«Non è stato né un suicidio, né un tentativo, solo accidentalità»
La testimonianza di una nostra lettrice-pendolare
giovedì 7 novembre 2013
19.08
iReport
Salve Redazione,
pur apprezzando la vostra prontezza nel segnalare il disservizio di Trenitalia, avvenuto ieri intorno alle 18, voglio chiarire alcune cose viste con i miei occhi e sentite con le mie orecchie. Ero sul treno regionale Bari-Foggia delle 18.10; il treno non parte e, solo dopo dieci minuti si sente parlare dell'investimento di un ragazzo, nei pressi della stazione di Bari Santo Spirito. Cominciano gli andirivieni di ragazzi desiderosi di tornare a casa: salgono sul treno delle 18.34 diretto a Barletta, poi tornano su quello delle 18.10 perché capiscono che è quello avente la precedenza su tutti a partire. Le domande ai controllori sono numerose: questi assicurano che il ragazzo è salvo ma non riescono a quantificare il tempo dei disagi, e intanto i treni ritardano di minuti imprecisati, il Mola-Molfetta viene cancellato, del bus sostitutivo manco l'ombra e la stazione centrale di Bari diventa un caos. Gente che sbuffa, corre, bestemmia l'ipotetico ragazzo buttatosi e cominciano le paternali del tipo: «Ai ragazzi di oggi puzza la vita, non si sanno accontentare di quello che hanno, sono egoisti, menefreghisti…questi controllori che stanno a fare, io voglio tornare a casa» e altre lamentale legittime e non.
La circolazione viene ripristinata dopo un'abbondante mezz'ora, il treno parte alle 18.42 e, tornata a Barletta, apprendo che non è stato né un suicidio, né un tentativo, ma una pura accidentalità. Non un ragazzo, non una sopravvivenza, bensì la morte di una donna 51enne, dipendente della Rfi. La fatalità sarebbe accaduta intorno alle 17.30 quando, scendendo alla stazione di Bari S.S., la donna ha continuato a camminare sui binari ed è stata travolta dalla parte aggettante del convoglio in questione. Pur di ricondurre il tutto a un suicidio, si è cercato di interpretare (forzatamente) che la vittima abbia voluto farla finita in memoria del suo defunto marito, vittima nel 1991 durante un incidente ferroviario.
Ecco cosa viviamo, leggiamo e ascoltiamo quotidianamente: tante incertezze! La vita, le intenzioni, le dinamiche e i fatti riportati su un giornale non sono altro che vaghezze, sulle quali purtroppo ci ritroviamo a fondare i nostri dialoghi con gli altri e la nostra conoscenza.
Rita
pur apprezzando la vostra prontezza nel segnalare il disservizio di Trenitalia, avvenuto ieri intorno alle 18, voglio chiarire alcune cose viste con i miei occhi e sentite con le mie orecchie. Ero sul treno regionale Bari-Foggia delle 18.10; il treno non parte e, solo dopo dieci minuti si sente parlare dell'investimento di un ragazzo, nei pressi della stazione di Bari Santo Spirito. Cominciano gli andirivieni di ragazzi desiderosi di tornare a casa: salgono sul treno delle 18.34 diretto a Barletta, poi tornano su quello delle 18.10 perché capiscono che è quello avente la precedenza su tutti a partire. Le domande ai controllori sono numerose: questi assicurano che il ragazzo è salvo ma non riescono a quantificare il tempo dei disagi, e intanto i treni ritardano di minuti imprecisati, il Mola-Molfetta viene cancellato, del bus sostitutivo manco l'ombra e la stazione centrale di Bari diventa un caos. Gente che sbuffa, corre, bestemmia l'ipotetico ragazzo buttatosi e cominciano le paternali del tipo: «Ai ragazzi di oggi puzza la vita, non si sanno accontentare di quello che hanno, sono egoisti, menefreghisti…questi controllori che stanno a fare, io voglio tornare a casa» e altre lamentale legittime e non.
La circolazione viene ripristinata dopo un'abbondante mezz'ora, il treno parte alle 18.42 e, tornata a Barletta, apprendo che non è stato né un suicidio, né un tentativo, ma una pura accidentalità. Non un ragazzo, non una sopravvivenza, bensì la morte di una donna 51enne, dipendente della Rfi. La fatalità sarebbe accaduta intorno alle 17.30 quando, scendendo alla stazione di Bari S.S., la donna ha continuato a camminare sui binari ed è stata travolta dalla parte aggettante del convoglio in questione. Pur di ricondurre il tutto a un suicidio, si è cercato di interpretare (forzatamente) che la vittima abbia voluto farla finita in memoria del suo defunto marito, vittima nel 1991 durante un incidente ferroviario.
Ecco cosa viviamo, leggiamo e ascoltiamo quotidianamente: tante incertezze! La vita, le intenzioni, le dinamiche e i fatti riportati su un giornale non sono altro che vaghezze, sulle quali purtroppo ci ritroviamo a fondare i nostri dialoghi con gli altri e la nostra conoscenza.
Rita