La città
Bonus 600 euro: sito INPS in tilt, l’ira delle partite IVA
"Compilate il modulo... se ci riuscite"
Barletta - mercoledì 1 aprile 2020
10.45
Com'era purtroppo ampiamente prevedibile, i molti beneficiari (sulla carta) dei famigerati 600 euro previsti per autonomi e partite IVA a causa della chiusura forzata dovuta all'emergenza Covid-19, sin da stamane risultano impossibilitati a compilare la domanda a causa del blocco del sito dell'INPS, causato dal prevedibile intasamento delle linee.
Un'ulteriore danno in termini economici per quelli che da queste pagine, non tantissimo tempo fa abbiamo definito come i "kulaki del XXI secolo". Vale a dire gli agnelli sacrificali, o se preferite evasori fiscali per definizione, da immolare nel nome di una spesa pubblica spesso assolutamente improduttiva. Un'ulteriore umiliazione per dei lavoratori, oggi ancor più di ieri, vittime di una vulgata vetero-sindacalista in stile anni Settanta che vede nell'autonomo il benestante e lo sfruttatore a prescindere.
Una concezione di chi nella vita è riuscito bene o male a imparare un mestiere, a quanto pare durissima a morire anche e soprattutto nelle istituzioni, considerato che ad oggi – nell'attesa messianica del "decreto di aprile" che dovrebbe portare a 800 euro il bonus per gli autonomi – idraulici, parrucchieri, elettricisti ecc. , cifre alla mano, per lo Stato contano come, se non meno, di chi magari prima del Coronavirus, reddito di cittadinanza in tasca, leniva lo stress da attesa di una chiamata di lavoro (campa cavallo…) tra una Peroni, un "mediatore", e un sistema alla Snai.
Ma più che l'aspetto etico, ad essere penoso e a tratti paradossale è l'aspetto burocratico della vicenda, innanzitutto perché in piena era digitale è assolutamente inconcepibile assistere a tali disservizi, soprattutto se si considera che sono passate oltre due settimane dall'emanazione del decreto "cura Italia". E poi perché risulta evidente anche a un orbo la differenza di celerità e organizzazione quando purtroppo si tratta di inviare sanzioni, accertamenti o avvisi bonari per pagamenti ritardati.
Naturalmente qui non si tratta di gettare la croce addosso ai dipendenti di INPS, Agenzia delle Entrate ecc., ma di stigmatizzare con forza un criterio che lo Stato italiano attua ciecamente e cinicamente da qualche decennio: quello del "fare cassa innanzitutto e poi chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato". Ovvio quindi che - diversamente da quando si tratta di incassare -, quando è il momento di metter mano al portafogli, lo Stato ci dica in sostanza "compilate il modulo……se ci riuscite". D'altronde se così non fosse, a chi come l'INPS è già in possesso di dati come codice fiscale, partita IVA, codice ATECO (per capire chi ha diritto al bonus e chi no), sarebbe stata sufficiente la sola comunicazione del codice IBAN del lavoratore autonomo interessato, dove poi erogare la prestazione assistenziale.
Ma alla fine ci rendiamo perfettamente conto che nel paese del "fare cassa innanzitutto e poi chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato", tutto ciò era , è e resterà un'utopia.
Un'ulteriore danno in termini economici per quelli che da queste pagine, non tantissimo tempo fa abbiamo definito come i "kulaki del XXI secolo". Vale a dire gli agnelli sacrificali, o se preferite evasori fiscali per definizione, da immolare nel nome di una spesa pubblica spesso assolutamente improduttiva. Un'ulteriore umiliazione per dei lavoratori, oggi ancor più di ieri, vittime di una vulgata vetero-sindacalista in stile anni Settanta che vede nell'autonomo il benestante e lo sfruttatore a prescindere.
Una concezione di chi nella vita è riuscito bene o male a imparare un mestiere, a quanto pare durissima a morire anche e soprattutto nelle istituzioni, considerato che ad oggi – nell'attesa messianica del "decreto di aprile" che dovrebbe portare a 800 euro il bonus per gli autonomi – idraulici, parrucchieri, elettricisti ecc. , cifre alla mano, per lo Stato contano come, se non meno, di chi magari prima del Coronavirus, reddito di cittadinanza in tasca, leniva lo stress da attesa di una chiamata di lavoro (campa cavallo…) tra una Peroni, un "mediatore", e un sistema alla Snai.
Ma più che l'aspetto etico, ad essere penoso e a tratti paradossale è l'aspetto burocratico della vicenda, innanzitutto perché in piena era digitale è assolutamente inconcepibile assistere a tali disservizi, soprattutto se si considera che sono passate oltre due settimane dall'emanazione del decreto "cura Italia". E poi perché risulta evidente anche a un orbo la differenza di celerità e organizzazione quando purtroppo si tratta di inviare sanzioni, accertamenti o avvisi bonari per pagamenti ritardati.
Naturalmente qui non si tratta di gettare la croce addosso ai dipendenti di INPS, Agenzia delle Entrate ecc., ma di stigmatizzare con forza un criterio che lo Stato italiano attua ciecamente e cinicamente da qualche decennio: quello del "fare cassa innanzitutto e poi chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato". Ovvio quindi che - diversamente da quando si tratta di incassare -, quando è il momento di metter mano al portafogli, lo Stato ci dica in sostanza "compilate il modulo……se ci riuscite". D'altronde se così non fosse, a chi come l'INPS è già in possesso di dati come codice fiscale, partita IVA, codice ATECO (per capire chi ha diritto al bonus e chi no), sarebbe stata sufficiente la sola comunicazione del codice IBAN del lavoratore autonomo interessato, dove poi erogare la prestazione assistenziale.
Ma alla fine ci rendiamo perfettamente conto che nel paese del "fare cassa innanzitutto e poi chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato", tutto ciò era , è e resterà un'utopia.