Campo della Battaglia di Canne JPG
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Attualità

Anniversario della battaglia di Canne, una riflessione di Michele Grimaldi

La nota dello storico e archivista

«Qualche giorno fa, nel suggestivo scenario della Cittadella di Canne, è stato ospitato l'evento "Il Canto dell'Ulivo: tra storia e olivicoltura" con archeologi che hanno illustrato ai visitatori i lavori di scavo in corso a Canne e poi una degustazione di olii del territorio (Barletta ???). Iniziativa lodevole per i produttori di olio ma… quale valore aggiunto deriverebbe da tale "lodevole" iniziativa in ottica salvataggio di un sito in evidente stato di abbandono? Negli ultimi 20 anni la cultura è considerata solo ed esclusivamente una leva utile ad alimentare il turismo, quello sì improvvisamente divenuto un settore da tutti ritenuto strategico. E quindi grandi mostre e grandi eventi, magari anche super musei, tutto e sempre con funzione di "attrattori turistici" (e qui ritorna prepotente la sagra della porchetta!). Ma la cultura è un bene che deve servire in primo luogo alla cittadinanza, deve generare un valore finalizzato ad accrescere il capitale culturale (e non il peso corporeo), che non è fatto solo di beni materiali, ma anche di beni immateriali, buona parte dei quali si condensa nella testa, nella memoria, nella capacità dei cittadini». Così lo storico e archivista, Michele Grimaldi.

«Ma questi concetti sono molto "pesanti" da digerire e come sentenziava Tito Livio, "Dum Romae consulitur, Cannae expugnatur (… mentre a Roma si discute (e si riforma), Canne viene espugnata"…ed intanto il 2 agosto, 2.240 anniversario della Battaglia, si avvicina ed un silenzio veramente assordante ed immobile, avvolge le pietre di Canne.

Credetemi, non è facile vestire, ogni volta, i panni del commentatore critico ma purtroppo mi è dovuto, in conseguenza del fatto che non ho mai avuto simpatia per coloro che annunciano epocali trasformazioni ed interventi e poi…il nulla. Ciò mi convince ancor di più che, le diverse figure protagoniste della situazione, siano affette da quella ormai non più rarissima sindrome del "cranio con eco".
Purtroppo debbo ripetermi confortato dalle parole del giornalista e saggista Paolo Rumiz, il quale durante una interessantissima conferenza tenuta qualche anno fa in occasione della mostra "Annibale. Un Viaggio", aveva sentenziato che "gli Italiani (ed i Barlettani avanti a tutti), dal punto di vista storico, hanno un autostima pari a zero" ed io sommessamente aggiungo che non conoscono affatto la storia!
Le tante parole, come al solito inutili, dette negli ultimi tempi su beni culturali del nostro territorio ed in particolar modo sul sito archeologico di Canne della Battaglia, si prestano ad un approfondimento, dato che da qualche stagione (politica) non si capisce più di chi sia veramente la colpa del totale degrado delle belle arti. Sono colpe antiche? Sono inventate? Perché sono evidenti soltanto adesso? Ma quante domande pesantissime!
La responsabilità del degrado, più che dei singoli Ministri, è invece sempre e comunque del Ministero della Cultura? Oppure risale all'incompetenza dei tecnici preposti, alle mancate assunzioni, al fatto che non c'è più nessuno che lavora? Se questo Governo vuole essere veramente innovativo nelle strategie e negli strumenti di concreto esercizio del fare e del regolamentare, deve cogliere sul serio l'essenza del problema e non tentare di risolvere tutto facendo una ennesima riforma (cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambia): il Ministero deve solo ridefinire l'ambito della propria attività nel proprio specifico comparto che da quasi trent'anni non genera più lavoro. E la mancanza di lavoro significa vuoto di cultura, di decoro, di efficienza e intelligenza della cosa pubblica.
Il patrimonio culturale della nostra Città, frutto congiunto di una straordinaria stratificazione di civiltà e della ricchezza e diversità dei suoi quadri ambientali, rappresenta un valore inestimabile per la collettività. La lunga e complessa continuità storica dell'insediamento umano su un territorio relativamente piccolo e fortemente eterogeneo dal punto di vista climatico e geomorfologico ha prodotto, infatti, un'accumulazione di beni culturali e un mosaico di paesaggi umani unici al mondo per consistenza e rilevanza.

La "Storica" Barletta possiede un importante patrimonio artistico - culturale eppure è in coda alle classifiche per quanto riguarda gli investimenti pubblici nella cultura; forse la nostra Città può essere considerata un museo a cielo aperto, data la ricchezza di opere presenti e tuttavia, il turismo non è all'altezza di ciò che questo ha da offrire.
E pensare che non è stato sempre così perché se una novantina di anni fa il Comune non avesse fatto proprio quell'appezzamento di terreno, oggi ma anche ieri e l'altro ieri, non si starebbe a celebrare un bel niente nella nostra città, bensì qualche altro luogo la farebbe da padrone per organizzare simili manifestazioni.

Pensate stia esagerando? Bene, vi porto a conoscenza di una lettera inviata al Commissario Prefettizio del Comune di Barletta il 23 aprile 1935 dal dott. Vito Lattanzio, Presidente dell' "Associazione fra gli Amici dell'Arte e della Storia Barlettana" il quale avvisava che "…Alla fine del corrente mese di aprile sarà tenuto in Avezzano il consiglio di famiglia dell'interdetto Nicola Cocco, proprietario della Collina di Canne. Per poter con facilità concludere le opportune trattative per l'acquisto della predetta collina da parte di codesta Amministrazione, sarebbe indispensabile inviare di urgenza la relativa proposta di acquisto. Anche perché, da sopralluogo effettuato da incaricati, mi è stato riferito che dalla distruzione delle tombe eseguita dai nuovi proprietari della masseria Cocco" e concludeva " Solo con l'acquisto potremo avere la possibilità di salvare almeno una parte di una zona di grande interesse nazionale e di compiere il nostro dovere verso quei morti che da duemila anni giacciono inosservati in terra nostra". Più chiaro di così si muore!

Per fortuna che l'accorato appello lanciato da ogni parte del settore cultura della società civile barlettana, venne accolto e il 26 giugno del 1937 (tra meno di cinque mesi quindi saranno 80 gli anni da quel fondamentale atto) il Comune di Barletta nella figura del Podestà dott. Michele Picardi, acquistava dall'avv. Alfredo Tommassetti, tutore del sig. Cocco Nicola proprietario, una zona di terreno denominata "Monte Canne" in contrada omonima, della superficie di ettari 8.79.40 iscritta in catasto alla partita n. 2327, foglio 43, particella 13, per la somma complessiva di £. 9.784,44.

Ecco spiegato, con i documenti, il perché, come nei film di fantascienza, senza quell'indispensabile e provvidenziale atto stipulato dalla previdente classe politica del tempo, tutto sarebbe magicamente cancellato e svanito nel nulla perché di Canne non sarebbe rimasta traccia e nessuno, oggi, potrebbe parlare, scrivere pro o contro, organizzare eventi e rendersi visibile agli occhi dell'intero universo culturale».
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