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Mennea day, l'omaggio del professor Montenero: «Allenarsi con Pietro è stato un onore»
L'attuale allenatore di Vito Incantalupo e i suoi ricordi
Barletta - martedì 10 settembre 2013
10.29
Il record del mondo di Città del Messico, l'oro olimpico di Mosca, il ritiro ed il ritorno alle gare, il record del mondo sul livello del mare fatto segnare proprio sulla pista del "Puttilli" ma anche la quotidianità degli allenamenti e delle gare di preparazione ai grandi eventi. Il professor Francesco Montenero ha vissuto tutto questo al fianco di Pietro Mennea: in occasione del "Mennea day" abbiamo voluto ascoltare le sue parole per provare a ricordare una volta di più le gesta del più grande atleta italiano di tutti i tempi.
Professor Montenero, lei è stato a lungo sparring partner di Pietro Mennea in allenamento qual'è il momento che ricorda con maggior piacere di quelle giornate passate al fianco del campione?
«Gli allenamenti con Pietro erano tutta un emozione. All'epoca dei primi allenamenti ero un ragazzo e potete immaginare cosa potesse significare per me correre al suo fianco, comportava un impegno maggiore a quello che mettevo nelle mie stesse gare. Con il passare del tempo il rapporto è divenuto sempre più stretto, sono diventato suo sparring partner ed amico tanto ad arrivare in occasione di alcune gare di allenamento a fargli da vera e propria guardia del corpo per proteggerlo e farlo rendere al meglio. Queste attenzioni però erano anche ricambiate, ricordo che una volta mi feci male e lui mi massaggiò per aiutarmi. Un altro momento importante è stato quando decise di rientrare in pista dopo il ritiro post-olimpico, lo aiutai a rimettersi in gioco ed a superare dubbi e incertezze. Pietro era un tipo scherzoso, con lui non mancavano le battute in dialetto ma mai in allenamento, lì era davvero metodico e maniacale».
Ricorda il giorno del record mondiale? Ve l'aspettavate?
«Nel 1979 non facevo ancora parte dell'entourage, ma ero amico di suo fratello Vincenzo che ci portava i risultati di quelle Universiadi che essendo a Città del Messico si correvano nella notte italiana. Del record ricordo soprattutto l'intervista che rilasciò subito dopo nella quale sollevò il problema della pista del "Puttilli" che all'epoca era ancora di asfalto e che proprio grazie all'intervento di Pietro divenne finalmente in sportflex».
Altra giornata memorabile è quella della vittoria olimpica: che emozioni ha provato in quell' occasione?
«L'oro olimpico l'ho vissuto in maniera più intensa. Ricordo che con suo fratello Vincenzo e Michele Di Pace ci incontrammo "Puttilli" nel pre-gara per scaricare la tensione e la paura che si ripetesse quanto accaduto quattro anni prima a Montreal dove arrivà quarto per poi sfoderare la settimana successiva a La Spezia una prova cronometrica che l'avrebbe portato all'argento olimpico. Arrivò poi la sera, la gara, la sigla dell'euro visione, la paura per Wells che in settima corsia avrebbe potuto sfruttare la scia Pietro che era in ottava. Difatti dopo una buona partenza a soli 50 metri dal traguardo il gallese era molto avanti e Pietro era addirittura quinto. Nonostante tutto la speranza di una rimonta c'era e quando il telecronista Rosi cominciò a scandire il famoso rimonta, rimonta, rimonta ci rendemmo conto che di ciò che stava avvenendo, di una vittoria storica con tanto di dito rivolto al cielo. Dopo la vittoria la gioia fu infinita con tanto di caroselli per tutta la città. Successivamente alla vittoria di Mosca poi Pietro si consacrò dapprima vincendo il Golden Gala organizzato dal presidente Primo Nebiolo a Roma proprio per metterlo difronte agli americani che non avevano partecipato alle olimpiadi per via dell'embargo e poi stabilendo proprio a Barletta il 17 agosto 1980 il primato mondiale dei 200 mt sul livello del mare con il tempo di 19'96'' battendo il precedente record di Borzov (20'00'') e divenendo il primo uomo a scendere sotto i 20 a livello del mare».
Barletta è da sempre stata fucina di talenti per l'atletica leggera: come spiega questo idillio tra la città e questa disciplina?
«Nel 1981, dopo le performance di Michele Di Pace (vincitore agli assoluti indoor di Milano e terzo agli Europei indoor a Monaco di Baviera) il settimanale "Oggi" titolò "Mamme volete un figlio veloce? Fatelo nascere a Barletta". E' davvero una cosa non spiegabile, forse si tratterà di un cromosoma particolare o forse chissà, fatto sta che la tradizione inaugurata dall' AVIS Barletta fondata nel 1970 dal dottor Lattanzio ha fatto di Barletta la città dell'atletica. Nomi come Cosimo Puttili, Pietro Mennea, Angelo Marchiselli, Michele Di Pace o i più attuali Mimmo Ricatti, Veronica Inglese, Cascella e Vito Incantalupo non possono essere un caso ed il tutto nonostante la nostra pista sia praticamente quella del 1980. Si immagini se l'asfalto di una strada sia quello di 33 anni fa, in che stato sarebbe ridotto? Sorridendo però, posso dire che chi giovedì gareggerà in corsia 5 avrà l'onore di calcare il terreno calpestato da Pietro Mennea nel 1980».
Uno dei giovani talenti barlettani è Vito Incantalupo, da lei allenato. Dove può arrivare questo ragazzo?
«Risultati come una medaglia di bronzo europea Under 23 non si raggiungono per caso. Lui ha ottime prospettive e può trasferire a livello assoluto quanto sta facendo ora. Ovviamente ci sono tanto fattori a condizionare una carriera: infortuni, amore e chi più ne ha più ne metta. Di certo posso dire che lui ci mette tanta voglia e tanto impegno e ha tante possibilità di diventare un grande».
Adriano Antonucci
Professor Montenero, lei è stato a lungo sparring partner di Pietro Mennea in allenamento qual'è il momento che ricorda con maggior piacere di quelle giornate passate al fianco del campione?
«Gli allenamenti con Pietro erano tutta un emozione. All'epoca dei primi allenamenti ero un ragazzo e potete immaginare cosa potesse significare per me correre al suo fianco, comportava un impegno maggiore a quello che mettevo nelle mie stesse gare. Con il passare del tempo il rapporto è divenuto sempre più stretto, sono diventato suo sparring partner ed amico tanto ad arrivare in occasione di alcune gare di allenamento a fargli da vera e propria guardia del corpo per proteggerlo e farlo rendere al meglio. Queste attenzioni però erano anche ricambiate, ricordo che una volta mi feci male e lui mi massaggiò per aiutarmi. Un altro momento importante è stato quando decise di rientrare in pista dopo il ritiro post-olimpico, lo aiutai a rimettersi in gioco ed a superare dubbi e incertezze. Pietro era un tipo scherzoso, con lui non mancavano le battute in dialetto ma mai in allenamento, lì era davvero metodico e maniacale».
Ricorda il giorno del record mondiale? Ve l'aspettavate?
«Nel 1979 non facevo ancora parte dell'entourage, ma ero amico di suo fratello Vincenzo che ci portava i risultati di quelle Universiadi che essendo a Città del Messico si correvano nella notte italiana. Del record ricordo soprattutto l'intervista che rilasciò subito dopo nella quale sollevò il problema della pista del "Puttilli" che all'epoca era ancora di asfalto e che proprio grazie all'intervento di Pietro divenne finalmente in sportflex».
Altra giornata memorabile è quella della vittoria olimpica: che emozioni ha provato in quell' occasione?
«L'oro olimpico l'ho vissuto in maniera più intensa. Ricordo che con suo fratello Vincenzo e Michele Di Pace ci incontrammo "Puttilli" nel pre-gara per scaricare la tensione e la paura che si ripetesse quanto accaduto quattro anni prima a Montreal dove arrivà quarto per poi sfoderare la settimana successiva a La Spezia una prova cronometrica che l'avrebbe portato all'argento olimpico. Arrivò poi la sera, la gara, la sigla dell'euro visione, la paura per Wells che in settima corsia avrebbe potuto sfruttare la scia Pietro che era in ottava. Difatti dopo una buona partenza a soli 50 metri dal traguardo il gallese era molto avanti e Pietro era addirittura quinto. Nonostante tutto la speranza di una rimonta c'era e quando il telecronista Rosi cominciò a scandire il famoso rimonta, rimonta, rimonta ci rendemmo conto che di ciò che stava avvenendo, di una vittoria storica con tanto di dito rivolto al cielo. Dopo la vittoria la gioia fu infinita con tanto di caroselli per tutta la città. Successivamente alla vittoria di Mosca poi Pietro si consacrò dapprima vincendo il Golden Gala organizzato dal presidente Primo Nebiolo a Roma proprio per metterlo difronte agli americani che non avevano partecipato alle olimpiadi per via dell'embargo e poi stabilendo proprio a Barletta il 17 agosto 1980 il primato mondiale dei 200 mt sul livello del mare con il tempo di 19'96'' battendo il precedente record di Borzov (20'00'') e divenendo il primo uomo a scendere sotto i 20 a livello del mare».
Barletta è da sempre stata fucina di talenti per l'atletica leggera: come spiega questo idillio tra la città e questa disciplina?
«Nel 1981, dopo le performance di Michele Di Pace (vincitore agli assoluti indoor di Milano e terzo agli Europei indoor a Monaco di Baviera) il settimanale "Oggi" titolò "Mamme volete un figlio veloce? Fatelo nascere a Barletta". E' davvero una cosa non spiegabile, forse si tratterà di un cromosoma particolare o forse chissà, fatto sta che la tradizione inaugurata dall' AVIS Barletta fondata nel 1970 dal dottor Lattanzio ha fatto di Barletta la città dell'atletica. Nomi come Cosimo Puttili, Pietro Mennea, Angelo Marchiselli, Michele Di Pace o i più attuali Mimmo Ricatti, Veronica Inglese, Cascella e Vito Incantalupo non possono essere un caso ed il tutto nonostante la nostra pista sia praticamente quella del 1980. Si immagini se l'asfalto di una strada sia quello di 33 anni fa, in che stato sarebbe ridotto? Sorridendo però, posso dire che chi giovedì gareggerà in corsia 5 avrà l'onore di calcare il terreno calpestato da Pietro Mennea nel 1980».
Uno dei giovani talenti barlettani è Vito Incantalupo, da lei allenato. Dove può arrivare questo ragazzo?
«Risultati come una medaglia di bronzo europea Under 23 non si raggiungono per caso. Lui ha ottime prospettive e può trasferire a livello assoluto quanto sta facendo ora. Ovviamente ci sono tanto fattori a condizionare una carriera: infortuni, amore e chi più ne ha più ne metta. Di certo posso dire che lui ci mette tanta voglia e tanto impegno e ha tante possibilità di diventare un grande».
Adriano Antonucci