La città
“Come Lolita Lobosco”, la vita in Commissariato della dirigente Falco
Intervista a Francesca Falco, dirigente del Commissariato di PS di Barletta: «Le donne conferiscono sensibilità alla divisa»
Barletta - mercoledì 8 marzo 2023
12.34
Nella Giornata internazionale della donna, abbiamo voluto approfondire il legame tra le donne e alcuni mestieri considerati – per svariate ragioni – a vocazione maschile. In un momento storico in cui sembra essere già stato detto tutto in merito alla parità di genere, all'eguale accesso al mondo del lavoro, ai pari diritti per tutti, la realtà quotidiana, senza patine retoriche, pare invece ancora ben distante da questi riconoscimenti.
In un mondo classicamente connotato al maschile, come quello della Polizia, si distinguono però alcune figure femminili di grande carisma e preparazione. Proprio in virtù della ricorrenza odierna, abbiamo voluto incontrare la dottoressa Francesca Falco, che dopo le precedenti esperienze alla Questura di Bari e al commissariato di Trani, è attualmente dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Barletta, anche con il ruolo delicato di responsabile di Polizia giudiziaria a Barletta. Per questo è in prima linea nei casi di cronaca, anche quelli più efferati come quelli si sono verificati negli ultimi anni nella nostra città.
Con lei abbiamo parlato dell'incidenza dell'essere donna nel mondo della Polizia, ma anche di come sono cambiati i rapporti tra il personale e il mondo esterno, guardando in particolare ai crimini di cui le donne sono più spesso vittime, come il fenomeno purtroppo molto presente della violenza domestica.
Quante donne ci sono attualmente nel nostro Commissariato?
«Siamo relativamente poche, confrontando con la realtà di Bari. Sia qui a Barletta che in generale nella nostra questura provinciale non ci sono molto donne, ma quelle presenti sono tutte molto tenaci, caparbie e forti».
Com'è la vita lavorativa in un mondo che, nell'iconografia generale e per storicità, è prevalentemente maschile?
«Essere donna incide positivamente sulla nostra realtà, conferendole delicatezza, dolcezza e familiarità, come solo donne sono in grado di fare. Forse anche perché siamo mamme, e quindi nel lavoro applichiamo una duplice veste: sia con il personale, sia con il mondo esterno, abbiamo un approccio diverso rispetto agli uomini, ma anche gli uomini stanno cambiando. In passato forse dovevano adeguarsi all'immagine del poliziotto freddo, severo, distaccato. Ora c'è più comprensione, più solidarietà, forse anche per i cambiamenti che avvengono oggi nei contesti familiari, con ruoli che cambiano sempre di più».
E come si trova a svolgere un ruolo apicale come quello di dirigente, che sicuramente richiede autorevolezza e fermezza anche nei confronti dei colleghi uomini? È un peso o si affronta con serenità?
«Non è un peso, anzi lo trovo piuttosto divertente. Riesco a coinvolgerli tutti, a fare squadra. Talvolta mi hanno anche fatto degli elogi, per il coraggio e la temerarietà, soprattutto ricordo bene un episodio legato a un crimine violento: dovevamo svolgere una perquisizione alla ricerca di una persona armata. Siamo andati con giubbini antiproiettile e – davanti a qualche scena di scoramento e dubbio – ho dato forza e coraggio a tutta la squadra, entrando per prima nel luogo per tenere al sicuro dietro di me il resto del gruppo. Ho avvertito un forte senso di responsabilità, di protezione nei loro confronti. È stato un atto spontaneo, ma inaspettato per tutti». «In questi aspetti mi sento molto vicina al carattere di Lolita Lobosco, tra divisa e tacco 12. È proprio così, come raccontato nei libri, c'è una totale affinità col suo personaggio, inclusa la baresità che emerge spesso nei rapporti tra colleghi, anche nel linguaggio, e aiuta tanto a creare affinità e senso di squadra».
Da quando è arrivata a Barletta, sono avvenuti diversi episodi drammatici, saliti alla ribalta anche della cronaca nazionale…
«Infatti. Personalmente sono rimasta scossa dal caso del giovane Claudio Lasala. Soprattutto come mamma mi ha colpito molto, e mi colpisce ancora oggi. Il momento più duro è stato durante i funerali del ragazzo: eravamo incaricati del servizio d'ordine. Con difficoltà sono riuscita a trattenere la commozione, pensando soprattutto a quello che ogni mamma teme per il proprio figlio, con l'angoscia che possa succedere qualcosa di brutto».
In merito alla presenza delle donne nella Polizia di Stato, pensa che sia un fattore che faccia la differenza?
«L'emotività che ci caratteristica in quanto donne sicuramente conferisce quel quid in più per guardare le cose con sensibilità. L'empatia è importante. Davanti a certi crimini non si può rimanere freddi, se pensiamo per esempio ai numerosi casi di violenza ai danni delle donne: non solo violenza verbale, ma anche fisica, quella più subdola che avviene tra le mura di casa, oppure atti persecutori. In commissariato giungono tanti casi e tante storie, soprattutto grazie agli enti attivi in questo settore. Benedico davvero la presenza delle associazioni che sul nostro territorio si occupano di ascoltare le donne e convogliarle a noi, per tramutare il conforto in azione e risoluzione. A Barletta sono numerosi i casi di questo ambito, e fortunatamente tanti vengono risolti con l'intervento della Polizia di Stato».
In un mondo classicamente connotato al maschile, come quello della Polizia, si distinguono però alcune figure femminili di grande carisma e preparazione. Proprio in virtù della ricorrenza odierna, abbiamo voluto incontrare la dottoressa Francesca Falco, che dopo le precedenti esperienze alla Questura di Bari e al commissariato di Trani, è attualmente dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Barletta, anche con il ruolo delicato di responsabile di Polizia giudiziaria a Barletta. Per questo è in prima linea nei casi di cronaca, anche quelli più efferati come quelli si sono verificati negli ultimi anni nella nostra città.
Con lei abbiamo parlato dell'incidenza dell'essere donna nel mondo della Polizia, ma anche di come sono cambiati i rapporti tra il personale e il mondo esterno, guardando in particolare ai crimini di cui le donne sono più spesso vittime, come il fenomeno purtroppo molto presente della violenza domestica.
Quante donne ci sono attualmente nel nostro Commissariato?
«Siamo relativamente poche, confrontando con la realtà di Bari. Sia qui a Barletta che in generale nella nostra questura provinciale non ci sono molto donne, ma quelle presenti sono tutte molto tenaci, caparbie e forti».
Com'è la vita lavorativa in un mondo che, nell'iconografia generale e per storicità, è prevalentemente maschile?
«Essere donna incide positivamente sulla nostra realtà, conferendole delicatezza, dolcezza e familiarità, come solo donne sono in grado di fare. Forse anche perché siamo mamme, e quindi nel lavoro applichiamo una duplice veste: sia con il personale, sia con il mondo esterno, abbiamo un approccio diverso rispetto agli uomini, ma anche gli uomini stanno cambiando. In passato forse dovevano adeguarsi all'immagine del poliziotto freddo, severo, distaccato. Ora c'è più comprensione, più solidarietà, forse anche per i cambiamenti che avvengono oggi nei contesti familiari, con ruoli che cambiano sempre di più».
E come si trova a svolgere un ruolo apicale come quello di dirigente, che sicuramente richiede autorevolezza e fermezza anche nei confronti dei colleghi uomini? È un peso o si affronta con serenità?
«Non è un peso, anzi lo trovo piuttosto divertente. Riesco a coinvolgerli tutti, a fare squadra. Talvolta mi hanno anche fatto degli elogi, per il coraggio e la temerarietà, soprattutto ricordo bene un episodio legato a un crimine violento: dovevamo svolgere una perquisizione alla ricerca di una persona armata. Siamo andati con giubbini antiproiettile e – davanti a qualche scena di scoramento e dubbio – ho dato forza e coraggio a tutta la squadra, entrando per prima nel luogo per tenere al sicuro dietro di me il resto del gruppo. Ho avvertito un forte senso di responsabilità, di protezione nei loro confronti. È stato un atto spontaneo, ma inaspettato per tutti». «In questi aspetti mi sento molto vicina al carattere di Lolita Lobosco, tra divisa e tacco 12. È proprio così, come raccontato nei libri, c'è una totale affinità col suo personaggio, inclusa la baresità che emerge spesso nei rapporti tra colleghi, anche nel linguaggio, e aiuta tanto a creare affinità e senso di squadra».
Da quando è arrivata a Barletta, sono avvenuti diversi episodi drammatici, saliti alla ribalta anche della cronaca nazionale…
«Infatti. Personalmente sono rimasta scossa dal caso del giovane Claudio Lasala. Soprattutto come mamma mi ha colpito molto, e mi colpisce ancora oggi. Il momento più duro è stato durante i funerali del ragazzo: eravamo incaricati del servizio d'ordine. Con difficoltà sono riuscita a trattenere la commozione, pensando soprattutto a quello che ogni mamma teme per il proprio figlio, con l'angoscia che possa succedere qualcosa di brutto».
In merito alla presenza delle donne nella Polizia di Stato, pensa che sia un fattore che faccia la differenza?
«L'emotività che ci caratteristica in quanto donne sicuramente conferisce quel quid in più per guardare le cose con sensibilità. L'empatia è importante. Davanti a certi crimini non si può rimanere freddi, se pensiamo per esempio ai numerosi casi di violenza ai danni delle donne: non solo violenza verbale, ma anche fisica, quella più subdola che avviene tra le mura di casa, oppure atti persecutori. In commissariato giungono tanti casi e tante storie, soprattutto grazie agli enti attivi in questo settore. Benedico davvero la presenza delle associazioni che sul nostro territorio si occupano di ascoltare le donne e convogliarle a noi, per tramutare il conforto in azione e risoluzione. A Barletta sono numerosi i casi di questo ambito, e fortunatamente tanti vengono risolti con l'intervento della Polizia di Stato».