
Calcio
L’Audace Barletta, i 26 gol, il dito e la luna
A Molfetta finisce 1-26 con la solita polemica sul “fermarsi” o “continuare”. Ma le domande da farsi sono altre
Barletta - lunedì 28 aprile 2025
11.19
Quando nel calcio si verificano situazioni come quella che ha portato l'Audace Barletta a vincere per 26-1 sul campo della fù Molfetta Sportiva, la polemica è bella e servita. In casi come questo, il carnefice calcistico (in questa occasione l'Audace Barletta) viene assalito dal classico dubbio alla Nanni Moretti del tipo: "si rispetta di più l'avversario facendo sette/otto gol per poi fermarsi, oppure continuando a fare il proprio dovere segnando un gol ogni 3 minuti, costringendo il direttore di gara a dotarsi di un block notes formato A4 in luogo di una semplice distinta per poter annotare tutti i marcatori?".
È una domanda che, un po' come quella su chi è nato prima tra l'uovo e la gallina, purtroppo non avrà mai una risposta definitiva, ma che invece sarà sempre e solo foriera di polemiche, anche perchè, come da "buona abitudine", quando un qualcosa fà clamore, l'essere umano tende sempre a guardare il dito (i 26 gol dell'Audace), e mai quella luna a dir poco imbarazzante rappresentata dal caso Molfetta Sportiva, laddove per "caso" non ci riferiamo certo a chi continua a scendere in campo con una maglia a suo modo anche gloriosa, a suo tempo indossata da gente come Roca, Chionna, da capitan Tuttisanti e dal bomber ex Bari Del Zotti.
Sempre a proposito di dita e lune, in casi come quello di Molfetta Sportiva-Audace Barletta, come già detto, ci si chiede sempre se sia più opportuno "fermarsi" o "continuare", ma il vero interrogativo al quale sarebbe invece doveroso ricevere risposta è sul perché realtà calcistiche come la Molfetta Sportiva, così come altre del territorio in un passato anche piuttosto recente, debbano essere costrette a sistematiche umiliazioni da parte di veri e propri avventurieri del pallone.
E a tal proposito, saremmo inoltre curiosi di conoscere il parere di FIGC Puglia in merito, non solo a Molfetta Sportiva-Audace 1-26, ma anche in merito a San Marco-Molfetta Sportiva 22-2, e in generale ai 263 gol in 31 partite (con il "traguardo" delle 300 reti al passivo tutt'altro che impossibile a questo punto) incassati da quella che, storia alla mano, sarebbe la prima squadra della città di Molfetta con cinque campionati di Serie C/2 disputati tra il 1990 e il 1995.
La domanda invece da porre ai calciatori della Molfetta Sportiva - così come a quelli di altre squadre del territorio che nel recente passato hanno subito pressappoco la stessa triste e farsesca sorte calcistica - è semplice ed è la seguente: chi ve lo fa fare?
Questi sono, a nostro modestissimo avviso, gli interrogativi che da sportivi dovremmo porci, anziché ogni volta dare vita alla polemica sull'opportunità o meno di "rispettare" l'avversario fermandosi a otto, nove, dieci gol per poi fare melina, oppure continuare a "rispettarlo" fino al novantesimo minuto fa a costo di balzare alle cronache sportive - e agli occhi di chi guarda al dito e non alla luna - come cinico e spietato carnefice (l'Audace Barletta) di quella che probabilmente passerà alla storia come una delle più imbarazzanti farse della storia del calcio pugliese, con una squadra scesa in campo con soli 11 giocatori in distinta, vale a dire solo quelli che hanno giocato. Ed è a questi undici per certi versi ammirevoli ragazzi che ci rivolgiamo ancora una volta: ne vale davvero la pena?
È una domanda che, un po' come quella su chi è nato prima tra l'uovo e la gallina, purtroppo non avrà mai una risposta definitiva, ma che invece sarà sempre e solo foriera di polemiche, anche perchè, come da "buona abitudine", quando un qualcosa fà clamore, l'essere umano tende sempre a guardare il dito (i 26 gol dell'Audace), e mai quella luna a dir poco imbarazzante rappresentata dal caso Molfetta Sportiva, laddove per "caso" non ci riferiamo certo a chi continua a scendere in campo con una maglia a suo modo anche gloriosa, a suo tempo indossata da gente come Roca, Chionna, da capitan Tuttisanti e dal bomber ex Bari Del Zotti.
Sempre a proposito di dita e lune, in casi come quello di Molfetta Sportiva-Audace Barletta, come già detto, ci si chiede sempre se sia più opportuno "fermarsi" o "continuare", ma il vero interrogativo al quale sarebbe invece doveroso ricevere risposta è sul perché realtà calcistiche come la Molfetta Sportiva, così come altre del territorio in un passato anche piuttosto recente, debbano essere costrette a sistematiche umiliazioni da parte di veri e propri avventurieri del pallone.
E a tal proposito, saremmo inoltre curiosi di conoscere il parere di FIGC Puglia in merito, non solo a Molfetta Sportiva-Audace 1-26, ma anche in merito a San Marco-Molfetta Sportiva 22-2, e in generale ai 263 gol in 31 partite (con il "traguardo" delle 300 reti al passivo tutt'altro che impossibile a questo punto) incassati da quella che, storia alla mano, sarebbe la prima squadra della città di Molfetta con cinque campionati di Serie C/2 disputati tra il 1990 e il 1995.
La domanda invece da porre ai calciatori della Molfetta Sportiva - così come a quelli di altre squadre del territorio che nel recente passato hanno subito pressappoco la stessa triste e farsesca sorte calcistica - è semplice ed è la seguente: chi ve lo fa fare?
Questi sono, a nostro modestissimo avviso, gli interrogativi che da sportivi dovremmo porci, anziché ogni volta dare vita alla polemica sull'opportunità o meno di "rispettare" l'avversario fermandosi a otto, nove, dieci gol per poi fare melina, oppure continuare a "rispettarlo" fino al novantesimo minuto fa a costo di balzare alle cronache sportive - e agli occhi di chi guarda al dito e non alla luna - come cinico e spietato carnefice (l'Audace Barletta) di quella che probabilmente passerà alla storia come una delle più imbarazzanti farse della storia del calcio pugliese, con una squadra scesa in campo con soli 11 giocatori in distinta, vale a dire solo quelli che hanno giocato. Ed è a questi undici per certi versi ammirevoli ragazzi che ci rivolgiamo ancora una volta: ne vale davvero la pena?