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Acqua, un bene pubblico sempre più privato

Conferenza a cura del Comitato Pugliese Acqua Bene Comune

«È ormai tempo di considerare l'accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari nel novero dei diritti umani, definito come il diritto uguale per tutti, senza discriminazioni, all'accesso ad una sufficiente quantità di acqua potabile per uso personale e domestico - per bere, lavarsi, lavare i vestiti, cucinare e pulire se stessi e la casa - allo scopo di migliorare la qualità della vita e la salute. Gli stati nazionali dovrebbero dare priorità all'uso personale e domestico dell'acqua al di sopra di ogni altro uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questo quantità sufficiente di acqua sia di buona qualità, accessibile economicamente a tutti e che ciascuno la possa raccogliere ad una distanza ragionevole dalla propria casa» (ufficio dell'alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, settembre 2007).

L'acqua è un diritto inviolabile dell'uomo, ma nella pratica è davvero così? Si è svolta ieri nell'auditorium della parrocchia Cuore Immacolato una conferenza sullo stato attuale delle risorse idriche, dalla nostra Puglia e il suo acquedotto (20 mila chilometri di rete che raggiunge circa 8 milioni di utenti) fino al più ampio scenario internazionale dove lo squilibrio tra nord e sud del mondo continua ad essere sconfortante. Ne parlano (ad un purtroppo esiguo pubblico di spettatori) Federico Cuscito e Vincenzo Spina del Comitato Pugliese Acqua Bene Comune, soffermandosi inoltre sul grave problema della privatizzazione.

Risale al 2009 la legge che in Italia rappresenta il primo passo ufficiale verso una graduale privatizzazione dell'acqua: il decreto Ronchi. «L'acqua è un bene pubblico» e il «decreto non ne prevede la privatizzazione», affermò all'epoca l'allora ministro per le politiche comunitarie, Andrea Ronchi. Si parla in effetti di liberalizzazione del servizio idrico italiano, ma come spiega Vincenzo Spina: «Entro il 2011 almeno il 40% delle acqua del nostro paese passerà in mano ai privati».

A difendere il cosiddetto diritto all'acqua è stato istituito nel 1996 il World Water Council, piattaforma internazionale che ha l'obiettivo di «facilitare l'efficiente conservazione, protezione, sviluppo, gestione e uso dell'acqua in tutte le sue dimensioni».
I primi tre forum mondiali dell'acqua si sono tenuti a Marrakech (1997), all'Aia (2000) e a Kyoto (2003). Il quarto si è tenuto a Città del Messico nel 2006, con la partecipazione di 146 paesi e si è concluso con la "Dichiarazione degli enti locali sull'acqua". Il Forum tuttavia non ha affermato il riconoscimento dell'accesso all'acqua come un diritto fondamentale di ciascun essere umano, stabilendo il livello minimo di 20 litri di acqua al giorno come diritto non commerciabile. Infatti, sebbene si tratti di un'organizzazione paragovernativa (ne fanno parte governi e organi paraistituzionali), fra i membri figurano le più grandi multinazionali e società private di gestione dell'acqua, come le francesi Vivendi Environment, Suez Lyonnaise des Eaux e Saur o la tedesca Rwe/Thames water.

Contraltare a questo grande gruppo internazionale è nato nel 2003 il People Water Forum, piattaforma a base popolare che nel suo statuto afferma: «L'acqua deve essere pubblica, sociale, cooperativa, equa e no profit». Ancora tanti sono infatti gli squilibri nella gestione delle risorse idriche a livello internazionale, e si spera che una mobilitazione dal basso, dal singolo consumatore casalingo di acqua, possa aiutare a rendere possibile – o per lo meno auspicabile – un cambiamento radicale in nome di giustizia e benessere per tutti.
2 fotoConferenza "Acqua Bene Comune"
Conferenza "Acqua bene Comune"Conferenza "Acqua bene Comune"
Visita i siti ufficiali delle organizzazioni:
www.worldwatercouncil.org
http://peopleswaterforum.org
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