Altri sport
Alle radici del pugliato barlettano: intervista a Matteo Salvemini
«A Bollate abbiamo avviato un bel progetto, punto sul mio allievo Dileo»
Barletta - sabato 28 dicembre 2013
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Nel pugliato barlettano c'è un punto di riferimento vivo e vivido dagli anni '70: Matteo Salvemini, 60enne che oggi scopre nuovi talenti della sua palestra in Lombardia, nelle fila dell'A.S.D. Boxe Bollate, ma nel suo passato ha una vita da puglie professionista, avviata a 14 anni e sviluppata nella categoria pesi medi tra gli anni '70 e gli anni '80. Di stanza nel Nord da oltre 40 anni, nel suo curriculum le vittorie da dilettante sono state presto superate dai traguardi professionistici come la medaglia d'oro ai giochi del Mediterraneo nel 1975, il titolo di campione europeo e quattro titoli di campione italiano. Una carriera lunga 36 incontri, i cui frutti sono raccontati ai microfoni di Barlettalife.it dallo stesso Salvemini in una esclusiva intervista:
Salvemini, una carriera lunga che merita di essere ripercorsa. Quali sono i ricordi che custodisce con maggiore gelosia?
«Sicuramente la vittoria nei Giochi del Mediterraneo. Ho sempre fatto del coraggio il mio punto forte, nella vita e sul ring. Ho avuto grandissime soddisfazioni umane e professionali da questo sport: io in me ho una grande voglia di andare avanti e di aiutare i miei ragazzi a raggiungere importanti traguardi. Tra le mie gioie più grandi c'è stata quella di allenarsi con Pietro Mennea».
Appunto, il rapporto con Pietro Mennea: come è nato e come si è sviluppato?
«Ci allenavamo insieme, lui è stato un campione in vita. Lentamente siamo diventati amici. Quando tornavo da Milano negli anni '70 ci incontravamo insieme per allenarci ogni 25 aprile: mi spiace che a Barletta sia stato poco onorato in vita e dopo la morte, è un nostro orgoglio».
Quale è invece il suo rapporto con Barletta?
«Ci torno almeno due volte all'anno, dovrei tornarci a gennaio. Ho rapporti e contatti con diversi gestori di palestre: stiamo preparando dei progetti che ci piacerebbe portare avanti, ma spesso è difficile perchè manca la collaborazione delle istituzioni».
Lei allena un promettente 25enne barlettano oggi a Bollate: parlo di Giuseppe Dileo. Che rapporto ha con lui?
«Giuseppe è un talento naturale, per me è come un figlio. In 10 mesi di allenamento ha fatto un numero elevato di incontri ed è al livello di diversi professionisti. Ha superato i suoi limiti, mi sta dando tante soddisfazioni come allenatore e come uomo. Ora si è arruolato nei Carabinieri, ha fatto i campionati italiani in novembre sfiorando la vittoria».
Giuseppe sta praticamente ripercorrendo le sue orme geografiche a circa 40 anni di distanza. Che differenze ci sono nell'ambientamento?
«La differenza principale sta nel fatto che quando mi allenavo io, ero solo, avevo solo mio fratello. Giuseppe ha la fortuna di aver trovato un ambiente come il nostro, che per lui è quasi una seconda famiglia. E' arrivato in otto mesi a disputare i campionati, anche lo stesso vice-presidente della federazione lombarda l'ha ammirato. Giuseppe ha una forza d'animo eccezionale».
Parliamo dell'A.S.D. Boxe Bollate, di cui lei è l'anima.
«E' un progetto nato nel 2005 contando su un piccolo numero di atleti e col tempo si è arricchito di nuove leve, sino a diventare la palestra che è oggi, piena di tanti giovani entusiasti, appassionati di questo sport. Ci sono circa un centinaio di iscritti: adottiamo metodologie esigenti e costruttive, che ho provato anche a portare a Barletta tracciando un progetto sul quale però non ho avuto risposte dal Comune nel 2012».
A Barletta manca una cultura del pugilato?
«Il problema è che c'è molta improvvisazione e spesso si manca nella cooperazione: conosco tanti sponsors privati che ne sarebbero interessati, io sarei disponibile a metterci la faccia, ma vorrei garanzie dall'amministrazione».
Che saluto vorrebbe fare alla sua città?
«Barletta è nel mio cuore: purtroppo oggi vive una crisi di idee, alla quale dobbiamo cercare di rispondere. Io stesso oggi a Bollate aiuto nel colmare alcune spese che con i contributi dei privati non riusciamo a coprire. A Barletta spero di fare qualcosa di concreto, sono in contatto con un ragazzo che ha appena aperto una palestra. Ci sono tanti campioni che vogliono fare qualcosa per Barletta, ma spesso manca dall'altra parte la capacità di recepire i progetti. Barletta mi deve dare più fiducia, alla mia città tengo molto».
Che motto adotta Matteo Salvemini nella vita e sul ring?
«Ci vuole il sangue, ci vuole il cuore. In tutto quello che fai. E' questo il segreto».
(Twitter: @GuerraLuca88)
Salvemini, una carriera lunga che merita di essere ripercorsa. Quali sono i ricordi che custodisce con maggiore gelosia?
«Sicuramente la vittoria nei Giochi del Mediterraneo. Ho sempre fatto del coraggio il mio punto forte, nella vita e sul ring. Ho avuto grandissime soddisfazioni umane e professionali da questo sport: io in me ho una grande voglia di andare avanti e di aiutare i miei ragazzi a raggiungere importanti traguardi. Tra le mie gioie più grandi c'è stata quella di allenarsi con Pietro Mennea».
Appunto, il rapporto con Pietro Mennea: come è nato e come si è sviluppato?
«Ci allenavamo insieme, lui è stato un campione in vita. Lentamente siamo diventati amici. Quando tornavo da Milano negli anni '70 ci incontravamo insieme per allenarci ogni 25 aprile: mi spiace che a Barletta sia stato poco onorato in vita e dopo la morte, è un nostro orgoglio».
Quale è invece il suo rapporto con Barletta?
«Ci torno almeno due volte all'anno, dovrei tornarci a gennaio. Ho rapporti e contatti con diversi gestori di palestre: stiamo preparando dei progetti che ci piacerebbe portare avanti, ma spesso è difficile perchè manca la collaborazione delle istituzioni».
Lei allena un promettente 25enne barlettano oggi a Bollate: parlo di Giuseppe Dileo. Che rapporto ha con lui?
«Giuseppe è un talento naturale, per me è come un figlio. In 10 mesi di allenamento ha fatto un numero elevato di incontri ed è al livello di diversi professionisti. Ha superato i suoi limiti, mi sta dando tante soddisfazioni come allenatore e come uomo. Ora si è arruolato nei Carabinieri, ha fatto i campionati italiani in novembre sfiorando la vittoria».
Giuseppe sta praticamente ripercorrendo le sue orme geografiche a circa 40 anni di distanza. Che differenze ci sono nell'ambientamento?
«La differenza principale sta nel fatto che quando mi allenavo io, ero solo, avevo solo mio fratello. Giuseppe ha la fortuna di aver trovato un ambiente come il nostro, che per lui è quasi una seconda famiglia. E' arrivato in otto mesi a disputare i campionati, anche lo stesso vice-presidente della federazione lombarda l'ha ammirato. Giuseppe ha una forza d'animo eccezionale».
Parliamo dell'A.S.D. Boxe Bollate, di cui lei è l'anima.
«E' un progetto nato nel 2005 contando su un piccolo numero di atleti e col tempo si è arricchito di nuove leve, sino a diventare la palestra che è oggi, piena di tanti giovani entusiasti, appassionati di questo sport. Ci sono circa un centinaio di iscritti: adottiamo metodologie esigenti e costruttive, che ho provato anche a portare a Barletta tracciando un progetto sul quale però non ho avuto risposte dal Comune nel 2012».
A Barletta manca una cultura del pugilato?
«Il problema è che c'è molta improvvisazione e spesso si manca nella cooperazione: conosco tanti sponsors privati che ne sarebbero interessati, io sarei disponibile a metterci la faccia, ma vorrei garanzie dall'amministrazione».
Che saluto vorrebbe fare alla sua città?
«Barletta è nel mio cuore: purtroppo oggi vive una crisi di idee, alla quale dobbiamo cercare di rispondere. Io stesso oggi a Bollate aiuto nel colmare alcune spese che con i contributi dei privati non riusciamo a coprire. A Barletta spero di fare qualcosa di concreto, sono in contatto con un ragazzo che ha appena aperto una palestra. Ci sono tanti campioni che vogliono fare qualcosa per Barletta, ma spesso manca dall'altra parte la capacità di recepire i progetti. Barletta mi deve dare più fiducia, alla mia città tengo molto».
Che motto adotta Matteo Salvemini nella vita e sul ring?
«Ci vuole il sangue, ci vuole il cuore. In tutto quello che fai. E' questo il segreto».
(Twitter: @GuerraLuca88)