Istituzionale
Confusione giuridica o astuzia mediatica?
Referendum ai tempi di Facebook. Per l'abrogazione parziale delle indennità parlamentari
Barletta - venerdì 20 luglio 2012
Il 19 aprile il movimento politico nazionale Unione Popolare ha depositato una proposta referendaria che riguarda l'abrogazione parziale della legge per le indennità parlamentari. Si tratta di un quesito referendario che chiede di eliminare l'art. 2 della legge n. 1261 del 1965, che prevede la possibilità di ricevere la diaria ("contributo spese" lo definisce il sito della Camera dei Deputati) oltre 3000€ mensili per ogni singolo parlamentare. Assurdo che questo privilegio lo abbiano anche quei rappresentanti del popolo italiano che vivono a Roma, e che quindi non sostengono neanche i costi di trasferta. Comunque sia la cosa fa indignare, soprattutto in un momento in cui proprio la politica chiede grandi sacrifici a tutti i cittadini.
Cogliendo l'esasperazione degli italiani, seguendo la scia del vento degli ultimi referendum, sia nazionali, come quelli sull'acqua, ma anche quelli della Sardegna, detti proprio "anti-casta", un comitato, guidato a livello nazionale da Maria Di Prato, ex democristiana, ex UDC, e ora di Unione Popolare, ha indetto la corsa alla raccolta di firme in tutti i Comuni italiani. Anche Barletta non è da meno. Infatti presso l'Ufficio Relazioni Pubbliche del Palazzo di Città, fino al 25 luglio, sarà possibile rilasciare la propria firma, muniti di documento d'identità. Dall'URP di Barletta fanno sapere che la raccolta procede abbastanza bene. Tutto serve a raggiungere la meta delle 500.000 firme richieste dalla Costituzione. E' chiaro che in tutta Italia molti sono d'accordo con i principi di tale quesito, cioè ridurre gli stipendi d'oro dei parlamentari.
La campagna di promozione corre principalmente sul web. Facebook in particolare. Il tam tam è forte, ma proprio il web ci rimanda a una serie di polemiche, non proprio infondate. Il referendum abrogativo è disciplinato dalla legge n. 352 del 25 maggio 1970, al cui art. 31 recita: " Non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime.". Quindi non si capisce il motivo della corsa alla raccolta di firme, se poi ad andar bene il referendum si celebrerà solo nel 2014. Molti hanno storto il naso, a partire da Idv e Movimento5stelle, tra i principali sostenitori in generale dello strumento referendario. Pensando che possa essere questo un basso mezzuccio di propaganda per Unione Popolare, finora sconosciuta, incamerando grande visibilità da web, tv e giornali. Oltre a questi dubbi c'è una motivazione di carattere economico: i costi per realizzare un referendum in Italia sono di gran lunga superiori a quelli che consentirebbero di risparmiare tali tagli, ci vorrebbero più di sette anni per ammortizzarli. Senza contare dell'eventuale rimborso referendario, cui, tuttavia, il comitato promotore ha detto già di voler destinare a qualcosa di utile.
Non si vuole con questo certo dissuadere i barlettani dal recarsi a firmare al Comune per il referendum, nobile strumento di democrazia, peraltro su un tema assolutamente condivisibile. Ma ora i lettori saranno certamente più consapevoli della loro scelta.
Cogliendo l'esasperazione degli italiani, seguendo la scia del vento degli ultimi referendum, sia nazionali, come quelli sull'acqua, ma anche quelli della Sardegna, detti proprio "anti-casta", un comitato, guidato a livello nazionale da Maria Di Prato, ex democristiana, ex UDC, e ora di Unione Popolare, ha indetto la corsa alla raccolta di firme in tutti i Comuni italiani. Anche Barletta non è da meno. Infatti presso l'Ufficio Relazioni Pubbliche del Palazzo di Città, fino al 25 luglio, sarà possibile rilasciare la propria firma, muniti di documento d'identità. Dall'URP di Barletta fanno sapere che la raccolta procede abbastanza bene. Tutto serve a raggiungere la meta delle 500.000 firme richieste dalla Costituzione. E' chiaro che in tutta Italia molti sono d'accordo con i principi di tale quesito, cioè ridurre gli stipendi d'oro dei parlamentari.
La campagna di promozione corre principalmente sul web. Facebook in particolare. Il tam tam è forte, ma proprio il web ci rimanda a una serie di polemiche, non proprio infondate. Il referendum abrogativo è disciplinato dalla legge n. 352 del 25 maggio 1970, al cui art. 31 recita: " Non può essere depositata richiesta di referendum nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime.". Quindi non si capisce il motivo della corsa alla raccolta di firme, se poi ad andar bene il referendum si celebrerà solo nel 2014. Molti hanno storto il naso, a partire da Idv e Movimento5stelle, tra i principali sostenitori in generale dello strumento referendario. Pensando che possa essere questo un basso mezzuccio di propaganda per Unione Popolare, finora sconosciuta, incamerando grande visibilità da web, tv e giornali. Oltre a questi dubbi c'è una motivazione di carattere economico: i costi per realizzare un referendum in Italia sono di gran lunga superiori a quelli che consentirebbero di risparmiare tali tagli, ci vorrebbero più di sette anni per ammortizzarli. Senza contare dell'eventuale rimborso referendario, cui, tuttavia, il comitato promotore ha detto già di voler destinare a qualcosa di utile.
Non si vuole con questo certo dissuadere i barlettani dal recarsi a firmare al Comune per il referendum, nobile strumento di democrazia, peraltro su un tema assolutamente condivisibile. Ma ora i lettori saranno certamente più consapevoli della loro scelta.