagna vaccinale si avranno in primavera.
Quale messaggio sente di lanciare a quanti, tra gli operatori sanitari, mostrano scetticismo rispetto al vaccino?
Ai miei colleghi dico che dobbiamo avere fiducia in noi stessi. Noi siamo parte di una comunità scientifica e di conseguenza se il vaccino è stato reputato sicuro ed efficace da colleghi qualificati dobbiamo affidarci a loro così come i nostri pazienti si affidano a noi.