30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta
30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta
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“30 aprile 1945”, tra il grottesco e l’edificante

Lo spettacolo teatrale della manifestazione ebraica Lech Lechà. Belsito, Colasanto e Mastrapasqua, l’arte nella reinterpretazione del male

"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterna duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".

E' stata questa l'accoglienza riservata agli ospiti dello spettacolo teatrale conclusivo della tappa barlettana della manifestazione Lech Lechà, articolata in una settimana dedita all'arte, la cultura e la letteratura ebraica. Lo scorso lunedì infatti, dopo un pomeriggio all'insegna di dibattiti e approfondimenti, il momento finale della giornata ha stupito, impietrito e accattivato gli spettatori che leggermente titubanti e fortemente coinvolti nella sagace interpretazione hanno assistito all'atto unico messo in scena nei sotterranei del castello di Barletta da Gianluigi Belsito e Elio Colasanto, con l'accompagnamento musicale del violinista Mastrapasqua dell'Orchestra Musica Concentrationaria. Lo spettacolo dal titolo "30 aprile 1945", in cui gli attori personificano il dialogo tenutosi negli inferi, tra i due luogotenenti del male Minosse e Iago e il Principe (il diavolo), prende avvio con undici rintocchi di violino, il giorno è quasi terminato e il Principe delle tenebre attende i suoi per il rapporto sulle anime giunte negli Inferi.

Una triste notizia colpisce l'animo malvagio del demonio, il capo dell'esercito suo amico è giunto tra loro. Il Genio lo chiamano laggiù, nel regno del male è questo il nome di colui che ha distrutto un popolo e segnato il mondo con la sua perfidia e cattiveria maniacali. Il 30 aprile 1945, data della morte di Adolf Hitler, segna una svolta nel regno del male, inizia così lo spettacolare dibattito tra il Principe e i suoi consiglieri, mediante un'eccellente reinterpretazione della natura umana, richiamata dalla costante trasversalità delle allusioni e l'esaltante, stridente e talvolta mellifluo suono del violino, che accompagnerà l'interpretazione per tutta la sua durata. Belsito e Colasanto attraversano i ruoli dei loro personaggi, sviscerandoli e riproponendoli al pubblico in maniera sublime e deformante, coinvolgente e in alcuni toni addirittura terrificante. La trama grottesca prevede il preoccupante disquisire attorno al pensiero dei personaggi antichi e dell'età moderna, mai indicati con il loro nome. Il Principe, colto nella sua quasi umana preoccupazione di mascherarsi dell'ambiziosa e continua ricerca del bello, per conseguire la definitiva vittoria sulla terra, convinto dell'ineludibile cattiveria insita nell'essere umano, attraversa un percorso di modernizzazione forzata, per tendere nella sua trappola anche quei pochi, che per timore di essere smascherati si accontentano ancora di fare del bene.

La catastrofica visione dell'autore, celato dietro lo pseudonimo Luca Frozen Cresci, accompagna gli spettatori in un viaggio fatto di coscienza e consapevolezza, terrore e riflessione. La resa dei costumi prima quasi monacali e in seguito semplici ed eleganti, guida al cambiamento di riadeguamento chic del male, nell'era in cui come dirà Minosse, "non conta più ciò che le cose sono, ma quello che sembrano". Il male stesso si interroga se mai esista una concreta e disinteressata forma di amore, riconoscendo l'assoluta devozione delle madri per i propri figli, come mera salvaguardia della propria funzione vitale, il bene dirà il Principe, è "l'alibi dei deboli". Il male per il male, distillato nella sua forma più essenziale, trascina l'uomo nell'universo dell'apparire, la critica dell'autore posa lo sguardo severo sull'epoca del consumismo, la pièce si conclude con la sottile escamotage di confezionare l'odio nell'amore, prevedendo un successo del primo, di cui solo l'uomo con la sua costante distrazione potrà dirsi colpevole.

Un'insolita lettura del più crudele massacro di tutti i tempi, una Shoah (in ebraico "distruzione" "desolazione"), che ritrova il suo significato nel terzo millennio, l'era dell'esasperazione della concretezza e dell'essenza della vita, nella vanificazione narcisistica di quanto rimane di vero e bello, l'amore. Lech lechà, "va verso te stesso", quando l'arte teatrale, maestra e spettatrice di vita, riconduce l'uomo sul cammino dell'essenzialità.
8 foto30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta
30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta30 aprile 1945, spettacolo teatrale al Castello Svevo di Barletta
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