Barletta dall'alto
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La città

Barletta, città di pace o città massonica?

Insabbiato un porto di tradizioni e feste popolari

Non è vero come ha scritto qualcuno che "Grandi assenti di questa stagione sono le idee; resta solo un'estate silenziosa", e nemmeno che vi sarebbe stato un agosto culturalmente statico, senza consigliare al turista niente altro che un bagno in mare. Semplicemente, non c'è più un mare e neanche un porto marittimo. E' vero che le nostre città sorelle della Bat e delle coste pugliesi riescono pur a "far danzare gli scogli", con le loro sane tradizioni – dalle regate marittime alla cultura ittica – da sempre un forte rischiamo turistico, anche per gli stessi barlettani. E' anche vero che la barlettanità, si sia ridotta a una carretta pilotata da sindaci-capitani, che da decenni scivola verso la deriva di idee fisse e cristalline. Inamovibili, come gli scogli di un porto che non c'è più.
Vale allora il motto: tanto peggio, quanto meglio? Le pezze giustificative sarebbero le solite. Bilancio in rosso e quattrini pochi. Ma questa inconfutabile certezza, non pare del tutto nuova. Infatti, dietro un alibi per congelare idee produttive, si cela l'orgoglio di sindaci ed ex sindaci con i loro amministratori. Orgogliosi del proprio ateismo modernista, che mortifica l'onore di tanti cristiani che non la pensano come loro. La colpa sarebbe per mancanza di preti sociali, o di sindaci sicuramente asociali e aggressivi? Con il passare degli anni, quale sarebbe l'impatto sociale e culturale? Le idee sono vecchie è sorpassate? Non importa, neppure se la città perde non solo imprese, lavoro e pane quotidiano. La chiarezza di queste idee coincide sempre con lo stato delle cose: mancanza di quattrini, l'equazione sembrerebbe fatalmente elementare: governare per tassare e tassare per governare. Ci mancherebbe solo il ripristino della gloriosa zecca municipale (sec. XIII)), magari in barba al sornione stato centrale.
Si tratta del recupero delle risorse tradizionali materiali e spirituali. Dal vino fatto dall'uva alle cose caserecce; dalla musica a tanti prodotti locali della nostra terra. Tra queste, Barletta come città marinara, non trova ancora un minimo cenno di ascolto dal Palazzo.Gli attuali amministratori sono culturalmente impreparati e sicuramente ombrosi e tristi. All'occhio implacabile del burocrate, pare sia stato mandato di colpire con la mannaia ogni progetto anche a costo minimale, che e voci lontanamente naturali tradizioni a radici di sapore lontanamente cristiano. Ma allora che senso avrebbe aiutare e pregare solo per i cristiani in Iraq, se anche una giunta comunale e i loro dirigenti e funzionari, fanno a gara nel reprimere ogni piccola o autorevole festa, che da millenni appartiene al popolo barlettano, cristiano o ateo che sia? Alcuni esempi: bocciatura su qualunque dibattito pubblico sulle antiche tradizioni cittadine e prospettive sulla città marinara, ma anche sulla secolare Festa dell'Assunta.

La città marinara e il porto
Veniamo però alla città marinara e al porto quasi estinto. Dopo trent'anni, a cosa serve spendere poco meno di 3 milioni di euro, per ripulire il porto, se tra qualche anno tornerà ad essere intasato dai detriti dell'Ofanto. Non sarebbe meglio, con gli stessi soldi, venisse prolungata la diga foranea, che da sempre ne è stata la causa principale dell'abbassamento dei fondali? Prolungando la naturale direzione della diga si otterrebbe per giunta un La secondo porto, più sicuro, efficiente, e preveniente detriti per lungo tempo. Che dire del coraggioso piano Ambaz, costato molto danaro pubblico alla collettività, concepito mancante di paletti e di una propria identità urbanistica? Mentre il sottoscritto, propone da tempo di raccordare la città al mare, bypassando le obbrobriose barriere architettoniche (cioè le infelici litoranee), costringendo anche le mosche a munirsi di inopportuni automobili, intanto la città di Bisceglie inaugura il nuovo raccordo tra porto e la città, con una nuova viabilità, restauri di mura aragonesi e di marciapiedi. Intanto, per l'area delle mura del Carmine vi sarebbero stanziati ben 5,2 milioni di euro, per un anacronistico e osceno parcheggio. Perché da decenni ingenti risorse finanziarie per il porto sono dirottate altrove? Perché si presentano tuttora progetti e progettini per il piano regolatore del porto, sistematicamente bocciati da Roma passando per l'autority del Levante, mentre il porto barese scoppia di vacche sempre più grasse? Sarebbe illegittima la legge 84 del '94? Oppure non tutti i sindaci e onorevoli sono stati sempre in buona fede nel chiudere un occhio sugli enormi fondi stanziati? Morale: i bilanci pubblici traballano, si tagliano le migliori tradizioni civili e religiose popolari. Tutti lo sanno, le città pugliesi comprese. Eccetto i nostri cari amministratori barlettani.

La Festa dell'Assunta
Nella solenne messa pontificale, celebrata dal Cardinale Monterisi, l'Arciprete di Santa Maria, Mons. Angelo Di Pasquale, fraternamente ha ribadito a tutti: la festa è forse la più antica di Barletta di cui oggi si abbia memoria. Il 20 dicembre del 1234 Federico II di Svevia conferì alla città di Barletta il privilegio della Fiera dell'Assunta, che esisteva già - ce n'è traccia in un documento del 1169 - ma era rilegata all'ambito cittadino, mentre Federico II la estese a tutto il Regno. E Federico II non era un prete ma un politico. Perciò, a cultura e le sue tradizioni sono tali se appartengono all'intero popolo cittadino. Non a poco privilegiati. Alla processione e alla festa tutti possono partecipare perché la cultura vera nasce dal culto. Se mortifichiamo il culto – che appartiene ad un piano superiore - anche la cultura ne soffre. A pagarne le spese dei pericolosi fragori populistici saranno tutti.
Oltre a questa data del 1234, il sottoscritto ha rintracciato altri documenti certi: del 1185 e del 1232. Era tradizione – tuttora se ne ha una sbiadita memoria – che in questa data venivano onorati i propri debiti monetari, anche per onorare la Vergine Assunta, nella sua Celeste protezione dei buoni auspici secondo i patti stabiliti tra contraenti. Come recuperare allora il senso vero della festa? La festa sarebbe autentica se goduta da tutti, il popolo cittadino e turisti compresi. Recuperare il senso della festa, religiosa e non, necessita ripartire scavando nelle migliori tradizioni religiose, che costano meno delle politiche volte alla coesione sociale. Non creano tafferugli e risse, ma pace, concordia. Il culto dei rumori assordanti, arreca stanchezza, svuotamento del senso della vita. Alla calca ansiosa lungo le stradine e i crocicchi, in cerca di una pizza da divorare in solitudine, va riproposto il senso del convivio tra amici e familiari.

Se per alcuni a Barletta il cristianesimo sembra ridotto and una minoranza etnico-culturale; che senso avrebbe mortificarli con sguardi lancinanti? Se il sindaco e assessori, dietro le processioni e nelle chiese recitano la parte di disinvolti disagiati, non rischiano di generare pericolosi pubblici fanatismi fino a propinare l'eliminazione di processioni religiose? Bene ha fatto il segretario del Pd a incentrare la festa dei Democratici sul recupero della così detta barlettanità, con le sue migliori tradizioni. Ma il popolo di un partito politico, non potrà mai coincidere l'intera società civile. Manca la cultura e la volontà di ricerca delle radici culturali profonde. Ricacciare il popolo delle comunità parrocchiali e delle processioni nei soli spazi delle ristrette comunità di preghiera è anche il rischio che incorre il clero locale. Benché autorità ecclesiali e il Cardinal Monterisi, da tempo, abbiano denunciato pericolo e ristrettezze di una fede pubblica, molti fanno orecchi da mercante. Mentre le nuove generazioni di cattolici migrano nelle città vicine per ammirare la pace e la bellezza di meravigliose processioni, intanto i tradizionali spazi pubblici della fede popolare barlettana diventano angusti. Insomma, tra il palazzo e il clero, per il bene di tutti, cristiani e agnostici moderni, c'è da lavorare molto per incontrarsi e dialogare sotto il sole dell'unico Dio della vera pace.
Animati tutti di buona volontà e sane ragioni, mettiamoci quindi alla ricerca delle vere radici culturali e profonde della barlettanità. Se quella della città marinara ci richiama in parte alla identità della città mariana siglata dall'amministrazione precedente, perché ostinarsi ad ignorarla? Quale le effettive tradizioni della barlettanità? Sarebbe un città a tradizione di ordine militare o di indomabili filibustieri masnadieri? Città della pace o massonica?

Dott. Nicola Palmitessa
Centro studi: La Cittadella Innova
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