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Altri sport
Isidoro Alvisi: «Più controlli nel calcio, Barletta ora riparta dai giovani»
Il delegato provinciale Coni analizza il momento dello sport a tinte biancorosse
Barletta - lunedì 25 maggio 2015
Lo sport barlettano è scosso da quanto accaduto alla realtà calcistica della Città della Disfida. Mancati pagamenti prima, bufera calcioscommesse poi. Una situazione che a Barletta non era mai accaduta. Il calcio professionistico rischia di scomparire, il biancorosso rischia di essere sempre più flebile. Ad analizzare il momento di tutte le discipline barlettane è il delegato provinciale Coni Isidoro Alvisi, che commenta i recenti fatti di cronaca e la situazione dei cosiddetti sport minori:
Si aspettava che l'inchiesta Dirty Soccer e il caso calcioscommesse potessero sconvolgere proprio la città di Barletta?
«Certamente no, proprio per la piazza di Barletta. Sul mondo del calcio devo dire che probabilmente la situazione sta sfuggendo di controllo. Parlo anche delle serie minori, perché nelle serie professionistiche abbiamo già visto quello che dovevamo vedere. Ora in Lega Pro e in Dilettanti è evidente che c'è da adoperarsi maggiormente per qualche controllo in più. Non sono sorpreso per il mondo del calcio, ma sono sorpreso perché pensavo, come lo pensano in tanti a Barletta, che la Città della Disfida non doveva essere toccata».
Prima le grane stipendi, poi i sospetti di manipolazioni di partite. Secondo lei il calcio a Barletta può scomparire?
«Mancati pagamenti e poi calcio scommesse. Può anche darsi che questi due fenomeni abbiano una radice comune. I campionati di calcio, anche nella Lega Pro e a livello dilettantistico evidentemente hanno dei costi sovradimensionati rispetto alle realtà societarie e allo spettacolo proposto. Nel momento in cui i costi sfuggono anche dal controllo societario, si va in una sorta di sofferenza anche di carattere finanziario, che può anche diventare terreno fertile per coloro che si offrono attraverso meccanismi non leciti e approdare a questi scandali. Quando si è in difficoltà, i rimedi arrivano anche da queste fonti. Per ripartire a Barletta, bisogna rifondare una società che prima di tutto investa nel settore giovanile. Credo che negli ultimi tempi, compresa la parentesi di Roberto Tatò, soffriamo della mancanza di un settore giovanile, nonostante abbiamo un indotto fatto di tante società che si occupano di calcio giovanile che poi non sfociano nella società che gestisce la prima squadra. Bisognerebbe allora ripartire da lì, trovare gente capace e motivata. Qualche innesto è ovviamente necessario, ma la struttura portante secondo me deve essere territoriale, perché poi ci si ritrovi con una squadra molto vicina al territorio anche dal punto di vista dell'attaccamento. Non è a Barletta che devono venir fuori situazioni calate dall'alto».
Va dunque bene la sintesi "Il Barletta ai barlettani"?
«Può esserci anche un non barlettano, purché si faccia un programma partendo dal basso, ossia da una base che è soprattutto costituita dai giovani. Credo che da lì dobbiamo misurare coloro che si proporranno per salvare le sorti del Barletta, da lì si capirà se la loro politica è miope o lungimirante. Ultimamente abbiamo sostenuto qualcuno perché reggesse, ma abbiamo visto quanto è durata questa soluzione. Questo è l'augurio. Non è un lavoro facile, ma è l'unico possibile per tornare a rivedere qualcosa di importante nel giro di qualche anno».
Capitolo strutture. Siamo vicini ad un happy ending per lo stadio "Puttilli"?
«Questo ce lo auguriamo tutti. In qualità di rappresentante del Coni qualche anno fa ho proposto di valutare una ristrutturazione che potesse mantenere in vita la pista d'atletica, migliorando sicuramente la prospettiva della visibilità, della sicurezza e dello spettacolo calcistico. Oggi, anche alla luce di quello che sta succedendo, ci auguriamo che questo avvenga al più presto, e che poi subito dopo ci siano i lavori di ripristino della pista d'atletica, perché a Barletta è giusto che ci sia la pista. Ci si può anche permettere di sostenere una ristrutturazione in maniera meno pressante rispetto a quanto poteva accadere con una squadra in procinto di fare un campionato di Lega Pro. Adesso le cose si stanno ridimensionando e avremo anche il tempo di fare in modo che questo stadio venga ristrutturato nel miglior modo possibile e al più presto possa ospitare calcio e atletica».
Per tanti anni a Barletta si è organizzato un challenger di tennis. L'anno scorso fu "rimpiazzato" dai campionati italiani Under 16. E' un'utopia sperare di rivedere il torneo Città della Disfida?
«Bisogna innanzitutto dire che il mondo del tennis è cambiato radicalmente. Oggi è difficile che un torneo del genere, anche se riorganizzato, possa avere una partecipazione dei migliori specialisti della terra rossa nel mondo. Nel frattempo si è alzato di parecchio il livello dei tornei più importanti che attirano l'attenzione della stragrande maggioranza dei maggiori attori. A meno che non accade quanto successo a Brindisi - e il Ct Barletta non ha nulla a che invidiare a quello brindisino -, con il circolo che è stato scelto per ospitare incontri di Fed Cup e di Coppa Davis. Per un grande torneo bisogna far ritornare le risorse messe in campo all'epoca. La crisi ha toccato tutto, anche il territorio di Barletta, però forse ci vorrebbe qualcosa in più. Nel frattempo ci auguriamo che anche nel tennis si faccia una seria politica giovanile. Il giocatore che viene fuori dal territorio raccoglie più consenso».
A Barletta si organizzano sempre meno eventi sportivi. Forse la "Barletta sportiva" non fa più tendenza?
«Non credo che non si organizzino più grandi eventi. Certo, è sempre più difficile a causa della crisi. Devo però dire che continuano a farsi manifestazioni ad altissima frequenza, soprattutto dal punto di vista dell'atletica e del ciclismo. Occorrerebbe a mio avviso che anche sotto questo aspetto anche l'amministrazione comunale si faccia promotrice di eventi e manifestazioni che non riguardano solo l'organizzatore sportivo, ma tutto il territorio. Questo forse manca, e io mi auguro che ci sia l'attenzione, non solo per destinare le poche risorse a disposizione, ma anche per fare da cabina di regia nei confronti di tutto il tessuto economico. Gli eventi infatti danno visibilità al territorio e ritorno economico per l'interesse che può nascere nel visitare la città di Barletta».
Si aspettava che l'inchiesta Dirty Soccer e il caso calcioscommesse potessero sconvolgere proprio la città di Barletta?
«Certamente no, proprio per la piazza di Barletta. Sul mondo del calcio devo dire che probabilmente la situazione sta sfuggendo di controllo. Parlo anche delle serie minori, perché nelle serie professionistiche abbiamo già visto quello che dovevamo vedere. Ora in Lega Pro e in Dilettanti è evidente che c'è da adoperarsi maggiormente per qualche controllo in più. Non sono sorpreso per il mondo del calcio, ma sono sorpreso perché pensavo, come lo pensano in tanti a Barletta, che la Città della Disfida non doveva essere toccata».
Prima le grane stipendi, poi i sospetti di manipolazioni di partite. Secondo lei il calcio a Barletta può scomparire?
«Mancati pagamenti e poi calcio scommesse. Può anche darsi che questi due fenomeni abbiano una radice comune. I campionati di calcio, anche nella Lega Pro e a livello dilettantistico evidentemente hanno dei costi sovradimensionati rispetto alle realtà societarie e allo spettacolo proposto. Nel momento in cui i costi sfuggono anche dal controllo societario, si va in una sorta di sofferenza anche di carattere finanziario, che può anche diventare terreno fertile per coloro che si offrono attraverso meccanismi non leciti e approdare a questi scandali. Quando si è in difficoltà, i rimedi arrivano anche da queste fonti. Per ripartire a Barletta, bisogna rifondare una società che prima di tutto investa nel settore giovanile. Credo che negli ultimi tempi, compresa la parentesi di Roberto Tatò, soffriamo della mancanza di un settore giovanile, nonostante abbiamo un indotto fatto di tante società che si occupano di calcio giovanile che poi non sfociano nella società che gestisce la prima squadra. Bisognerebbe allora ripartire da lì, trovare gente capace e motivata. Qualche innesto è ovviamente necessario, ma la struttura portante secondo me deve essere territoriale, perché poi ci si ritrovi con una squadra molto vicina al territorio anche dal punto di vista dell'attaccamento. Non è a Barletta che devono venir fuori situazioni calate dall'alto».
Va dunque bene la sintesi "Il Barletta ai barlettani"?
«Può esserci anche un non barlettano, purché si faccia un programma partendo dal basso, ossia da una base che è soprattutto costituita dai giovani. Credo che da lì dobbiamo misurare coloro che si proporranno per salvare le sorti del Barletta, da lì si capirà se la loro politica è miope o lungimirante. Ultimamente abbiamo sostenuto qualcuno perché reggesse, ma abbiamo visto quanto è durata questa soluzione. Questo è l'augurio. Non è un lavoro facile, ma è l'unico possibile per tornare a rivedere qualcosa di importante nel giro di qualche anno».
Capitolo strutture. Siamo vicini ad un happy ending per lo stadio "Puttilli"?
«Questo ce lo auguriamo tutti. In qualità di rappresentante del Coni qualche anno fa ho proposto di valutare una ristrutturazione che potesse mantenere in vita la pista d'atletica, migliorando sicuramente la prospettiva della visibilità, della sicurezza e dello spettacolo calcistico. Oggi, anche alla luce di quello che sta succedendo, ci auguriamo che questo avvenga al più presto, e che poi subito dopo ci siano i lavori di ripristino della pista d'atletica, perché a Barletta è giusto che ci sia la pista. Ci si può anche permettere di sostenere una ristrutturazione in maniera meno pressante rispetto a quanto poteva accadere con una squadra in procinto di fare un campionato di Lega Pro. Adesso le cose si stanno ridimensionando e avremo anche il tempo di fare in modo che questo stadio venga ristrutturato nel miglior modo possibile e al più presto possa ospitare calcio e atletica».
Per tanti anni a Barletta si è organizzato un challenger di tennis. L'anno scorso fu "rimpiazzato" dai campionati italiani Under 16. E' un'utopia sperare di rivedere il torneo Città della Disfida?
«Bisogna innanzitutto dire che il mondo del tennis è cambiato radicalmente. Oggi è difficile che un torneo del genere, anche se riorganizzato, possa avere una partecipazione dei migliori specialisti della terra rossa nel mondo. Nel frattempo si è alzato di parecchio il livello dei tornei più importanti che attirano l'attenzione della stragrande maggioranza dei maggiori attori. A meno che non accade quanto successo a Brindisi - e il Ct Barletta non ha nulla a che invidiare a quello brindisino -, con il circolo che è stato scelto per ospitare incontri di Fed Cup e di Coppa Davis. Per un grande torneo bisogna far ritornare le risorse messe in campo all'epoca. La crisi ha toccato tutto, anche il territorio di Barletta, però forse ci vorrebbe qualcosa in più. Nel frattempo ci auguriamo che anche nel tennis si faccia una seria politica giovanile. Il giocatore che viene fuori dal territorio raccoglie più consenso».
A Barletta si organizzano sempre meno eventi sportivi. Forse la "Barletta sportiva" non fa più tendenza?
«Non credo che non si organizzino più grandi eventi. Certo, è sempre più difficile a causa della crisi. Devo però dire che continuano a farsi manifestazioni ad altissima frequenza, soprattutto dal punto di vista dell'atletica e del ciclismo. Occorrerebbe a mio avviso che anche sotto questo aspetto anche l'amministrazione comunale si faccia promotrice di eventi e manifestazioni che non riguardano solo l'organizzatore sportivo, ma tutto il territorio. Questo forse manca, e io mi auguro che ci sia l'attenzione, non solo per destinare le poche risorse a disposizione, ma anche per fare da cabina di regia nei confronti di tutto il tessuto economico. Gli eventi infatti danno visibilità al territorio e ritorno economico per l'interesse che può nascere nel visitare la città di Barletta».
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