Fabiana Lupo
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Volley

Volley, Fabiana Lupo si confessa di rientro dai Giochi Olimpici Militari

Quarto posto ottenuto con la nostra Nazionale

Un pizzico di Barletta quasi in vetta al mondo. E' la storia di Fabiana Lupo, pallavolista nostra concittadina nata nel 1987, che dal 14 al 24 luglio ha preso parte con la Nazionale azzurra ai Giochi Olimpici Militari che si sono svolti a Rio de Janeiro. Una partecipazione che impreziosisce il curriculum dell'atleta cresciuta nella Cardo Volley, che al rientro dalla trasferta brasiliana è venuta nei nostri studi per concederci una esclusiva intervista:

Fabiana, partiamo con un bilancio della quinta edizione dei giochi mondiali militari…
«Sono molto soddisfatta; sono andati molto bene, l'Italia ha preso tante medaglie, tanti ori, tanti argenti, in discipline come nuoto, judo, taekwondo in particolare. Il rammarico deriva dalla pallavolo maschile, dove non è stata fatta una squadra, sebbene abbiamo tanti atleti bravi nelle armi. A livello femminile, abbiamo allestito una squadra molto competitiva che avrebbe potuto ottenere anche risultati migliori. Alla fine abbiamo disputato una bella finale per il terzo e quarto posto che però è andata male per diversi fattori; il piccolo infortunio rimediato dal libero, unito ad altre defaillances di squadra, ha portato al 3 a 1 per la Germania. Comunque speriamo di rimediare o al prossimo mondiale o alle Olimpiadi militari del 2015».

Se dovessi dare un voto alle tue Olimpiadi militari, quale sarebbe?
«Devo dare delle valutazioni scaglionate per partire: prima volta in campo contro la Cina, ti lascio immaginare l'emozione, mi do come voto un sei e mezzo; per le altre partite mi assegno un otto. Invece credo di aver dato il meglio nel match contro la Germania, per la quale mi darei un nove. In quell'occasione mi sono impegnato davvero tanto, anche se ero abbastanza stanca, i livelli e i ritmi erano molto alti, ma la determinazione a prendere quel bronzo, con 3500 persone presenti nel palazzetto che mi hanno motivato ancora più».

Era la tua prima volta in Brasile? Come hai vissuto questa situazione?
«Sì, era la mia prima volta in Brasile, la mia prima volta all'estero oltreoceano, faceva molto caldo nonostante fosse inverno là. Ho trovato un Brasile accogliente e perennemente sorridente, sono stati davvero attenti alle nostre esigenze. Ovviamente abbiamo vissuto realtà opposte, in quanto noi a Copacabana avevamo la base italiana dove potevano entrare solo i militari, e questo Fort Italia era in una location stupenda. A questo si contrapponeva la povertà di diversi quartieri di Rio che abbiamo visto»

Hai parlato del mare che era molto vicino. E' stato difficile non farsi trarre in tentazione?
«Era molto difficile vedere il mare, avevamo la partita, la mattina eravamo impegnati negli allenamenti già dalle 7, poi avevamo riposo obbligatorio e pranzo, mentre il pomeriggio si giocava; a essere onesti abbiamo visto solo una volta la famosa spiaggia di Copacabana e non abbiamo trovato neppure un clima favorevole».

Che rapporto si è creato con le tue compagne?
«Non conoscevo nessuna delle mie compagne, tante avevano esperienza con partecipazioni a Mondiali e Olimpiadi. Io le ho conosciute praticamente a marzo con i primi raduni nazionali, dove si sono incrociati 12 modi diversi di vivere la pallavolo, tanti quante noi eravamo. Nonostante quello siamo state molto unite in campo e fuori, è stata veramente una bella esperienza anche fuori dal campo, dove ci siamo relazionate anche con gli altri atleti, come quelli della Nazionale di basket maschile italiana, che erano presenti nel villaggio. E' normale che piccoli screzi in campo ci sono e ci saranno sempre, a qualsiasi livello e in ogni occasione».

Torniamo in Italia: tu da dicembre 2010 sei arruolata nell'Aeronautica a Udine. Come stai vivendo quest'esperienza?
«È stato un impatto notevole, perché da vivere con maggiore libertà ho dovuto cominciare a seguire delle regole, talvolta poco comprensibili anche. All'inizio non nascondo che ci sono state tante difficoltà: Udine è a 1000 km da casa, ma con il tempo mi sono adattata. La città friulana è piena di persone del Sud. La vita in caserma è davvero molto familiare, al contrario di quanto si possa pensare, e questo mi ha aiutato ad acclimatarmi. E' una nuova vita che ho saputo affrontare».

A che punto è il volley femminile in Italia?
« In questo settore bisogna da fare una distinzione tra centro-nord e centro-sud. Nel centro-sud abbiamo tante brave atlete e tanti bravi allenatori, nelle società del nord c'è maggiore disciplina nelle società, hanno molte regole, sono più ferrei, più severi; anche il rapporto tra dirigenza e giocatrici è differente. I dirigenti sono molto disponibili, non offendono le ragazze se una partita va male, hanno maggiore pazienza. Ciò che mi colpisce maggiormente è il fatto che le società partano tutte avendo come obiettivo minimo la salvezza: ciò che viene in più è sempre positivo. Io ho avuto modo di vivere anche questa realtà bella ma rigida».

Questione-pubblico: spesso in altri sport si parla di una mancanza di cultura da parte degli spettatori, nel volley che gente popola i palazzetti?
« Purtroppo al sud vedo sempre meno pubblico rispetto al nord. A Barletta c'è tanto amore verso il calcio, che è lo sport primario anche se tante volte non ha fatto risultati lodevoli. La pallavolo è sempre stata tenuta in secondo piano, anche da parte della politica. Posso dire che a Barletta quando ho visto tanto pubblico le atlete hanno risposto, quindi ho visto in partite importanti un pubblico abbastanza nutrito, e in quelle occasioni abbiamo vinto e abbiamo dimostrato il nostro valore».

Hai parlato di politica: quanta disponibilità c'è per l'utilizzo degli impianti sportivi per allenarsi da parte delle società di pallavolo a Barletta?
«In realtà ho vissuto relativamente questa situazione. La politica è fondamentalmente un campo affrontato e toccato dai dirigenti e dall'allenatore di una squadra; da giocatrice ho potuto solo vedere che ci allenavamo al Palazzetto vecchio, mentre per allenarci al Palazzetto nuovo dovevamo pagare fior fior di quattrino, perché l'utilizzo di questa struttura era fondamentalmente appannaggio del calcio a 5. Ho vissuto il tutto dietro le quinte: non ho mai saputo i motivi per i quali non è stata implementata la disponibilità di orari e impianti. Certo, ci sono sport che stanno peggio, però avremmo potuto avere di più».

Polemica-tesserini: spesso gli atleti più giovani restano "prigionieri" della propria società, che non concedono gratuitamente il cartellino. Come si potrebbe approdare ad una soluzione per questo annoso problema?
Ritengo sia una situazione che influisce negativamente sulla carriera di un pallavolista; personalmente ricordo che la prima volta che sono andata via da Barletta avevo 14 anni, e andai a giocare a Cerignola. Personalmente ho avuto la fortuna di essere nella rappresentativa provinciale e regionale; ho giocato per due anni ma per poter fare questo ho dovuto "lottare" con la mia società di provenienza, e lo dico a malincuore. C'è gente che mi ha trattato bene nella società, ma altrettanti hanno fatto sorgere diversi problemini, specie di natura economica, per farmi andare in prestito un'altra società. Se un giorno dovessi diventare, come mi auguro, dirigente o allenatrice di una squadra di pallavolo, e vedessi che in una giocatrice c'è talento non ne ostacolerei la crescita professionale chiedendo tanti soldi per dare in prestito l'atleta».

Questo discorso pone in evidenza un altro problema: quanta professionalità c'è nel volley barlettano?
«E' una domanda difficile: parlando per esperienza diretta, io a Barletta ho giocato in una sola società, dove gran parte dei componenti era seria e professionale, mentre una piccola parte, parlando in termini vernacolari, si è "imbucata" nell'ambiente pallavolistico, avendo poca dimestichezza con questo sport. In termini generali direi che nel panorama barlettano una buona fetta di dirigenti, almeno il 60%, è abbastanza competente».

Io concluderei chiedendoti obiettivi personali e professionali per il futuro…
«Sarei tentata dal non svelarli per scaramanzia. Ho tanta voglia di restare in Aeronautica, è un corpo militare che mi ha dato molto a livello personale in questi 7 mesi, perché sono cresciuta molto a livello umano e a livello professionale, quindi spero di non dover lasciare Udine a dicembre e di superare perciò il concorso. Se dovesse andar male non mi fermo e continuo, fino a che l'età mi permetterà di continuare a provare concorsi; un giorno lontano saprò comunque di avercela messa tutta e di aver dato tanto almeno a livello di sport».

Bene, Fabiana, abbiamo terminato questa lunga intervista. Un saluto ai nostri lettori?
Un grande abbraccio ai lettori di Barlettalife. Colgo l'occasione per chi mi ha seguito durante le Olimpiadi militari in prima persona, grazie a chi ha tifato per me anche dietro le quinte, e grazie soprattutto a chi non ha smesso di credere in me da quando ero piccola, e mi ha spinto ai buoni livelli ai quali sono approdata oggi».
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