
Calcio
Barletta Calcio, un anno per rischiare il baratro
Il 21 maggio 2014 l'inizio dell'era-Perpignano, oggi lo spettro del calcioscommesse
Barletta - venerdì 22 maggio 2015
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«Questa è casa mia, me la sono comprata, la gestisco e la arredo come decido io». Nel romanzo picaresco tessuto dal Barletta Calcio edizione 2014/2015, dentro e fuori dal campo, in tanti ricordano come fosse ieri le parole del presidente e amministratore unico Giuseppe Perpignano, decretate in una conferenza stampa erga omnes tenuta nelle stanze del "Cosimo Puttilli" il 25 ottobre 2014, per diffidare «pseudo-giornalisti che con la penna in mano si sentono Gesù Cristo» (ipse dixit) dal non supportare la causa della società di via Vittorio Veneto: sette mesi dopo, all'ombra di Eraclio, quelle parole risuonano come beffe, coltellate, con dei colori sociali che nelle ultime ore sono stati oltraggiati dall'onta del calcioscommesse, che sta mettendo a rischio il futuro del club. Sette mesi dopo nella "casa" del Barletta Calcio mancano acqua, gas e telefono, effetto di ritardati pagamenti nelle bollette, ultima umiliazione di stagione.
«Sono qui per fare calcio vero» aveva spiegato Perpignano con fare istrionico e ammaliante al suo avvento a Barletta, risalente esattamente a un anno fa, 21 maggio 2014, quando aveva superato nelle preferenze di Roberto Tatò due offerte da altrettanti soggetti interessati a rilevare la società, come spiegò l'ex presidente. «Non potevo perdere questo treno, non capita tutti i giorni di poter rilevare una società in salute e a costo zero in una piazza importante come Barletta» esordì l'immobiliarista ligure. 366 giorni dopo, il Barletta Calcio non è una società in salute, ha una massa debitoria prospettica di circa un milione di euro e una credibilità abbattuta dalle recenti cronache: è stato un anno di record negativi, con i primi punti di penalizzazione tra i "pro" per ritardati pagamenti, il primo esposto alla Guardia di Finanza da parte di una città nei confronti del presidente della propria squadra, il primo inserimento del club biancorosso dalla storia ultranovantennale nel filone del calcioscommesse, in attesa che l'iter della giustizia attesti e depenni eventuali responsabilità. L'inizio del baratro si era intravisto alla fine del 2014, nei giorni precedenti al derby di Foggia, vinto sul campo: gli stipendi che non arrivavano, una squadra che viveva un Natale privo di certezze, la cessione di Floriano al Pisa, fino alla conferenza stampa del 3 gennaio, in cui il numero uno di via Vittorio Veneto aveva spiegato di aver incassato volontariamente la penalizzazione (arrivata poi a marzo) di due punti per chiarire alcune cose necessarie «per il bene del club». Di quale bene si parlasse, a Barletta, non è stato ancora inteso.
Il 2015 si è tinto più di cronaca che di calcio giocato, con una salvezza conquistata con largo anticipo: il filotto positivo realizzato sul rettangolo verde, i ritardi nei pagamenti a febbraio, gli altri punti di penalizzazione (e siamo a 6, compresi quelli comminati in aprile), la data del 16 febbraio, con la sonante protesta della tifoseria ai piedi dell'abitazione del numero uno biancorosso, i fornitori non pagati, le scuse pubbliche in conferenza questa volta privata del 6 marzo («Chiedo scusa alla città, pronto a cedere la società» disse Perpignano, ma il debito era già parzialmente contratto), i contributi mai saldati, i calciatori che denunciavano l'assenza di medicinali, fino al 13 marzo. Marco Sesia, l'allenatore che godeva di «fiducia illimitata fino al termine del contratto di tre anni» (Perpignano dixit, 25 ottobre 2014), viene esonerato dopo il ko per 1-2 a Matera, maturato peraltro in seguito a due rigori dubbi in favore del team di casa e nell'ultimo giro di lancette: complicato decifrare ragioni tecniche e di campo per un polverone che i tifosi biancorossi non accettarono, presidiando il "Puttilli" in 200 unità circa e accogliendo l'indomani con una contestazione Corda e il suo staff, mentre giorni dopo a un possibile socio (poi allontanatosi in 20 giorni) come Adelmo Berardo era permesso di fare un discorso alla squadra. A quale titolo, non è dato saperlo. Intanto, il vecchio staff tecnico lasciava la società, subdorando l'assenza di condizioni per andare avanti.
L'inizio della discesa coincide con la primavera: i tifosi chiedono chiarezza mettendoci la faccia e presentando 500 firme alle Fiamme Gialle e incontrando il sindaco Cascella, la Procura Federale sonda il terreno alla vigilia di Martina Franca-Barletta, sfida poi vinta dai biancorossi, il debito della società viene rateizzato in 23 tranches, mentre la piazza comincia a tremare, temendo un altro 1995, anno del fallimento societario. A fine aprile arriva il preliminare di cessione del 31% delle quote in favore di tre traghettatori rappresentanti la Barletta biancorossa (Zingrillo, Ferrigni, Iannone): la città torna a nutrire speranze, i contatti con papabili interessati si moltiplicano, così come quelli con Federico Trani, detentore del 20% della società. Nel mezzo c'è il derby perso contro il Foggia tra le mura amiche e il finale di stagione a Ischia senza medico e fisioterapista al seguito. Il tutto mentre Perpignano resta al suo posto, il tutto fino a tre giorni fa, con il terremoto del calcio italiano che tocca anche la Città della Disfida. Una città che l'aveva accolto con i fuochi di artificio e 2000 persone in Piazza Caduti - scene da sceicchi - adesso si lecca le ferite, sicura solo e unicamente del proprio capitale umano. Un anno dopo. Forse il più nero.
To be continued.
(Twitter: @GuerraLuca88)
«Sono qui per fare calcio vero» aveva spiegato Perpignano con fare istrionico e ammaliante al suo avvento a Barletta, risalente esattamente a un anno fa, 21 maggio 2014, quando aveva superato nelle preferenze di Roberto Tatò due offerte da altrettanti soggetti interessati a rilevare la società, come spiegò l'ex presidente. «Non potevo perdere questo treno, non capita tutti i giorni di poter rilevare una società in salute e a costo zero in una piazza importante come Barletta» esordì l'immobiliarista ligure. 366 giorni dopo, il Barletta Calcio non è una società in salute, ha una massa debitoria prospettica di circa un milione di euro e una credibilità abbattuta dalle recenti cronache: è stato un anno di record negativi, con i primi punti di penalizzazione tra i "pro" per ritardati pagamenti, il primo esposto alla Guardia di Finanza da parte di una città nei confronti del presidente della propria squadra, il primo inserimento del club biancorosso dalla storia ultranovantennale nel filone del calcioscommesse, in attesa che l'iter della giustizia attesti e depenni eventuali responsabilità. L'inizio del baratro si era intravisto alla fine del 2014, nei giorni precedenti al derby di Foggia, vinto sul campo: gli stipendi che non arrivavano, una squadra che viveva un Natale privo di certezze, la cessione di Floriano al Pisa, fino alla conferenza stampa del 3 gennaio, in cui il numero uno di via Vittorio Veneto aveva spiegato di aver incassato volontariamente la penalizzazione (arrivata poi a marzo) di due punti per chiarire alcune cose necessarie «per il bene del club». Di quale bene si parlasse, a Barletta, non è stato ancora inteso.
Il 2015 si è tinto più di cronaca che di calcio giocato, con una salvezza conquistata con largo anticipo: il filotto positivo realizzato sul rettangolo verde, i ritardi nei pagamenti a febbraio, gli altri punti di penalizzazione (e siamo a 6, compresi quelli comminati in aprile), la data del 16 febbraio, con la sonante protesta della tifoseria ai piedi dell'abitazione del numero uno biancorosso, i fornitori non pagati, le scuse pubbliche in conferenza questa volta privata del 6 marzo («Chiedo scusa alla città, pronto a cedere la società» disse Perpignano, ma il debito era già parzialmente contratto), i contributi mai saldati, i calciatori che denunciavano l'assenza di medicinali, fino al 13 marzo. Marco Sesia, l'allenatore che godeva di «fiducia illimitata fino al termine del contratto di tre anni» (Perpignano dixit, 25 ottobre 2014), viene esonerato dopo il ko per 1-2 a Matera, maturato peraltro in seguito a due rigori dubbi in favore del team di casa e nell'ultimo giro di lancette: complicato decifrare ragioni tecniche e di campo per un polverone che i tifosi biancorossi non accettarono, presidiando il "Puttilli" in 200 unità circa e accogliendo l'indomani con una contestazione Corda e il suo staff, mentre giorni dopo a un possibile socio (poi allontanatosi in 20 giorni) come Adelmo Berardo era permesso di fare un discorso alla squadra. A quale titolo, non è dato saperlo. Intanto, il vecchio staff tecnico lasciava la società, subdorando l'assenza di condizioni per andare avanti.
L'inizio della discesa coincide con la primavera: i tifosi chiedono chiarezza mettendoci la faccia e presentando 500 firme alle Fiamme Gialle e incontrando il sindaco Cascella, la Procura Federale sonda il terreno alla vigilia di Martina Franca-Barletta, sfida poi vinta dai biancorossi, il debito della società viene rateizzato in 23 tranches, mentre la piazza comincia a tremare, temendo un altro 1995, anno del fallimento societario. A fine aprile arriva il preliminare di cessione del 31% delle quote in favore di tre traghettatori rappresentanti la Barletta biancorossa (Zingrillo, Ferrigni, Iannone): la città torna a nutrire speranze, i contatti con papabili interessati si moltiplicano, così come quelli con Federico Trani, detentore del 20% della società. Nel mezzo c'è il derby perso contro il Foggia tra le mura amiche e il finale di stagione a Ischia senza medico e fisioterapista al seguito. Il tutto mentre Perpignano resta al suo posto, il tutto fino a tre giorni fa, con il terremoto del calcio italiano che tocca anche la Città della Disfida. Una città che l'aveva accolto con i fuochi di artificio e 2000 persone in Piazza Caduti - scene da sceicchi - adesso si lecca le ferite, sicura solo e unicamente del proprio capitale umano. Un anno dopo. Forse il più nero.
To be continued.
(Twitter: @GuerraLuca88)
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