Andrea Zorzi
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Pietro Mennea, il ricordo di Andrea Zorzi

Ex campione di volley, oggi giornalista, aveva raccontato Mennea in "Tracce di sport"

Questa mattina alle 10 a Roma, presso la Basilica di Santa Sabina in Aventino, si terranno i funerali di Pietro Mennea, il grande campione olimpico barlettano scomparso giovedì all'età di 61 anni, strappato alla vita da un male incurabile. Ai nostri microfoni ne ha tracciato un significativo ricordo Andrea "Zorro" Zorzi, ex-pilastro della nazionale di pallavolo italiana, con la quale ha vinto due mondiali nel 1990 e nel 1994, e un argento alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996. Nel suo palmares anche 2 campionati, 2 Coppe Italia, una Champions League, 4 Coppe delle Coppe, 2 Supercoppe europee, 3 Coppe del Mondo per club FIVB. Nel maggio 2011 era stato a Barletta con RaiNews per girare una puntata del programma "Tracce di sport 2", trasmissione di RaiNews, nella quale Elena Donaggio (ricercatore IRS) e Andrea Zorzi, accompagnati da due videooperatori e un blogger, avevano viaggiato attraverso la storia passata e presente del Belpaese, per scoprire e riscoprire i luoghi più significativi della sua storia sportiva e sociale.

Andrea Zorzi, quella di giovedì è stata un'altra giornata molto triste per lo sport barlettano e italiano. Che sensazioni hai provato nel sentire questo annuncio?Cosa ha rappresentato per te da sportivo e tifoso Pietro Mennea?
"Io sono di quella generazione che ha considerato Mennea il più grande atleta italiano in assoluto. Due anni fa, a maggio 2011, ho avuto la gioia e il pacere di andare a Barletta e di percepire come Mennea avesse lasciato un ricordo forte. Mi è rimasta in mente una sensazione comune a tutti gli intervistati: quella che lui fosse una persona testarda, cocciuta, che si impegnava più di tutti, arrivando per primo agli allenamenti ed andando via per ultimo . Anche in queste ore, ascoltando i commenti di chi l'ha conosciuto molto da vicino, raccontano di un autentico asceta dello sport, di un professionista esemplare che ha dato la sua vita per la disciplina".

C è un'immagine particolare che conservi di Pietro Mennea?
"Mi restano in mente tante istantanee fotografiche scattate durante le un gare. In particolare, la tensione che esprimeva nella corsa rispetto a tanti altri suoi colleghi: ecco, in Pietro c'era questa costante del l'impegno, della sofferenza a ogni costo, con grandissimi risultati. Da atleta, so quanto la sofferenza e il sacrificio impregnino i nostri atti quotidiani, ma nel suo caso credo fossero davvero componenti determinanti".

Sudore e sacrificio. Sono un po' quello spirito che in Italia oggi fatichiamo a ritrovare?
"Non c è dubbio che l'intensità di queste doti sia oggi rara da noi. Direi però anche di non trasformare la sofferenza in un valore assoluto: è però ovvio che senza la giusta dose di impegno non si ottengono risultati, e questo Pietro c'è l'ha insegnato con i fatti".

Nel vostro speciale su Mennea mettevate in evidenza come il suo "fantasma" aleggiasse per le vie di Barletta e sulle corsie del "Puttilli". Resta questa impressione? Sarebbe bello intitolare un luogo dello sport barlettano al grande Pietro?
"Ciò che ho percepito a Barletta, è che si parlasse tanto, tantissimo del Mennea atleta esemplare e molto meno delle sue lodevoli esperienze di vita successive, fermandosi all'immagine del campione vincente. Era molto meno facile gestire la relazione con Mennea dopo la fine della sua carriera agonistica. Per quanto riguarda l'eventuale intitolazione di uno stadio, sarebbe bello ma al tempo stesso sono così tanti i luoghi intitolati a personaggi dello sport celebri, che forse per ricordare Pietro e la sua grandezza per Barletta sarebbe addirittura il caso di pensare a un modo innovativo, maggiormente simbolico".
(Twitter: @GuerraLuca88)
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