Eventi
Buon compleanno Carlo Cafiero, una storia dimenticata dalla sua città
L'autore Bruno Tomasiello ha narrato la vicenda più importante della vita di Cafiero
Barletta - lunedì 3 settembre 2018
Le vie, i palazzi e le piazze della città sono intrise di antiche storie. Scontri, ideologie e arte si mescolano fino a fare di Barletta ciò che è attualmente. Ma siamo certi di conoscerla fino in fondo? C'è un busto, per esempio, al civico 111 in Corso Vittorio Emanuele che raffigura una tra le figure chiave dell'800: Carlo Cafiero.
In occasione dell'anniversario della sua nascita (1° settembre del 1846) si è svolta sabato scorso un'iniziativa pubblica proprio sotto quella lapide, sulla quale è stata posta una corona commemorativa. «È importante ricordare alla nostra città – afferma un rappresentate del Collettivo Exit di Barletta - la storia e pensiero del cittadino Cafiero. Le sue idee di solidarietà e di riscatto degli ultimi rappresentano in vero concetti assai attuali. Viviamo in un periodo storico in cui vige una perenne guerra fra poveri e i fenomeni di razzismo aumentano giorno dopo giorno. Non possiamo salvarci individualmente. Potremo farlo solo unendo le nostre forze, creando una perfetta rete».
Il busto di Carlo Cafiero è collocato proprio sulla sua casa natale. Dopo diversi anni, il Collettivo Exit ha deciso lo scorso anno di intraprendere un'operazione di restauro, senza alcun onere per l'amministrazione. Lo hanno fatto per restituire alla città di Cafiero una parte della sua identità storica. Quest'anno è stata organizzata la visione del documentario "San Lupo e la rivoluzione che non fu" presso il Cappero. A presentarlo Bruno Tomasiello, autore del libro "La banda del Matese". Probabilmente, la vicenda raccontata all'interno del libro è il momento più importante della vita di Carlo Cafiero, il quale con Errico Malatesta, Pietro Cesare Ceccarelli e altri internazionalisti, raggiunse le montagne del Matese e dichiarò decaduto il re Vittorio Emanuele II. Promotore della cosiddetta "propaganda del fatto", egli non considerava necessario realizzare la rivoluzione ma accendere una miccia e condurre il popolo nelle condizioni di poter agire.
«All'odio e alla rabbia del nostro tempo vogliamo contrapporre quello che è stato il messaggio di Carlo Cafiero, secondo cui una società realmente egualitaria dovrebbe muoversi seguendo la linea guida del "prima gli ultimi"».
In occasione dell'anniversario della sua nascita (1° settembre del 1846) si è svolta sabato scorso un'iniziativa pubblica proprio sotto quella lapide, sulla quale è stata posta una corona commemorativa. «È importante ricordare alla nostra città – afferma un rappresentate del Collettivo Exit di Barletta - la storia e pensiero del cittadino Cafiero. Le sue idee di solidarietà e di riscatto degli ultimi rappresentano in vero concetti assai attuali. Viviamo in un periodo storico in cui vige una perenne guerra fra poveri e i fenomeni di razzismo aumentano giorno dopo giorno. Non possiamo salvarci individualmente. Potremo farlo solo unendo le nostre forze, creando una perfetta rete».
Il busto di Carlo Cafiero è collocato proprio sulla sua casa natale. Dopo diversi anni, il Collettivo Exit ha deciso lo scorso anno di intraprendere un'operazione di restauro, senza alcun onere per l'amministrazione. Lo hanno fatto per restituire alla città di Cafiero una parte della sua identità storica. Quest'anno è stata organizzata la visione del documentario "San Lupo e la rivoluzione che non fu" presso il Cappero. A presentarlo Bruno Tomasiello, autore del libro "La banda del Matese". Probabilmente, la vicenda raccontata all'interno del libro è il momento più importante della vita di Carlo Cafiero, il quale con Errico Malatesta, Pietro Cesare Ceccarelli e altri internazionalisti, raggiunse le montagne del Matese e dichiarò decaduto il re Vittorio Emanuele II. Promotore della cosiddetta "propaganda del fatto", egli non considerava necessario realizzare la rivoluzione ma accendere una miccia e condurre il popolo nelle condizioni di poter agire.
«All'odio e alla rabbia del nostro tempo vogliamo contrapporre quello che è stato il messaggio di Carlo Cafiero, secondo cui una società realmente egualitaria dovrebbe muoversi seguendo la linea guida del "prima gli ultimi"».